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Repubblica dell’India

Capo di stato: Droupadi Murmu (subentrata a Ram Nath Kovind a luglio)

Capo di governo: Narendra Modi

 

Leggi e politiche approvate senza un’adeguata consultazione pubblica e legislativa hanno eroso i diritti dei difensori dei diritti umani e delle minoranze religiose. Il governo ha represso le minoranze religiose in modo selettivo e feroce, mentre era considerato una cosa normale l’esplicito richiamo all’odio nei loro confronti da parte di leader politici e funzionari pubblici, rimasto pertanto impunito.

Si sono verificate nell’impunità demolizioni punitive di abitazioni e attività commerciali di famiglie musulmane. Manifestanti pacifici che difendevano i diritti delle minoranze sono stati definiti e trattati come una minaccia all’ordine pubblico. Leggi repressive, incluse le norme antiterrorismo, sono state utilizzate in modo incontrollato per mettere a tacere il dissenso. Le autorità hanno intimidito i difensori dei diritti umani utilizzando tecnologie digitali, tra cui la sorveglianza illegale. Gli adivasi e le comunità emarginate, compresi i dalit, hanno continuato a subire violenze e discriminazioni radicate.

 

LIBERTÀ D’ESPRESSIONE E ASSOCIAZIONE

Con una decisione bene accolta, l’11 maggio la Corte suprema ha sospeso l’applicazione della sezione 124A del codice penale (una disposizione vecchia di 152 anni che sanzionava la sedizione), fino a quando il governo non la riesaminerà.

Con uno schema ricorrente di vessazioni e intimidazioni, organizzazioni della società civile e difensori dei diritti umani, inclusi attivisti, giornalisti, studenti e accademici, sono stati sottoposti a limitazioni illegali e politicamente motivate.

Il 14 luglio, la camera bassa del parlamento ha vietato l’uso durante i dibattiti parlamentari di una serie di parole comuni, tra cui “corrotto”, “molestie sessuali”, “criminale”, “sciocchezze”, “incompetente” e “ipocrisia”, nel tentativo di controllare i discorsi dei parlamentari dell’opposizione.

Il 7 settembre, il dipartimento delle imposte sul reddito ha effettuato irruzioni coordinate, presentate come “perizie”, negli uffici di Ong tra cui Oxfam, l’Independent and Public-Spirited Media Foundation e il Center for Policy Research, per presunte violazioni della legge di regolamentazione dei contributi provenienti dall’estero.

Il 27 e 28 settembre sono state condotte irruzioni massive contro l’Ong Fronte popolare dell’India (Popular Front of India – Pfi) e le sue affiliate in tutto il paese, che hanno portato all’arresto di oltre 300 alti dirigenti ed esponenti dell’organizzazione. Successivamente, il ministero degli Interni ha dichiarato il Pfi un’“associazione illegale”, ai sensi della legge antiterrorismo sulla prevenzione delle attività illegittime (Unlawful Activities Prevention Act – Uapa), per il suo presunto coinvolgimento nel “finanziamento del terrorismo e di attività terroristiche”, nonostante le persone arrestate non fossero state incriminate o processate.

Il 27 luglio, la Corte suprema ha confermato le norme della legge del 2002 sulla prevenzione del riciclaggio di denaro relative ai poteri di arresto, confisca dei beni e perquisizione e sequestro conferiti al direttorato dell’applicazione, la principale agenzia indiana responsabile di indagare sui reati finanziari. Tali poteri sono stati ripetutamente sfruttati per reprimere la società civile e limitare il dissenso.

Nel corso dell’anno, le autorità hanno regolarmente applicato il divieto di viaggio all’estero per soffocare le voci indipendenti, come ad esempio l’attivista per i diritti umani ed ex presidente di Amnesty International India, Aakar Patel, la giornalista Rana Ayyub e almeno due giornalisti del Kashmir, che avrebbero dovuto recarsi all’estero per parlare della situazione dei diritti umani in India.

