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REPUBBLICA ISLAMICA DELL’IRAN

Capo di stato: Ali Khamenei (leader supremo)

Capo di governo: Ebrahim Raisi (presidente)

L’Iran è stato scosso da una rivolta popolare senza precedenti contro il sistema della repubblica islamica. Le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco illegalmente con proiettili veri e pallini metallici per annientare le proteste, uccidendo centinaia di uomini, donne e minori e ferendone migliaia. Altre migliaia di persone sono state arbitrariamente arrestate e/o perseguite ingiustamente, solo per avere esercitato pacificamente i loro diritti umani. Le donne, le persone Lgbti e le minoranze etniche e religiose hanno subìto livelli sempre più forti di discriminazione e violenza. Sparizioni forzate, tortura e altri maltrattamenti, compreso il diniego di adeguate cure mediche, sono rimaste pratiche diffuse e sistematiche. Sono state imposte e/o eseguite pene crudeli e disumane, come fustigazioni, amputazioni e accecamenti. La pena di morte è stata utilizzata in maniera crescente e sono riprese le esecuzioni pubbliche. I processi sono rimasti sistematicamente iniqui. Ha continuato a prevalere un clima di impunità sistemica per i crimini contro l’umanità attuali e per quelli del passato, come per i massacri nelle carceri risalenti al 1988 e altri crimini di diritto internazionale.

 

CONTESTO

Una rivolta popolare senza precedenti ha scosso l’Iran a partire da settembre, con la gente che ha invocato la fine del sistema della repubblica islamica. Le proteste a fine anno erano ancora in corso.

A marzo, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha rinnovato il mandato del Relatore speciale sull’Iran. A novembre, lo stesso organismo ha istituito una missione di accertamento dei fatti per indagare sulle violazioni dei diritti umani legate alla rivolta.

Le autorità hanno negato l’ingresso in Iran a tutti gli esperti indipendenti delle Nazioni Unite e agli osservatori internazionali, a eccezione del Relatore speciale sull’impatto negativo delle misure coercitive unilaterali sul godimento dei diritti umani.

A marzo, l’Iran ha siglato un accordo bilaterale con il Belgio, il Trattato di trasferimento delle persone condannate, che ha destato preoccupazione per il suo potenziale utilizzo per garantire l’impunità agli agenti statali iraniani arrestati e giudicati all’estero per gravi violazioni dei diritti umani. A dicembre, la Corte costituzionale del Belgio ha parzialmente sospeso l’implementazione del trattato ed era in procinto di pronunciarsi in merito al suo annullamento agli inizi del 2023.

L’Iran ha continuato a fornire sostegno militare alle forze governative nel conflitto armato in Siria (cfr. Siria).

L’Iran ha sostenuto l’invasione russa dell’Ucraina fornendo droni Shahed-136, che sono stati utilizzati per colpire e distruggere infrastrutture civili.

Tra settembre e ottobre, i Guardiani della rivoluzione hanno attaccato gruppi di opposizione curdi all’interno della regione del Kurdistan iracheno, provocando la morte di almeno una dozzina di persone, compresa una donna incinta.

 

LIBERTÀ D’ESPRESSIONE, ASSOCIAZIONE E RIUNIONE

Le autorità hanno innalzato i già soffocanti livelli di repressione, fino a togliere ogni spazio al dissenso pacifico.

Libertà d’espressione e associazione

Le autorità hanno censurato media, disturbato con interferenze canali televisivi satellitari e, a partire da settembre, hanno aggiunto Instagram e WhatsApp all’elenco delle applicazioni di telefonia mobile e piattaforme dei social network bloccate e/o filtrate, che comprendeva anche Facebook, Signal, Telegram, Twitter e YouTube.

Le autorità hanno ripetutamente bloccato o interrotto l’accesso a Internet e alle reti di telefonia mobile durante le proteste, per reprimere la mobilitazione e nascondere la portata delle violazioni compiute dalle forze di sicurezza.

Il disegno di legge sulla protezione degli utenti di Internet, che avrebbe ulteriormente eroso le libertà e l’accesso a Internet, era ancora in attesa di approvazione. A settembre, è stata emanata una direttiva che ha ulteriormente limitato l’accesso ai contenuti online.

Le autorità hanno messo al bando tutti i partiti politici indipendenti, le organizzazioni della società civile e i sindacati indipendenti e sottoposto a rappresaglie i lavoratori che scioperavano.

Libertà di riunione

Le autorità hanno sistematicamente adottato una risposta militarizzata alle proteste localizzate e di dimensione nazionale.

A maggio, le forze di sicurezza nella provincia del Khuzestan, così come nella provincia di Chaharmahal e Bakhtiari, hanno fatto uso illegale di proiettili veri, pallini da caccia, gas lacrimogeni e cannoni ad acqua, per annientare le proteste prevalentemente pacifiche contro l’impennata dei prezzi dei beni alimentari e per il crollo di un edificio che aveva causato perdite di vite umane ad Abadan, nella provincia del Khuzestan. Almeno quattro persone sono rimaste uccise. Decine di altre, compresi bambini, hanno riportato ferite da pallini da caccia, il cui impiego viola il divieto di tortura e altro maltrattamento1.

