Amnesty International: per 1 italiano su 2 nel nostro paese la tortura non esiste

6 Aprile 2017

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Anche se è solo il 33% degli italiani a ritenere che in Italia avvengano casi di tortura, a fronte di un 50% secondo cui questa non avviene nel nostro Paese (e il restante 17% non sa), la mancanza di rispetto per i più elementari diritti umani viene vissuta dai nostri connazionali come una materia importante su cui intervenire. A tal punto che ben sei italiani su 10 sono favorevoli all’introduzione nel nostro ordinamento di uno specifico reato di tortura.

I casi di violazione grave dei diritti umani più presenti nella mente degli italiani? I fatti di Bolzaneto al G8 di Genova, le torture inflitte a Stefano Cucchi e l’assassinio di Giulio Regeni. Per otto italiani su 10, Amnesty International dovrebbe continuare a presidiare i casi di violazioni internazionali, senza dimenticare i fatti di casa nostra. Per continuare a farlo, l’Organizzazione lancia oggi la campagna di raccolta fondi con il 5×1000: basta inserire il codice fiscale 03 03 11 10 582 e la propria firma nella dichiarazione dei redditi.

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In Italia si pratica la tortura? No. E’ l’allarmante risposta di oltre 20 milioni di italiani che ritengono che il nostro paese sia esente da fenomeni così drammatici. E sebbene i nostri connazionali pensino, più in generale, che la violazione dei diritti umani non sia una pratica esclusiva dei paesi islamici (come ritiene solo l’8% del campione) o di quelli dittatoriali (lo pensa il 14%), ma una deroga ai principi (in teoria riconosciuti da tutti) praticata in molti paesi occidentali (lo afferma quasi l’80% del campione), la tortura sembra essere una drammatica realtà anche nostrana solamente per tre italiani su 10 (si arriva quasi al 40% nel caso di under 35). É la fotografia scattata da un’inedita indagine realizzata da Doxa per Amnesty International su un campione rappresentativo della popolazione italiana over 30 (pari a 43,2 milioni di individui) presentata oggi dall’Organizzazione che dà anche il via alla campagna di raccolta fondi con il 5×1000.

Per quanto riguarda le violazioni dei diritti umani, gli italiani non hanno alcun dubbio e rispondono che i casi di violazione più eclatanti sono i fatti drammatici di 16 anni fa del G8 di Genova, alla scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto (per l’87% degli intervistati), che restano scolpiti nella memoria collettiva e a cui gli Italiani pensano prima anche rispetto a fatti molto più recenti – seppure anch’essi molto noti – come le tragiche morti di Stefano Cucchi (86%) e Giulio Regeni (84%).

Per quasi 25 milioni di Italiani è molto importante che il nostro governo faccia pressione internazionale per ridurre le violazioni dei diritti umani in altri paesi del mondo. Resta però un’ampia fetta (43%) che ritiene che non bisogna ingerire nelle decisioni di altri paesi o addirittura che dobbiamo concentrarci sui “fatti di casa nostra” e curarci degli interessi dei cittadini italiani.

Secondo 34 milioni di Italiani i diritti umani vengono violati potenzialmente in ogni paese, anche in quelli appartenenti alle cosiddette democrazie occidentali. Grazie a questa premessa, si spiega come mai oltre sei italiani su 10 ritengono che nel nostro ordinamento dovrebbe essere previsto esplicitamente il reato di tortura, di cui si discute da quasi 30 anni.

Sebbene un italiano su due ritenga che la tortura nel nostro paese non esista, la sensibilità verso la difesa e le violazioni dei diritti umani che hanno ottenuto maggiore spazio sui mezzi d’informazione destano interesse e partecipazione, tanto che sei italiani su 10 si dichiarano esplicitamente favorevoli a prevedere il reato di tortura nel nostro ordinamento giuridico” – dichiara Riccardo Noury portavoce Amnesty International Italia. “Da questa indagine emerge con chiarezza che dobbiamo continuare a lavorare con tutte le nostre forze per portare all’attenzione delle istituzioni, dell’opinione pubblica e dei media il tema della tortura, far crescere la consapevolezza su quello che avviene nel nostro paese e fuori dai nostri confini, dare voce a chi non ce l’ha“.

La mission di Amnesty International, infatti, continua a essere percepita in una logica coerente con questa idea (lo pensa la quasi totalità del campione con ben tre italiani su quattro): polarizzata soprattutto su ciò che accade all’estero, senza dimenticare di presidiare quello che succede in Italia. Ogni giorno, nel mondo, migliaia di persone subiscono gravi violazioni dei diritti umani, dall’innalzamento dei muri in Europa e nel mondo e i trattamenti disumani riservati a migranti, richiedenti asilo e rifugiati, a crimini di guerra, rapimenti e torture in decine di paesi fino alla repressione della libertà individuale, di espressione e di stampa.

Amnesty International è un movimento di oltre sette milioni di persone determinate a creare un mondo più giusto, in cui ogni persona possa godere dei diritti umani sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani. L’associazione, fondata nel 1961 dall’avvocato inglese Peter Benenson e insignita del Premio Nobel per la pace nel 1977, ha contribuito a ridare libertà e dignità, in 50 anni di attività, a oltre 50.000 persone, salvando tre vite al giorno. Amnesty International conta oggi soci, sostenitori e donatori in più di 150 paesi nel mondo.

Per sostenere l’attività di Amnesty International in Italia e nel mondo si può contribuire destinando il proprio 5×1000: basta inserire il codice fiscale 03 03 11 10 582 e la propria firma nella dichiarazione dei redditi. Volto della nuova campagna di raccolta fondi con 5×1000 di Amnesty International è Chef Rubio. “Sono orgoglioso di poter dare ancora una volta il mio contributo ad Amnesty International.” Dichiara Chef Rubio, cuoco non convenzionale artefice di significative ricette di solidarietà per persone e situazioni disagiate: dal “Pasto Sospeso” per migranti e indigenti, ai tutorial di ricette in Lingua dei Segni per i sordi, alle lezioni di cucina in carcere per i detenuti. “Da semplice individuo m’interessa contribuire concretamente a diffondere la cultura dei diritti umani e conoscere da vicino le realtà dove queste vengono violate – prosegue Rubio – Non è necessario andare lontano purtroppo, anche nel nostro Paese ci sono ancora nodi da sciogliere, uno tra questi l’approvazione di una legge che introduca il reato di tortura. Metto a disposizione la mia visibilità per promuovere e difendere i diritti e le libertà civili. Come me tutti possiamo fare qualcosa, un modo semplice, è donare il 5×1000 ad Amnesty International”.

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