 

ARRESTI E DETENZIONI ARBITRARI

Arresti arbitrari

Il governo ha represso le voci critiche ricorrendo ad arresti arbitrari, anche senza che ne seguisse un giusto processo, in base a leggi draconiane e repressive.

Il 25 aprile, Jignesh Mevani, un membro indipendente dalit dell’assemblea legislativa del Gujarat, è stato nuovamente arrestato subito dopo aver ottenuto la libertà su cauzione da un tribunale dello stato di Assam. Il primo arresto era avvenuto dopo che aveva pubblicato su Twitter un appello rivolto al primo ministro Narendra Modi affinché mantenesse la pace nello stato del Gujarat, teatro di numerose violenze religiose.

Il 25 giugno, la nota difensora dei diritti umani Teesta Setalvad e gli ex funzionari di polizia Sanjeev Bhatt e RB Sreekumar sono stati arrestati e detenuti per accuse che includevano falsificazione e fabbricazione di prove. Le accuse sembravano essere una ritorsione per la loro attività a fianco delle vittime delle rivolte nel Gujarat del 2002.

Il 28 giugno, Mohammed Zubair, co-fondatore del sito web indipendente di verifica dei fatti Alt News, è stato arrestato dalla polizia della capitale Nuova Delhi con l’accusa di aver “ferito i sentimenti religiosi” e “promosso l’inimicizia” su Twitter, per aver denunciato la discriminazione contro le minoranze e criticato l’aumento della censura.

Il 10 giugno, la polizia ha arrestato l’attivista per i diritti umani Javed Mohammed, la moglie e la figlia, insieme a molte altre persone, accusandoli di essere i “principali cospiratori” delle violenze comunitarie scoppiate a Prayagraj, nello stato dell’Uttar Pradesh.

Detenzione prolungata

Undici attivisti per i diritti umani hanno continuato a essere detenuti senza processo ai sensi dell’Uapa, nello stato del Maharashtra. Si trattava degli accademici Shoma Sen e Hany Babu, dell’attivista per i diritti tribali Mahesh Raut, del poeta Sudhir Dhawale, dell’avvocato Surendra Gadling, degli attivisti per i diritti civili Rona Wilson, Arun Ferreira e Vernon Gonsalves e di tre esponenti del gruppo culturale Kabir Kala Manch, Ramesh Gaichor, Jyoti Jagtap e Sagar Gorkhe. Erano stati arrestati tra il 2018 e il 2020 dall’agenzia investigativa nazionale, la principale agenzia antiterrorismo indiana, per il presunto coinvolgimento nelle violenze scoppiate durante le celebrazioni di Bhima Koregaon, nelle vicinanze della città di Pune, nel 2018.

Almeno otto studenti, consiglieri e attivisti per i diritti umani musulmani sono rimasti detenuti senza processo ai sensi dell’Uapa, secondo le accuse, per aver orchestrato violenze religiose a Delhi nel febbraio 2020, in cui furono uccise almeno 53 persone, per lo più di religione musulmana.

Il giornalista Siddique Kappan e altri tre sono rimasti detenuti ai sensi delle leggi sulla sedizione e dell’Uapa. Al momento del suo arresto, nell’ottobre 2020, Siddique Kappan si stava recando nel distretto di Hathras, nell’Uttar Pradesh, per denunciare lo stupro di gruppo e l’omicidio di una giovane donna dalit.

 

ATTACCHI E UCCISIONI ILLEGALI

Tra aprile e giugno sono scoppiate violenze comunitarie in Gujarat, Madhya Pradesh, Jharkhand, Delhi, Rajasthan e Bengala Occidentale durante le feste di Ram Navami e Ramzan. Poco dopo la violenza, vari leader politici e funzionari pubblici del Madhya Pradesh hanno rilasciato dichiarazioni minacciando la demolizione delle proprietà dei manifestanti. Tra questi figuravano il viceispettore generale della polizia di Khargone, il commissario di polizia e il ministro degli Interni del Madhya Pradesh. Quest’ultimo avrebbe detto: “Faremo in modo che ogni casa coinvolta nel lancio di pietre si trasformi essa stessa in un mucchio di pietre”. Queste dichiarazioni sono state seguite dalla demolizione illegale da parte delle autorità di proprietà private di persone sospettate di disordini, secondo quanto riferito, senza garantire un preavviso o altri requisiti richiesti dal procedimento, negli stati di Madhya Pradesh, Gujarat, Delhi e Uttar Pradesh. La maggior parte delle proprietà demolite apparteneva a musulmani economicamente svantaggiati.

