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Repubblica federale democratica d’Etiopia

Capo di stato: Sahle-Work Zewde

Capo di governo: Abiy Ahmed Ali

Il governo federale ha continuato a imporre restrizioni agli aiuti umanitari destinati alla regione del Tigray e ha bloccato tutte le forniture ad agosto fino a novembre. Migliaia di detenuti tigrini sono stati trattenuti arbitrariamente in condizioni deplorevoli, spesso in luoghi di detenzione non ufficiali, senza accesso agli avvocati. Leader d’opposizione sono stati trattenuti in violazione degli ordini di tribunale per il loro rilascio. Le forze di sicurezza governative e i gruppi armati si sono resi responsabili di uccisioni illegali di civili, atti che in alcuni casi potrebbero costituire crimini di guerra. Le promesse di indagare questi crimini sono rimaste inattuate. Le forze tigrine nella regione di Afar si sono rese responsabili di molteplici episodi di stupro e altra violenza sessuale, perpetrati nel contesto del conflitto. Il diritto alla libertà d’espressione è stato significativamente eroso.

 

CONTESTO

Il conflitto divampato nel Tigray si è allargato ad altre regioni del paese, principalmente Amhara e Afar. Il conflitto armato e la violenza nelle regioni di Somali, Southern, Gambela, Oromia, Amhara e Benishangul-Gumuz hanno causato migliaia di morti tra i civili e sfollato intere comunità. Il conflitto e la siccità legata al cambiamento climatico nelle regioni di Afar, Amhara, Oromia, Somali e altre, hanno lasciato milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria.

 

DINIEGO DELL’ACCESSO UMANITARIO

Dall’inizio del conflitto a novembre 2020, il governo aveva imposto restrizioni agli aiuti umanitari destinati al Tigray. A marzo 2022 ha dichiarato una tregua umanitaria che ha permesso di incrementare significativamente il numero dei convogli umanitari nella regione, ma la fornitura degli aiuti è stata interrotta completamente ad agosto fino a novembre, in seguito alla ripresa dei combattimenti. La chiusura dei servizi bancari e dei canali di comunicazione imposta dal governo nel Tigray ha aggravato la crisi umanitaria. A novembre, tuttavia, è stato firmato l’accordo di cessazione delle ostilità (Accordo di Pretoria) e sono riprese parzialmente le consegne, le comunicazioni telefoniche e i voli passeggeri verso il Tigray. Secondo la Commissione internazionale di esperti delle Nazioni Unite sui diritti umani in Etiopia, il governo ha utilizzato la fame come arma di guerra.

 

ARRESTI E DETENZIONI ARBITRARI

Gli arresti di massa ordinati dal governo, effettuati su base etnica contro gli etiopi di etnia tigrina in molte parti del paese, tra cui Tigray occidentale, Afar, Addis Abeba e Amhara, potrebbero costituire crimini di guerra. Migliaia di detenuti sono stati tenuti in luoghi di detenzione ufficiali e non ufficiali senza supervisione giudiziaria e senza accesso agli avvocati. Le condizioni di detenzione nel Tigray occidentale erano particolarmente drammatiche, in quanto le autorità non fornivano cibo e acqua ai detenuti. Le comunità locali procuravano loro un po’ di cibo e acqua, ma in misura del tutto insufficiente.

A gennaio, le forze di sicurezza hanno trasferito con la forza migliaia di tigrini residenti nella regione di Afar nel campo di detenzione situato vicino alla città di Semera, dove sono rimasti per mesi. Il trasferimento forzato di civili, laddove non sia giustificato per garantire la loro protezione, e la loro conseguente detenzione arbitraria, potrebbe costituire un crimine di guerra. Decine di migliaia di tigrini residenti ad Addis Abeba e in altre città, detenuti da quando era stato proclamato stato d’emergenza, a novembre 2021, sono stati rilasciati senza accusa subito dopo la sua revoca a febbraio.

