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Repubblica araba d’Egitto

Capo di stato: Abdel Fattah al-Sisi

Capo di governo: Moustafa Madbouly

Le autorità hanno duramente represso i diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione pacifica. Nel periodo che ha preceduto la Cop27, a novembre, le autorità hanno rilasciato 895 prigionieri trattenuti per motivi politici, ma hanno effettuato quasi il triplo di nuovi arresti, che hanno colpito anche centinaia di persone coinvolte negli appelli alla protesta durante la Cop27. Migliaia di persone critiche verso il governo o percepite come tali o suoi oppositori rimanevano arbitrariamente detenute e/o perseguite ingiustamente. Non sono state condotte indagini adeguate su almeno 50 decessi in custodia avvenuti in circostanze sospette, con notizie di diniego di cure mediche adeguate o tortura. Sono state emesse nuove condanne a morte al termine di processi gravemente iniqui e ci sono state esecuzioni. Sono rimasti diffusi gli episodi di violenza sessuale e di genere e le autorità non hanno saputo prevenirli e punirli in maniera adeguata. Le autorità hanno represso il diritto dei lavoratori di scioperare e non sono intervenute per tutelarli contro il licenziamento senza giusta causa da parte delle aziende. Residenti di insediamenti informali sono stati sgomberati con la forza e detenuti per avere protestato contro le demolizioni delle loro case. Le autorità hanno perseguito cristiani che chiedevano di poter esercitare il loro diritto di culto e altri che avevano abbracciato fedi religiose non autorizzate dallo stato. Rifugiati e migranti sono stati arbitrariamente detenuti per il loro ingresso o soggiorno irregolare in Egitto e rimpatriati con la forza a decine nei loro paesi d’origine.

 

CONTESTO

A ottobre il presidente ha revocato lo stato d’emergenza nazionale in vigore da aprile 2017. Dopo pochi giorni, il parlamento ha approvato una serie di modifiche legislative che hanno ampliato la giurisdizione dei tribunali militari sui civili, erodendo le garanzie di equità processuale e criminalizzando eventuali denunce contro i militari.

Sono continuati, seppur in maniera sporadica, gli attacchi dei gruppi armati nel nord del Sinai. L’esercito, che ha annunciato perdite tra le sue fila e l’uccisione di 122 militanti negli scontri, ha pubblicato un video ad agosto che mostrava l’uccisione illegale da parte dei militari di due uomini disarmati. A ottobre, il presidente ha conferito al ministro della Difesa poteri eccezionali di imporre misure di coprifuoco, chiudere le scuole ed evacuare i residenti nel nord del Sinai.

Il bilancio statale approvato a giugno non adempieva all’obbligo sancito dalla costituzione di destinare il tre e il sei per cento del pil rispettivamente al settore sanitario e a quello dell’istruzione; riduceva inoltre la spesa destinata all’assicurazione medica e ai farmaci.

A marzo, al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, 32 stati hanno espresso la loro condanna per le violazioni dei diritti umani in Egitto.

A settembre, le autorità hanno varato una strategia nazionale quinquennale sui diritti umani che elogiava il quadro legale, senza entrare nel merito delle preoccupazioni per le violazioni dei diritti umani attuali e compiute del passato.

 

LIBERTÀ D’ESPRESSIONE, ASSOCIAZIONE E RIUNIONE

Le autorità hanno continuato a schiacciare tutte le forme di dissenso pacifico e a soffocare lo spazio civico.

Le forze di sicurezza hanno arbitrariamente arrestato almeno 11 giornalisti per il loro lavoro o per le loro opinioni critiche. Almeno altri 26 giornalisti rimanevano arbitrariamente detenuti in seguito a un verdetto di colpevolezza o in attesa d’indagini, per accuse come “diffusione di notizie false”, “uso improprio dei social network” e/o “terrorismo”.

Secondo le organizzazioni per i diritti umani, le autorità hanno continuato a oscurare almeno 600 siti web, tra portali d’informazione, siti sui diritti umani e altri.

Le autorità hanno arbitrariamente detenuto almeno otto difensori dei diritti umani e hanno sottoposto altri rimasti in libertà a sorveglianza, mandati di comparizione illegali e interrogatori coercitivi.

Quindici difensori dei diritti umani e dipendenti di Ong rimanevano sottoposti a indagini, divieti di viaggio e congelamento dei beni, nel quadro di un’indagine penale ormai decennale sulle legittime attività delle organizzazioni della società civile, conosciuta come il Caso 173. Ad aprile, il governo ha imposto a tutte le Ong l’obbligo di registrarsi ai sensi della draconiana legge sulle Ong del 2019, entro aprile 2023, per non incorrere nella chiusura.

