Ultime notizie sul paese

 

Burkina Faso

Capo di stato: Ibrahim Traoré (subentrato a Paul-Henri Sandaogo Damiba a settembre, a sua volta succeduto a Roch Marc Christian Kaboré a gennaio)

Capo di governo: Apollinaire Kyélem de Tambèla (subentrato ad Albert Ouédraogo a ottobre, a sua volta succeduto a Lassina Zerbo a marzo)

I gruppi armati e le forze armate governative hanno commesso violazioni del diritto internazionale umanitario. Il conflitto armato ha continuato ad avere conseguenze sui diritti al cibo, all’acqua, alla salute e all’istruzione. Ci sono stati casi di detenzione arbitraria e violazioni del diritto alla libertà d’espressione. Si sono finalmente conclusi due storici casi giudiziari riguardanti omicidi di alto profilo, incluso quello relativo all’assassinio del presidente Thomas Sankara, risalente al 1987.

CONTESTO

Il Burkina Faso ha subìto due colpi di stato militare. Il primo, a gennaio, è stato guidato dal tenente colonnello Paul-Henri Damiba. Questi ha rovesciato il presidente Roch Marc Kaboré e il suo governo e ha portato allo scioglimento di tutte le cariche elettive, parlamentari e locali. L’esercito ha giustificato il colpo di stato sulla base della pessima gestione da parte del governo del conflitto armato, che ha continuato ad avere notevoli conseguenze sui civili. Le autorità militari hanno posto Roch Marc Kaboré agli arresti domiciliari fino al 7 aprile per motivi di “sicurezza”.

Lo stato d’emergenza è stato rinnovato ad aprile dopo una sospensione di due mesi. Il nuovo esecutivo ha istituito due zone militari nel nord e nell’est del paese e ordinato ai civili di evacuare queste aree. Grazie alla mediazione dell’Ecowas, è stato negoziato un periodo di transizione di due anni prima delle elezioni presidenziali. A settembre, dopo una serie di arretramenti militari nel conflitto armato, il tenente colonnello Damiba è stato rovesciato dagli ufficiali militari guidati dal capitano Ibrahim Traoré.

 

VIOLAZIONI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO

Gruppi armati

Il Gruppo di supporto all’Islam e ai musulmani (Groupe pour le soutien à l’Islam et aux musulmans – Gsim) ha bloccato l’accesso e le forniture commerciali a diverse città del nord e dell’est del paese. A febbraio, il Gsim ha tagliato l’accesso alla città di Djibo, in risposta al divieto al movimento di persone e merci da Djibo verso le aree sotto l’influenza del Gsim, imposto dal governo. A luglio, ha bloccato anche la strada principale di accesso alla città di Sebba, che ospitava 30.000 persone sfollate internamente fuggite dai distretti vicini. I blocchi stradali hanno fortemente condizionato la sicurezza alimentare oltre che l’accesso ai medicinali e all’assistenza medica per i civili.

A marzo, assalitori armati hanno lanciato un attacco ad Arbinda, una città della provincia di Soum sotto assedio dal 2019, prendendo di mira persone che andavano a procurarsi l’acqua. Nell’attacco sono rimaste uccise sette persone, inclusi tre civili.

A Djibo, il Gsim ha attaccato e distrutto obiettivi civili, inclusa la rete idrica che forniva acqua a più di 300.000 abitanti, secondo quanto riferito dal Consiglio norvegese per i rifugiati. Dopo che i gruppi armati avevano minacciato di violenza i venditori locali e altri che tentavano di rifornire la città di generi alimentari, il governo ha deciso di affiancare loro scorte armate per aiutarli a entrare a Djibo. Il 26 settembre, un convoglio di 207 veicoli che trasportavano forniture civili destinate a Djibo, scortato dai militari, è stato attaccato da assalitori armati a Gaskindé. In seguito all’attacco, 50 persone sono state date per disperse. Secondo il governo, dopo l’attacco sono stati trovati i corpi senza vita di 11 soldati.

A giugno, membri dello Stato islamico nel Sahel (État islamique dans le Sahel – Eis) hanno attaccato la città di Seytenga, uccidendo almeno 80 persone, in maggioranza civili. Gli assalitori sarebbero andati casa per casa, uccidendo gli uomini. Migliaia di abitanti sono stati sfollati; circa 16.000 sono fuggiti nel capoluogo regionale, Dori, e 360 hanno attraversato il confine con il Niger.

Forze governative

A febbraio, le truppe francesi schierate a fianco dell’esercito nazionale hanno ucciso quattro civili durante un raid aereo contro il gruppo armato Ansaroul Islam. Non è stata aperta un’indagine sull’episodio per determinare la legittimità dell’attacco.