Il governo ha continuato a detenere illegalmente i leader di spicco del Fronte di liberazione oromo (Oromo Liberation Front – Olf) Michael Boran, Kenesa Ayana, Geda Aoljira, Dawit Abdeta, Lemi Benya, Geda Gebisa e Abdi Regassa. Erano in stato di detenzione dal 2020, nonostante le molteplici ordinanze di tribunale che ne avevano disposto il rilascio. In seguito a un’ordinanza emessa dalla Corte suprema federale a maggio, la polizia ha rilasciato il colonnello Gemechu Ayana, un altro alto funzionario dell’Olf, che era detenuto da quasi due anni per accuse di terrorismo. Dawud Ibsa, presidente dell’Olf, è stato rimesso in libertà dagli arresti domiciliari a marzo, dopo che il comitato elettorale nazionale dell’Etiopia aveva chiesto il suo rilascio. Era agli arresti domiciliari da maggio 2021.

A marzo e aprile, la polizia ha arrestato almeno 30 tra membri e leader del Balderas per la vera democrazia, un partito politico d’opposizione, mentre stavano celebrando delle festività nazionali ad Addis Abeba. Sono stati rilasciati senza accusa alcuni giorni dopo. A giugno, Sintayehu Chekol, leader di spicco del Balderas, è stato arrestato a Bahir Dar. Il tribunale ne ha disposto il rilascio su cauzione, ma la polizia lo ha trasferito ad Addis Abeba, dove è rimasto in stato di fermo e spostato ripetutamente tra diversi commissariati di polizia, fino al suo rilascio, a novembre.

 

ATTACCHI E UCCISIONI ILLEGALI

Le forze di sicurezza e i gruppi armati si sono resi responsabili di molteplici uccisioni illegali, dirette deliberatamente contro i civili nelle regioni di Oromia, Benishangul-Gumuz, Amhara, Tigray e Gambela; molti di questi atti potrebbero costituire crimini di guerra. A marzo, il servizio di comunicazione del governo etiope ha promesso che avrebbe svolto indagini e perseguito i responsabili delle uccisioni, ma a fine anno non erano disponibili informazioni pubbliche sull’avanzamento di queste indagini o azioni giudiziarie.

A marzo, sui social network è circolato un video che mostrava le forze di sicurezza che bruciavano vive tre persone. A giugno, un altro video di un’uccisione di massa nella zona speciale di Oromo, nella regione di Amhara, è diventato virale sul web. Nel video si vedevano le milizie amhara che massacravano a colpi d’arma da fuoco decine di persone, dopo averle fatte scendere dal retro di un camion.

Sempre a giugno, almeno 400 civili amhara, in prevalenza donne e bambini, sono stati uccisi sommariamente durante un attacco durato cinque ore nella località Tole della zona della Wellega occidentale, che sarebbe stato compiuto dalle forze dell’Esercito di liberazione oromo (Oromo Liberation Army – Ola). Le forze di sicurezza vicine all’area e le autorità locali non sono intervenute per fermare l’attacco. A luglio sono stati segnalati altri attacchi simili contro residenti amhara della zona Qelem Wellega, attribuiti alle forze dell’Ola, le quali hanno deliberatamente colpito centinaia di abitanti di etnia amhara.

Ad agosto e settembre, le milizie amhara Fano e le forze dell’Ola hanno ucciso centinaia di civili di etnia amhara e oromo in un attacco compiuto nella zona Horo Guduru Wellega dell’Oromia. Il 30 e 31 agosto, le forze amhara Fano hanno attaccato Agamsa, una città nell’Horo Guduru, uccidendo almeno 60 civili oromo. A settembre, centinaia di civili oromo e amhara di tre distretti dell’Horo Guduru sono stati uccisi in presunte azioni di rappresaglia, compiute ancora una volta dalle milizie amhara Fano e dalle forze dell’Ola.

A gennaio, ad Abala, una città della regione di Afar che confina con il Tigray, centinaia di civili sono stati uccisi dalle forze tigrine e dalle forze di polizia di Afar affiancate dalle milizie. Durante i combattimenti per il controllo di Abala, le forze di Afar hanno ucciso i civili e le forze tigrine hanno bombardato la città con lanci di artiglieria, uccidendone indiscriminatamente altre decine e compiendo così atti equiparabili a crimini di guerra.