Il 10 giugno, i media hanno riferito di un episodio in cui la polizia ha usato manganelli contro i manifestanti, lanciato pietre e sparato agli astanti durante le proteste a Ranchi, nello stato di Jharkhand. Un passante è stato colpito sei volte dalla polizia mentre tornava dal mercato. Due manifestanti, tra cui un ragazzo di 15 anni, sono stati colpiti a morte alla testa dalla polizia.

 

LIBERTÀ DI RIUNIONE

Restrizioni al diritto di manifestare

Le autorità hanno imposto nuove restrizioni alla libertà d’espressione e di riunione pacifica. Il 3 marzo, l’Alta corte del Karnataka ha confermato un’ordinanza statale che limitava lo svolgimento di tutte le manifestazioni a un’area designata nella capitale dello stato, Bangalore.

Il 26 settembre, la polizia di stato del Gujarat ha arrestato l’attivista per i diritti umani Sandeep Pandey, insieme ad altre sette persone che avrebbero dovuto partecipare a una marcia per chiedere le scuse pubbliche alla sopravvissuta allo stupro di gruppo Bilkis Bano. Il governo del Gujarat aveva scarcerato gli uomini condannati per lo stupro.

Uso eccessivo della forza

La polizia ha fatto uso di forza illegale e ha commesso altre violazioni dei diritti umani, compreso l’abuso delle leggi per intimidire le persone e mettere a tacere il dissenso.

Il 10 giugno, in un video diffuso da più organi di stampa compariva un agente di polizia che colpiva ripetutamente con il manganello manifestanti arrestati a Saharanpur, nell’Uttar Pradesh. Un manifestante ha denunciato la frattura di un braccio. Invece di criticare l’uso della forza, ex agenti di polizia e politici del partito di governo Bharatiya Janata lo hanno celebrato sui social media.

Il 4 ottobre, la polizia di stato del Gujarat ha legato nove uomini a un palo nella città di Kheda, con l’accusa di aver lanciato pietre durante la celebrazione di un festival indù e li ha picchiati pubblicamente con i lathi (manganelli), tra gli applausi degli astanti.

 

LIBERTÀ DI RELIGIONE

Le leggi penali sono state utilizzate in modo sproporzionato contro le minoranze religiose, in particolare i musulmani. La polizia ha regolarmente arrestato musulmani per presunti reati quali aver “promosso l’inimicizia tra gruppi” e “oltraggiato i sentimenti religiosi”, per atti tra cui l’offerta di namaz (preghiere), lo svolgimento di transazioni commerciali legittime, il matrimonio consensuale con donne indù e il consumo di carne bovina.

A maggio, luglio e agosto, decine di musulmani sono stati incriminati in procedimenti penali o con sanzioni amministrative per aver offerto namaz in spazi pubblici e abitazioni private.

Negli stati di Haryana, Uttar Pradesh, Madhya Pradesh, Kerala e Gujarat, alcuni gruppi indù hanno lanciato appelli pubblici al boicottaggio economico delle imprese musulmane. Il 23 marzo, il ministro della Legge, degli affari parlamentari e della legislazione nello stato del Karnataka ha affermato che i non indù non possono intraprendere alcun tipo di commercio vicino a templi e istituzioni indù. Sempre nel Karnataka, sono stati lanciati appelli per boicottare i negozi di carne di proprietà di musulmani, durante la festa indù di Dussehra. Il 4 aprile, il sindaco del distretto di Delhi Sud ha ordinato la chiusura di tutti i negozi di carne, che erano prevalentemente di proprietà di musulmani, durante la festa indù di Navratri.