Anche gli oppositori politici sono stati presi di mira tramite detenzioni arbitrarie, procedimenti giudiziari iniqui e altre vessazioni. A maggio, un tribunale d’emergenza ha condannato l’ex candidato presidenziale e fondatore del partito Masr al-Qawia, Abdelmoniem Aboulfotoh, e il suo vicepresidente Mohamed al-Kassas, rispettivamente a 15 e 10 anni di carcere, per diffusione di “notizie false”, “appartenenza a un gruppo terroristico” e altre imputazioni inventate.

Le autorità hanno inserito in maniera del tutto indebita i nomi di 620 persone, tra cui giornalisti e politici d’opposizione detenuti, nella “lista dei terroristi”, una misura che di fatto impediva loro di intraprendere attività civiche o politiche e di recarsi all’estero per cinque anni.

Nel periodo che ha preceduto la Cop27, le forze di sicurezza hanno arrestato centinaia di persone in relazione alle annunciate proteste durante la conferenza. Tra queste c’era Abdelsalam Abdelghany, arrestato a settembre nella sua abitazione del Cairo, la capitale, dopo che aveva appoggiato sui social network gli appelli alla protesta durante la Cop27. È rimasto detenuto in attesa di indagini per accuse come “diffusione di notizie false” e “adesione a un gruppo terroristico”.

Durante la Cop27, le forze di sicurezza hanno sottoposto i partecipanti a interrogatori, sorveglianza e altre forme di vessazione; hanno inoltre negato l’ingresso in Egitto al cittadino italiano Giorgio Caracciolo, dell’associazione contro la tortura Dignity.

L’attivista egiziano-britannico Alaa Abdel Fattah, in sciopero della fame da aprile per protestare contro la sua detenzione arbitraria e il diniego di incontrare i funzionari consolari, il 6 novembre ha smesso anche di bere acqua. L’11 novembre, è stato alimentato per via intravenosa dopo che aveva perso conoscenza. A fine anno rimaneva arbitrariamente detenuto e in precarie condizioni di salute.

 

DETENZIONE ARBITRARIA E PROCESSI INIQUI

Dopo l’annuncio del presidente della riattivazione, ad aprile, del Comitato presidenziale per la grazia (Presidential Pardons Committee – Ppc), le autorità hanno disposto il rilascio di 895 persone trattenute per motivi politici e decine di altre in carcere per non avere ripagato i debiti1. Le forze di sicurezza si sono rifiutate di rilasciare almeno 33 di loro e ne hanno convocato illegalmente altre per interrogarle, minacciando di riarrestarle per avere protestato. L’attivista Sherif al-Rouby è stato rilasciato a maggio e riarrestato a settembre, dopo avere parlato pubblicamente delle difficoltà affrontate dagli ex prigionieri. Le forze di sicurezza hanno arbitrariamente imposto un divieto di viaggio fuori dall’Egitto all’avvocata per i diritti umani Mahinour el-Masry, al ricercatore Ahmed Samir Santawy e ad altri rilasciati nel 2022.

Dalla riattivazione del Ppc ad aprile, fino a fine anno, la procura suprema per la sicurezza dello stato (Supreme State Security Prosecution – Sssp) ha arrestato e interrogato 2.562 sospetti critici od oppositori del governo, mentre migliaia d’altri rimanevano arbitrariamente detenuti per l’esercizio dei loro diritti umani. L’avvocato Youssef Mansour era ancora arbitrariamente detenuto, dal suo arresto avvenuto a marzo per avere fatto emergere gli abusi subiti da un suo cliente.

I procuratori e i giudici hanno regolarmente rinnovato la detenzione cautelare di migliaia di persone, trattenute in relazione ad accuse infondate di terrorismo o in materia di sicurezza. Un nuovo sistema di rinnovo della detenzione attraverso udienze da remoto, introdotto nel carcere Badr 3, violava il diritto dei detenuti a una difesa adeguata e a contestare la legalità della loro carcerazione.

I diritti degli imputati a un processo equo sono stati regolarmente ignorati, con le forze di sicurezza che impedivano l’accesso a colloqui privati con gli avvocati. I tribunali d’emergenza, profondamente iniqui, hanno continuato a emettere verdetti di colpevolezza e a celebrare processi contro oppositori del governo e difensori dei diritti umani, nonostante lo stato d’emergenza fosse stato revocato a ottobre 2021.

