Aggiornato il 16 aprile 2019 – Tortura, detenzione, sfruttamento e violenze sessuali rappresentano l’orrore quotidiano per tanti rifugiati e migranti in Libia.
Invece che mettere fine a questi abusi, l’Europa sta aiutando la Libia a proseguire nelle violazioni.
Fornendo alla Guardia costiera libica formazione e imbarcazioni per trasportare i migranti indietro nel paese, i leader europei contribuiscono a sofferenze inenarrabili.
Rifiutando le persone traumatizzate ed esauste di attraccare nei loro porti, l’Europa mette a rischio la vita delle persone.
Le soluzioni esistono e cambiare questo sistema non è impossibile.
Amnesty International ha chiesto ai leader europei la formulazione di un serio piano riguardante gli sbarchi, la riforma del sistema di Dublino e percorsi sicuri e legali che forniscano alternative alle persone che s’imbarcano in viaggi pericolosi.
Mentre in Libia, dove oltre 10.000 persone, tra cui 2.000 bambini, sono attualmente arbitrariamente trattenute in condizioni terrificanti nei centri di detenzione, è necessario porre fine alla detenzione arbitraria e indagare sulle accuse di tortura e maltrattamenti, reimpostando la cooperazione con il paese in materia di migrazione e dando priorità alla protezione dei diritti umani.
Firma ora per chiedere ai leader libici ed europei di collaborare per porre fine alla detenzione arbitraria di rifugiati e migranti in Libia.
Oltre 10.000 migranti, rifugiati e richiedenti asilo, tra cui 2.000 bambini, sono imprigionati nei centri di detenzione, senza sapere quando e se mai verranno rilasciati.
Le condizioni sono inumane: hanno scarso accesso al cibo, all’acqua, alle cure mediche e sono sottoposti a trattamenti brutali, tortura, violenze sessuali, e perfino venduti.
Immagini filmate, fotografie e documenti esaminati da Amnesty International mostrano una nave donata dall’Italia nell’aprile 2017, la Ras Jadir, protagonista di un’operazione sconsiderata che nel novembre 2017 ha causato l’annegamento di un numero imprecisato di persone.
Ignorando i più elementari protocolli, la Ras Jadir ha avvicinato un gommone in avaria a circa 30 miglia nautiche dalle coste libiche. Non ha lanciato in acqua gli scafi semi-rigidi di salvataggio per facilitare i soccorsi, costringendo i naufraghi ad arrampicarsi sugli alti bordi della nave, col risultato che molti sono finiti in acqua.
La Sea-Watch 3, una nave di una Ong che era nelle vicinanze, si è diretta verso la zona mettendo in azione gli scafi di salvataggio. Come mostrano le immagini, a quel punto il personale a bordo della Ras Jadir ha iniziato a lanciare oggetti costringendo gli scafi ad allontanarsi. Altre immagini mostrano persone già a bordo della Ras Jadir venir colpite con una corda ed altre gettarsi in mare per cercare di raggiungere gli scafi della Sea-Watch 3.
Anche se azioni sconsiderate e pericolose della Guardia costiera libica erano state documentate già in precedenza, questa pare essere stata la prima volta in cui in un’operazione del genere è stata utilizzata una nave fornita da un governo europeo.
Ad aprile del 2019 la crisi libica è entrata in una nuova fase di incertezza.
Le truppe del generale Khalifa Haftar si sono dirette verso Tripoli nel tentativo di conquistare la capitale.
Circa 3.000 migranti e rifugiati sono intrappolati nei centri di detenzione di Abu Salim, Gharyan e Qasr bin Ghasher, vicino ai combattimenti.
Finora l’Alto commissariato Onu per i rifugiati è stato in grado di facilitare il trasferimento, presso la sua Struttura di transito e partenza, di 150 rifugiati del centro di detenzione di Ain Zara. I tentativi di organizzare ulteriori trasferimenti di rifugiati da altri centri di detenzione sono stati resi vani dall’impossibilità di accedervi e da problemi di sicurezza.