Nell’Uttar Pradesh e a Delhi, bramini indù hanno esplicitamente incitato alla violenza contro i musulmani, anche allo stupro e all’omicidio di donne musulmane.

Il 17 maggio, il governo dello stato del Karnataka ha approvato una legge, senza consultazione pubblica o legislativa, che considera reato i matrimoni in cui vi è un’accusa di conversione religiosa forzata riferita da parenti o colleghi della presunta vittima. La legge ha reso tali conversioni punibili con la reclusione fino a 10 anni. L’11 novembre, cinque persone sono state arrestate nel Karnataka con l’accusa di conversione forzata. Nell’Uttar Pradesh, in cui una legge analoga è stata approvata nel 2021, si sono verificate aggressioni e violenze contro cristiani, accusati di conversione forzata.

 

DISCRIMINAZIONE

Crimini d’odio basati sulle caste

Crimini d’odio, tra cui violenze contro dalit e adivasi, sono stati commessi nell’impunità. Nel 2021 sono stati segnalati più di 50.000 sospetti reati contro membri delle caste registrate e più di 9.000 contro persone adivasi. Più di tre quarti della popolazione carceraria indiana era in custodia preventiva, con un numero sproporzionato di dalit, adivasi e membri di altri gruppi svantaggiati.

Nel corso dell’anno, i resoconti dei media hanno dimostrato che la comunità dalit, inclusi i minori, ha subìto una crescente oppressione e violenza da parte di membri delle caste dominanti, tra cui la perdita di vite umane per aver esercitato i propri diritti fondamentali, come bere acqua da un pozzo comune.

Nonostante il divieto formale di rovistare con le mani tra i rifiuti, almeno 19 netturbini sono morti soffocati dopo essere stati costretti a pulire fognature e fosse biologiche da imprese private, leader politici e polizia. Quasi tre quarti degli operatori ecologici in tutta l’India appartenevano a caste registrate.

 

DIRITTI DEI POPOLI NATIVI

Il 28 giugno, il ministero dell’Ambiente, delle foreste e dei cambiamenti climatici ha approvato il regolamento per la conservazione delle foreste, che consente alle imprese private di abbattere le foreste senza ottenere il consenso libero, preventivo e informato degli abitanti dei boschi, compresi i popoli adivasi, che si autoidentificano come nativi.

Il 17 luglio, il giornalista indipendente Rupesh Kumar Singh è stato arrestato arbitrariamente dalla polizia del Jharkhand, come ritorsione per i suoi ampi servizi sui diritti delle popolazioni adivasi nel distretto di Giridih, nello stato del Jharkhand.

Più di 60 abitanti delle foreste, difensori dei diritti umani ambientali e adivasi sono stati arrestati durante l’anno per aver protestato contro un progetto siderurgico della Jindal Steel Works nel villaggio di Dhinkia, nello stato di Odisha, che è stato approvato dal governo sulla base di una valutazione di impatto ambientale fraudolenta.

 

JAMMU E KASHMIR

Libertà d’espressione

Diversi giornalisti del Kashmir sono stati arrestati, tra cui Fahad Shah, Aasif Sultan e Sajad Gul. Dopo aver ottenuto la libertà su cauzione da tribunali locali, sono stati nuovamente arrestati quasi subito ai sensi dell’Uapa. In un quadro di continua repressione della libertà d’espressione e di movimento, le autorità per l’immigrazione hanno impedito ai giornalisti Aakash Hassan e Sanna Irshad Mattoo di viaggiare all’estero, senza un ordine del tribunale o un mandato o almeno una spiegazione per iscritto. Il difensore dei diritti umani Khurram Parvez rimaneva in detenzione senza processo ai sensi dell’Uapa da novembre 2021.