 

SPARIZIONI FORZATE, TORTURA E ALTRO MALTRATTAMENTO

I procuratori hanno regolarmente omesso di disporre indagini sulle denunce di sparizione forzata, tortura e altro maltrattamento.

Le forze di sicurezza hanno sottoposto a sparizione forzata centinaia di detenuti, alcuni anche per mesi. Agenti dell’agenzia per la sicurezza nazionale (National Security Agency – Nsa) hanno arrestato Abdel Rahman al-Saeed il 23 marzo, prelevandolo dalla sua abitazione dopo che aveva postato sui social network un video che criticava l’aumento del costo della vita. È rimasto sottoposto a sparizione forzata fino al 19 aprile.

La tortura è rimasta pervasiva nelle carceri, nei commissariati di polizia e nelle strutture gestite dall’Nsa. Dopo che a gennaio erano trapelati video che mostravano gli abusi della polizia presso il commissariato di Al-Salam First al Cairo, le autorità hanno giudicato e condannato 21 uomini, una donna e un ragazzo a pene variabili dai cinque anni di carcere fino all’ergastolo, inserendoli anche nella “lista dei terroristi”. Le autorità non hanno aperto indagini imparziali ed efficaci sugli abusi della polizia.

Nella seconda metà dell’anno, le autorità hanno spostato centinaia di prigionieri trattenuti per motivi politici dal complesso carcerario di Tora, a sud del Cairo, al nuovo maxi-penitenziario di Wadi al-Natrun, a nord della capitale, e nel complesso carcerario di Badr, a nord-est del Cairo. Qui, come in altre strutture, le condizioni erano crudeli, disumane e degradanti, con i prigionieri che ne denunciavano il sovraffollamento, la scarsa ventilazione, la mancanza d’igiene e l’inadeguata quantità di cibo, acqua potabile, aria fresca ed esercizio fisico. Le autorità hanno negato ai prigionieri l’accesso a cure mediche adeguate e limitato indebitamente o vietato i

contatti con il mondo esterno, in alcuni casi anche deliberatamente, nell’intento di punire il dissenso. Nel carcere di Badr 3, un divieto generico imposto dalle autorità proibiva a tutti i detenuti di ricevere le visite dei familiari e degli avvocati e la corrispondenza scritta.

 

PENA DI MORTE

I tribunali, compresi i circuiti competenti per terrorismo dei tribunali ordinari e d’emergenza, hanno emesso condanne a morte al termine di processi collettivi che non rispettavano gli standard di equità processuale.

A giugno, un circuito competente per terrorismo del tribunale penale del Cairo ha condannato a morte 10 uomini per “terrorismo” e omicidio al termine di un processo gravemente iniquo. Molti erano stati sottoposti a sparizione forzata e torturati, privati del diritto di accedere ai loro avvocati e trattenuti in condizioni crudeli e disumane equiparabili a tortura2.

Benché la percentuale di esecuzioni sia sensibilmente diminuita rispetto agli anni precedenti, è invece proseguita l’esecuzione di individui giudicati colpevoli al termine di processi gravemente iniqui.

 

ESECUZIONI EXTRAGIUDIZIALI E UCCISIONI ILLEGALI

Quattro video, circolati online tra luglio e agosto, hanno mostrato quella che appariva essere l’esecuzione extragiudiziale di tre uomini disarmati in custodia, per mano dei militari e delle milizie tribali affiliate al governo nel nord del Sinai. In uno di questi video, era possibile vedere un giovane uomo visibilmente ferito, probabilmente di età inferiore ai 18 anni, che veniva interrogato prima di essere ucciso a colpi d’arma da fuoco da un individuo in tuta mimetica e scarponi militari.

I procuratori non hanno provveduto a condurre indagini indipendenti e credibili sulle cause e le circostanze di almeno 50 decessi in custodia, in seguito alle segnalazioni di diniego di cure mediche adeguate o di tortura.

La pubblica accusa ha chiuso le indagini sulla morte in custodia avvenuta il 18 aprile in circostanze sospette dell’economista Ayman Hadhoud, ignorando le prove secondo cui le autorità lo avevano sottoposto a sparizione forzata il 5 febbraio e successivamente torturato e altrimenti maltrattato; quindi, privato dell’accesso a cure mediche tempestive e adeguate3.