Le Nazioni Unite hanno reso noto che, a causa degli scontri, sono sfollate almeno 18.250 persone. Solo le vittime civili sono 48, tra cui 13 morti.
Il 12 aprile l’Alto commissario Onu per i rifugiati ha lanciato un appello urgente chiedendo l’immediato rilascio dei migranti e dei rifugiati dai centri di detenzione libici a causa del peggioramento delle condizioni di sicurezza.
Dall’inizio degli scontri la Guardia costiera libica ha riportato sulla terraferma almeno 19 tra migranti e rifugiati.
Chiediamo ai leader libici ed europei a collaborare urgentemente per:
rilasciare tempestivamente tutti i migranti e i rifugiati dai centri di detenzione e porre fine alla detenzione arbitraria di rifugiati e migranti in Libia
indagare su tutte le accuse di tortura e altri maltrattamenti nei confronti di rifugiati e migranti in Libia, e assicurare che i sospetti responsabili siano perseguiti in un processo trasparente ed equo per porre fine al circolo vizioso degli abusi.
reimpostare la cooperazione con la Libia in materia di migrazione, dando priorità alla protezione dei diritti umani dei rifugiati e dei migranti, invece di intrappolare le persone in Libia
riconoscere formalmente l’UNHCR in Libia e consentire all’organizzazione di svolgere appieno il suo mandato, compresa la protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati.
Egregio Primo Ministro Fayez Al-Sarraj, Egregio Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen,
Scrivo per esprimere la mia profonda preoccupazione per le notizie scioccanti di abusi perpetrati su migranti e rifugiati in Libia.
Ci sono più di 7.000 migranti e rifugiati attualmente imprigionati in Libia in centri di detenzione ufficiali gestiti da milizie e gruppi armati affiliati al governo. Le milizie trattengono migranti e rifugiati in condizioni terrificanti, senza accesso a cibo, acqua o cure mediche; e commettono costantemente gli abusi più terribili, come torture, estorsioni, lavoro forzato, violenze sessuali.
Sono profondamente preoccupato che addestrando, equipaggiando e sostenendo la Guardia costiera libica, l’Europa stia intrappolando migranti e rifugiati in Libia e alimentando questi abusi.
La soluzione non può essere intrappolare queste persone in condizioni disumane, e vi esorto con urgenza a:
Rilasciare tempestivamente tutti i migranti e i rifugiati dai centri di detenzione e porre fine alla detenzione arbitraria di rifugiati e migranti in Libia
Indagare su tutte le accuse di tortura e altri maltrattamenti nei confronti di rifugiati e migranti in Libia, e assicurare che i sospetti responsabili siano perseguiti in un processo trasparente ed equo per porre fine al circolo vizioso degli abusi.
Reimpostare la cooperazione con la Libia in materia di migrazione, dando priorità alla protezione dei diritti umani dei rifugiati e dei migranti, invece di intrappolare le persone in Libia
Riconoscere formalmente l’UNHCR in Libia e consentire all’organizzazione di svolgere appieno il suo mandato, compresa la protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati.
Chiediamo all'Unione europea di appoggiare l'urgente istituzione, da parte del Consiglio Onu dei diritti umani di una Commissione d'inchiesta allo scopo di indagare sulle violazioni dei diritti umani commesse in Libia dal 2014
La sentenza ha stabilito che le persone ricorrenti hanno diritto al risarcimento del danno e di accedere nel territorio italiano allo scopo di presentare domanda di riconoscimento della protezione internazionale ovvero di protezione speciale
Il racconto di Valia Charalampopoulou, un'attivista Amnesty che ha trascorso un mese sull'isola greca per verificare il rispetto delle leggi nei confronti dei richiedenti asilo
Il caso S.S. e altri contro Italia costituisce un'opportunità decisiva per far emergere le responsabilità dell'Italia e il suo ruolo concreto nel determinare le politiche libiche di controllo delle frontiere e dell'immigrazione
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