Centinaia di civili sono morti sotto i molteplici raid aerei lanciati sul Tigray. Secondo le Nazioni Unite, i raid aerei compiuti a gennaio e attribuiti alle forze governative, hanno causato la morte di almeno un centinaio di civili a Dedebit. In seguito alla ripresa delle ostilità tra l’esercito federale e le forze tigrine ad agosto, nei raid aerei lanciati a Mekelle e Adi Daero, tra agosto e settembre, hanno trovato la morte centinaia di civili, bambini compresi. Il 26 agosto, un raid aereo ha centrato una scuola materna a Mekelle uccidendo almeno nove civili, compresi dei bambini.

 

VIOLENZA SESSUALE E DI GENERE

Le forze tigrine nella regione di Afar si sono rese responsabili di molteplici episodi di stupro e altra violenza sessuale legati al conflitto. Quattro sopravvissute hanno raccontato di essere state stuprate e abusate da membri delle forze tigrine. Una ha affermato di essere stata stuprata assieme alla figlia adolescente, la quale era rimasta incinta. Le donne sopravvissute a questi episodi hanno dovuto anche affrontare complicazioni mediche e psicosociali, derivanti dal dramma vissuto, come ad esempio l’abbandono da parte del marito e lo stigma sociale. Molte non si sentivano di poter raccontare le loro esperienze, a causa dei potenziali rischi di perdere i loro mezzi di sussistenza o le famiglie.

 

LIBERTÀ D’ESPRESSIONE

Il diritto alla libertà d’espressione è stato significativamente eroso, con le autorità che hanno arrestato almeno 29 giornalisti e operatori dei media nel Tigray, ad Addis Abeba, Amhara e Oromia. Le autorità tigrine hanno incriminato cinque giornalisti per “collaborazione con il nemico”; in altre parti, raramente i giornalisti e gli operatori dei media detenuti sono stati formalmente incriminati. Quando ai giornalisti detenuti veniva concesso il rilascio su cauzione, la polizia ritardava la scarcerazione appellandosi contro la decisione sulla cauzione.

A maggio, la polizia ha arrestato Temesgen Dessalegn, direttore del periodico Feteh, e lo ha successivamente accusato di avere rivelato segreti militari e diffuso dicerie false. È stato rilasciato a novembre previo pagamento di una cauzione di 30.000 birr etiopi (circa 560 dollari Usa). Alcuni giornalisti, tra cui Gobeze Sisay, Meskerem Abera e Yayesew Shimelis, sono stati arrestati dalle forze di sicurezza a maggio; Yayesew Shimelis è stato riarrestato a giugno, una settimana dopo il suo rilascio. Sono stati trattenuti per quattro giorni senza poter contattare i loro familiari o avvocati, e quindi rilasciati. A maggio, le autorità hanno anche espulso Tom Gardner, corrispondente della sede di Addis Abeba del settimanale The Economist, dopo che aveva subìto vessazioni online da parte di sostenitori del governo, per il suo lavoro d’informazione sull’Etiopia. Meskerem Abera è rimasto in carcere dopo essere stato nuovamente arrestato a dicembre dalla polizia federale, con accuse che includevano l’incitamento alla violenza e la diffamazione delle forze di difesa nazionali.

Il 30 dicembre, la polizia ha arrestato e trattenuto per un giorno il musicista Tewodros Assefa, per un testo che criticava la corruzione delle autorità locali di Addis Abeba.
A settembre, Alemu Sime, un alto funzionario governativo, ha convocato una riunione di organizzazioni della società civile e lanciato un monito ufficiale contro 35 di queste, per avere pubblicamente invocato un cessate il fuoco e l’avvio di colloqui di pace per porre fine al conflitto in vista dell’Nuovo anno etiope. Pochi giorni prima, le forze di sicurezza avevano proibito una conferenza dei media organizzata da associazioni e privati cittadini per pubblicizzare il loro appello congiunto a favore della pace.

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