Ad aprile, notizie di stampa hanno indicato che decine di civili erano stati uccisi durante i raid dell’esercito contro i gruppi armati nei villaggi di Sokoundou, Wassakoré e Tin-Rhassan, nella provincia di Oudalan, vicino al confine con il Mali. Sull’episodio non è stata aperta alcuna indagine.

Ad agosto, le autorità statali hanno ammesso la loro responsabilità per la morte di “diversi” civili durante i raid aerei lanciati contro i gruppi armati vicino a Kompienga/Pognoa, in prossimità del confine con il Togo. Fonti stampa hanno riportato che durante i raid erano stati uccisi circa 30 civili, in maggioranza donne.

Il 30 dicembre, due quartieri con una maggioranza della popolazione di etnia fulani, nella città di Nouna, nella provincia di Kossi, sono stati attaccati da forze ausiliarie del governo. Secondo fonti locali, almeno 86 persone sono state uccise. L’ufficio del procuratore di Nouna ha annunciato un’inchiesta sugli omicidi.

 

DIRITTO AL CIBO

L’aumento dei prezzi dei prodotti al consumo a causa del conflitto e i mutamenti climatici hanno tutti avuto gravi conseguenze per la sicurezza alimentare in Burkina Faso. Secondo i dati dell’Ocha, a settembre nel paese 4,9 milioni di persone versavano in condizioni di insicurezza alimentare, incluse molte persone sfollate internamente che avevano abbandonato le loro abitazioni e perso i mezzi di sussistenza a causa del conflitto. Secondo l’Ocha, inoltre, circa 180.000 minori erano affetti da malnutrizione cronica. Questa situazione era ancor più grave nelle regioni del Nord, del Sahel e dell’Est, dove i gruppi armati erano maggiormente attivi.

 

DIRITTO ALL’ISTRUZIONE

Secondo i dati riferiti dall’Unicef, a fine settembre nel paese risultavano chiuse o non funzionanti a causa del conflitto 4.258 scuole. Le autorità statali hanno sviluppato con il supporto dell’Unicef e di altre organizzazioni programmi radiofonici educativi, rivolti ai bambini sfollati dal conflitto o che per altri motivi non potevano essere presenti a scuola. Secondo i dati riferiti dall’Unicef, fino a settembre questi programmi radiofonici erano riusciti a raggiungere circa 292.861 bambini.

 

LIBERTÀ D’ESPRESSIONE

A marzo, l’ex presidente dell’assemblea nazionale, Alassane Bala Sakandé, è stato arrestato, detenuto e interrogato dalla gendarmeria per poi essere rilasciato senza accusa il giorno stesso. Il 24 marzo, prima del suo arresto e stato di fermo, aveva pubblicato un comunicato stampa in cui chiedeva la fine della detenzione illegale del deposto presidente, Roch Marc Kaboré.

Il 19 maggio, Luc Pagbelguem, un giornalista che lavorava per il canale televisivo BF1, è stato aggredito da un reparto della sicurezza del primo ministro transizionale, Albert Ouédraogo, mentre seguiva la cronaca di un evento. L’episodio ha spinto le organizzazioni professionali dei media a rendere pubblica una dichiarazione, che denunciava l’aggressione subita da Luc Pagbelguem e le intimidazioni contro diversi altri giornalisti in Burkina Faso.

 

DIRITTO A VERITÀ, GIUSTIZIA E RIPARAZIONE

Ad aprile, un tribunale militare della capitale Ouagadougou ha giudicato l’ex presidente Blaise Compaoré e il suo ex capo della sicurezza, Hyacinthe Kafando, colpevoli dell’omicidio nel 1987 del presidente Thomas Sankara e di altri 12 funzionari del suo governo. Sono stati condannati in contumacia all’ergastolo, assieme al generale Gilbert Diendéré. Sono stati ritenuti colpevoli anche altri otto imputati, condannati dai tre ai 20 anni di carcere; altri tre accusati sono stati assolti. A maggio, il tribunale militare ha ordinato a Blaise Compaoré e ad altri nove degli uomini condannati il pagamento di un totale di 800 milioni di franchi Cfa (1,2 milioni di euro) a titolo di risarcimento per le famiglie di Thomas Sankara e delle altre 12 vittime.

Il generale Gilbert Diendéré è stato inoltre giudicato colpevole a maggio di complicità in relazione all’arresto illegale e al rapimento aggravato del leader studentesco Boukary Dabo, un episodio risalente al 1990, e condannato dall’Alta corte di Ouagadougou a 20 anni di carcere e al pagamento di un’ammenda di un milione di franchi Cfa (1.450 euro). Questi reati avevano causato la morte di Boukary Dabo. Altri due accusati nello stesso caso giudiziario sono stati condannati rispettivamente a 10 e 30 anni di carcere e al pagamento dei danni.

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