A luglio, un tribunale italiano ha sospeso il processo degli agenti di sicurezza egiziani per l’omicidio e la tortura del ricercatore italiano Giulio Regeni nel 2016, in un contesto in cui le autorità egiziane si sono rifiutate di collaborare e fornire gli indirizzi dei sospettati.

 

VIOLENZA E DISCRIMINAZIONE SESSUALE E DI GENERE

Le autorità non hanno saputo prevenire né fornire risposte adeguate ai diffusi episodi di violenza sessuale e di genere compiuti da attori statali e non statali.

Tra giugno e ottobre, quattro giovani donne sono state uccise da uomini dopo avere respinto le loro avances. La polizia non ha dato seguito alle denunce di molestie depositate da Nayera Ashraf, una studentessa dell’università di Mansoura contro uno studente, due mesi prima che questo la uccidesse a coltellate.

Le autorità hanno perseguito attivisti che avevano protestato apertamente contro la violenza sessuale. A gennaio, la Corte di cassazione ha confermato il verdetto di colpevolezza contro l’attivista Amal Fathy, per avere criticato l’incapacità delle autorità di proteggere le donne dalle molestie sessuali e l’ha condannata a un anno di reclusione.

Ad agosto, un tribunale amministrativo ha giudicato la giornalista Rasha Azab colpevole di “insulti” e “diffamazione” e l’ha condannata al pagamento di un’ammenda di 10.000 sterline egiziane (522 dollari Usa), per avere espresso online la sua solidarietà con le donne sopravvissute a violenza sessuale che avevano pubblicato le loro testimonianze anonime, in cui accusavano il regista cinematografico Islam Azazi di averle aggredite sessualmente4.

Le autorità hanno perseguito penalmente donne influencer per la loro condotta sui social network.

Almeno sette donne sono rimaste in carcere per reati contro la morale o altre accuse inventate.

Le autorità hanno continuato a prendere di mira persone sulla base del loro reale o percepito orientamento sessuale o dell’identità di genere. Ad aprile, le forze di sicurezza hanno arrestato quattro uomini e due donne transgender in un centro commerciale del Cairo, sottoponendoli a un breve periodo di fermo unicamente per motivi legati alla loro identità sessuale e al loro reale o percepito orientamento sessuale. I fermati hanno riferito di avere subìto abusi verbali e fisici da parte degli agenti. Una delle donne transgender ha affermato di essere stata molestata sessualmente e costretta a denudarsi e a togliersi l’hijab.

 

DIRITTI DEI LAVORATORI

Le autorità hanno arrestato lavoratori e sindacalisti per il loro coinvolgimento in azioni di sciopero e proteste del tutto pacifiche o per avere chiesto giustizia, e non sono intervenute per proteggere i lavoratori del settore privato da licenziamenti senza giusta causa o altre forme di ritorsione per avere chiesto migliori condizioni di lavoro.

A febbraio, le forze di sicurezza hanno utilizzato unità cinofile e gas lacrimogeni per disperdere un pacifico sit-in di protesta di migliaia di lavoratori davanti alla Universal Group for Home Appliances, un’azienda privata, e hanno sottoposto a un breve fermo tre lavoratori. Il ministero della Manodopera non è intervenuto per affrontare il licenziamento ingiusto di almeno 65 lavoratori, avvenuto a maggio, dovuto al loro coinvolgimento in uno sciopero.

Il sindacalista Shady Mohamed è stato arrestato a ottobre in attesa d’indagini per l’accusa di “adesione a un gruppo terroristico”. Prima dell’arresto, aveva sporto querela contro il suo ex datore di lavoro per il suo licenziamento senza giusta causa.

A febbraio, la camera alta del parlamento ha approvato una bozza di legge sul lavoro che facilita i licenziamenti senza giusta causa e senza adeguato indennizzo.

Le autorità non hanno agito contro le aziende private che non si erano conformate all’introduzione del salario minimo garantito, in vigore da luglio.

 

DIRITTO ALL’ALLOGGIO

Le autorità hanno continuato a effettuare sgomberi forzati in insediamenti informali e arrestato arbitrariamente decine di persone che protestavano contro la demolizione delle loro case.

Ad agosto, le forze di sicurezza hanno fatto uso illegale della forza contro i residenti dell’isola di Warraq, che protestavano contro i piani per farli sgomberare e trasformare l’isola in un centro commerciale. Le forze di sicurezza hanno utilizzato gas lacrimogeni, percosso i manifestanti con i manganelli e sottoposto a un breve fermo decine di persone. Successivamente, le forze di sicurezza hanno vessato i residenti ai posti di blocco e sospeso l’ospedale e altri servizi, azioni che i residenti hanno visto come tentativi per farli andar via.