Uccisioni illegali

Secondo i dati ufficiali, tra aprile 2020 e marzo 2022, negli stati di Jammu e Kashmir, si è avuto il più alto numero di decessi di tutta l’India in cui era coinvolta la polizia. Articoli della stampa hanno suggerito che durante il 2022 siano stati uccisi da gruppi armati almeno 19 civili, di cui sette appartenenti alla comunità di minoranza indù della regione.

 

DIRITTO ALLA PRIVACY

Il 6 aprile, il parlamento ha approvato la legge sulla procedura penale (identificazione) 2022 che consente agli agenti di polizia di raccogliere firme, campioni di grafia e campioni biologici (tra cui sangue, sperma, capelli, tamponi e analisi del Dna) di tutte le persone condannate e arrestate, comprese quelle sottoposte a detenzione amministrativa. Secondo la nuova legge, questi dati potrebbero essere archiviati per un massimo di 75 anni in un archivio informatico centrale che, al momento, non ha una struttura di protezione dei dati.

Il 25 agosto, la Corte suprema si è rifiutata di rendere pubblico un rapporto investigativo che aveva commissionato sulle accuse di sorveglianza illegale da parte delle autorità governative con lo spyware Pegasus, sui dispositivi mobili di giornalisti, politici, scienziati e attivisti per i diritti umani.

 

DIRITTI DELLE DONNE

Violenze sessuali e domestiche hanno continuato a essere perpetrate nella completa impunità.

Il governo dello stato del Karnataka ha imposto il divieto a donne e ragazze di indossare il velo (hijab) nelle scuole pubbliche. Il divieto è stato confermato a marzo dall’Alta corte del Karnataka. A ottobre, la Corte suprema ha emesso un verdetto separato e ha deferito il caso a un collegio di giudici più ampio. Nel frattempo, il divieto è rimasto in vigore, provocando continue molestie nei confronti di donne e ragazze musulmane.

Ci sono stati alcuni progressi per i diritti delle donne. Il 26 maggio, la Corte suprema ha confermato il diritto a vivere con dignità delle donne che svolgono un lavoro sessuale e dei loro figli e ha ordinato agli agenti di polizia di non abusare di loro verbalmente o fisicamente. Il 29 settembre, la Corte suprema ha interpretato in modo progressista la legge sull’interruzione medica della gravidanza (Medical Termination of Pregnancy Act – Mtpa) del 1971 e ha garantito il diritto di abortire a tutte le donne, indipendentemente dal loro stato civile. Il governo indiano aveva in precedenza rifiutato di penalizzare lo stupro coniugale, ma il suo riconoscimento giudiziario secondo le norme della Mtpa è stato un passo avanti verso il riconoscimento dello stupro coniugale come una forma di violenza contro le donne.

 

FALLIMENTO NELL’AFFRONTARE LA CRISI CLIMATICA

Ad agosto, l’India ha aggiornato il suo Ndc, rafforzando il suo obiettivo di ridurre le emissioni di gas serra entro il 2030. Tuttavia, il Climate Action Tracker ha valutato l’obiettivo e le politiche climatiche dell’India “altamente insufficienti”.

 

DEGRADO AMBIENTALE

Il governo non disponeva di adeguate politiche di preparazione alle catastrofi e non è riuscito a rispondere efficacemente alle inondazioni e all’inquinamento atmosferico. Lo stato nord-o- rientale dell’Assam è rimasto esposto alle intense inondazioni che a luglio hanno colpito più di 4,8 milioni di persone. Da aprile in avanti, l’India ha dovuto affrontare temperature medie fino a 4,5°C superiori al normale, che hanno colpito in particolare le persone che vivono in povertà e coloro che svolgono determinate professioni, come lavoratori a giornata, braccianti agricoli e venditori ambulanti. Da ottobre in poi, la qualità dell’aria a Delhi è gravemente peggiorata e ha violato i diritti umani alla vita e alla salute, in gran parte a causa degli incendi delle stoppie, dell’esplosione di petardi durante la festa di Diwali e delle emissioni di scarico dei veicoli.

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