 

FALLIMENTO NELL’AFFRONTARE LA CRISI CLIMATICA E IL DEGRADO AMBIENTALE

A giugno, l’Egitto ha pubblicato un Ndc aggiornato, i cui obiettivi puntavano a tagliare entro il 2030 rispettivamente del 33 per cento, del 65 per cento e del 7 per cento le emissioni prodotte nel settore dell’elettricità, del petrolio e gas, e dei trasporti, rispetto alle proiezioni di crescita delle emissioni ai ritmi attuali. Gli esperti hanno evidenziato una serie di preoccupazioni per la mancanza di trasparenza nell’Ndc, per la mancata inclusione di un obiettivo complessivo e di chiari punti di riferimento per le emissioni, e per il condizionamento dei modesti obiettivi al supporto finanziario internazionale. Gli esperti ritenevano tali impegni altamente insufficienti a contenere il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5°C.

Sempre a giugno, l’Egitto ha autorizzato la società statale russa per l’energia nucleare Rosatom a iniziare i lavori di costruzione di un impianto nucleare nella città di Dabaa, nel governatorato di Matrouh. La strategia nazionale egiziana sul cambiamento climatico ha fatto riferimento all’energia nucleare come una fonte alternativa ai combustibili fossili, nonostante il suo dannoso impatto ambientale e il suo alto costo economico rispetto agli impianti di gas naturale, i parchi eolici o gli impianti fotovoltaici della stessa portata, secondo l’analisi svolta dalla Iniziativa egiziana per i diritti della persona (Egyptian Initiative for Personal Rights – Eipr), una Ong per i diritti umani.

 

LIBERTÀ DI RELIGIONE E CULTO

Le autorità hanno continuato a discriminare i cristiani nella legge e nella prassi, perseguendo penalmente quelli che chiedevano di poter esercitare il loro diritto di culto.

Il diritto di costruire o ristrutturare chiese è rimasto limitato ai sensi di una legislazione del 2016, che subordinava l’inizio dei lavori al rilascio di un’autorizzazione da parte delle agenzie per la sicurezza e altre autorità statali. Secondo l’Eipr, dall’entrata in vigore della legge, soltanto il 45 per cento delle domande inoltrate per la costruzione o ristrutturazione di chiese aveva ottenuto l’approvazione preliminare.

A gennaio, le forze di sicurezza hanno arbitrariamente arrestato nove residenti del villaggio di Ezbet Farag Allah, nel governatorato di el-Minya, e li hanno trattenuti per tre mesi in attesa dell’esito di un’indagine per accuse come “partecipazione a un raduno” e “avere commesso un atto terroristico”, per aver protestato pacificamente contro il rifiuto delle autorità di ricostruire l’unica chiesa del loro villaggio5. I nove sono stati rilasciati senza processo.

Membri di minoranze religiose, atei e altri che non abbracciavano culti religiosi autorizzati dallo stato sono stati perseguiti e incarcerati per “diffamazione della religione” e altre accuse inventate. Il 10 febbraio, la Corte di cassazione ha confermato la condanna a tre anni di carcere contro il blogger Anas Hassan, arrestato nel 2019 in relazione alla pagina Facebook “Atei egiziani”, da lui amministrata.

 

DIRITTI DI RIFUGIATI E MIGRANTI

Le autorità hanno continuato ad arrestare arbitrariamente rifugiati e migranti per ingresso o soggiorno illegale in Egitto.

A marzo, le autorità hanno rimpatriato con la forza 31 cittadini eritrei, comprese donne e minori, dopo una prolungata detenzione arbitraria in dure condizioni, senza permettere loro di impugnare la legalità della loro detenzione o di accedere alle procedure d’asilo6.


Note:
1 Egypt: Exclude security agencies from reviewing releases of jailed critics, 31 maggio.
2 Egypt: Quash death sentences in torture-tainted grossly unfair mass trial, 28 giugno.
3 Egypt: Investigate the suspicious death in custody of economist Ayman Hadhoud following his enforced disappearance, 14 aprile.
4 Egypt: End prosecution of rights defender for speaking out against sexual violence, 12 marzo.
5 Egypt: Release nine Coptic Christians detained for attempting to rebuild churc, 30 marzo.
6 Egypt: Eritreans at imminent risk of deportation, 25 marzo.

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