Il decesso in custodia di Mahsa (Zhina) Amini per mano della cosiddetta polizia “morale” iraniana, il 16 settembre, ha innescato una rivolta nell’intera nazione che è continuata per il resto dell’anno. Le autorità hanno utilizzato in maniera estensiva e illegale proiettili veri, pallini metallici e gas lacrimogeni e hanno sottoposto i manifestanti a duri pestaggi. Amnesty International ha raccolto i nomi di centinaia di manifestanti e passanti uccisi illegalmente dalle forze di sicurezza, tra cui decine di minori2. Centinaia sono stati accecati o hanno riportato gravi lesioni oculari causate da pallini metallici esplosi dalle forze di sicurezza.

Migliaia di altri hanno riportato ferite per le quali in molti rinunciavano a farsi medicare per paura di essere arrestati.

Oltre la metà delle persone uccise apparteneva alla minoranza oppressa baluci della provincia del Sistan e Balucistan, oltre che alla minoranza oppressa curda delle provincie del Kurdistan, Kermanshah e Azerbaigian occidentale.

Studenti che protestavano pacificamente sono stati espulsi dalle università e dalle scuole e sottoposti a violente aggressioni, percosse e altro maltrattamento.

 

DETENZIONE ARBITRARIA E PROCESSI INIQUI

Durante l’anno, migliaia di persone sono state arbitrariamente arrestate e/o perseguite in procedimenti iniqui per avere esercitato pacificamente i loro diritti umani; molte sono rimaste incarcerate ingiustamente.

Da una registrazione audio di una nota ufficiale fatta trapelare è emerso che, nelle prime settimane della rivolta, erano state arrestate dalle 15.000 alle 16.000 persone. Le autorità hanno continuato a effettuare arresti arbitrari di massa fino a fine anno e hanno sottoposto molti dei fermati a indebite azioni penali e processi viziati.

Due giovani uomini sono stati messi a morte in relazione alla rivolta diffusasi su scala nazionale al termine di processi farsa e senza informare preventivamente la famiglia, mentre decine di altri erano in attesa di esecuzione o rimanevano sotto processo per accuse capitali oltremodo vaghe, come “inimicizia contro Dio” (moharebeh) e “corruzione sulla terra” (efsad-e fel-arz).

Le autorità hanno ulteriormente represso la società civile, sottoponendo a detenzione arbitraria e/o indebiti procedimenti penali centinaia di difensori dei diritti umani, avvocati, giornalisti, dissidenti politici, attivisti, ambientalisti, scrittori, artisti, musicisti, studenti di scuole e università.

Centinaia di lavoratori, compresi insegnanti, sono incorsi in detenzioni arbitrarie per avere scioperato, partecipato ai raduni organizzati in occasione della Giornata internazionale dei lavoratori e/o per avere altrimenti sollevato rivendicazioni riguardanti i diritti dei lavoratori.

È proseguita la pratica delle autorità di detenere arbitrariamente cittadini stranieri o con la doppia cittadinanza come leva di scambio e, in alcuni casi, questa era equiparabile al crimine di presa di ostaggi3.

La detenzione arbitraria agli arresti domiciliari dei dissidenti Mehdi Karroubi, Mir Hossein Mousavi e Zahra Rahnavard è entrata nel suo 12° anno.

La magistratura era caratterizzata da mancanza di indipendenza e sopraintendeva un apparato repressivo costellato da sistematiche violazioni delle procedure dovute, incluso il diniego di accedere a un avvocato durante la fase investigativa, sparizioni forzate, detenzioni in incommunicado, ammissione agli atti di “confessioni” estorte sotto tortura e processi farsa sommari e segreti che non assomigliavano minimamente a dei procedimenti giudiziari e che determinavano pene carcerarie, fustigazioni e condanne a morte.

 

TORTURA E ALTRO MALTRATTAMENTO

Le autorità hanno fatto ricorso in maniera diffusa e sistematica a tortura e altri maltrattamenti, anche tramite prolungati periodi in regime di isolamento e il deliberato diniego di cure mediche.

Le “confessioni” forzate ottenute sotto tortura e altro maltrattamento sono state trasmesse alla televisione di stato.

Sia le direzioni delle carceri che le procure sotto la direzione della magistratura hanno trattenuto i prigionieri in condizioni crudeli e disumane, caratterizzate da sovraffollamento, assenza di igiene, cibo e acqua potabile inadeguati, letti insufficienti, scarsa ventilazione e infestazioni di insetti.

Decine di persone sono morte in custodia in circostanze sospette, legate a possibili episodi di tortura fisica e/o diniego di cure mediche adeguate. Su questi casi non sono state condotte indagini in linea con gli standard internazionali.

Il codice penale ha continuato a prevedere punizioni corporali che violavano il divieto di tortura e altro maltrattamento, tra cui fustigazione, accecamento, amputazione, crocifissione e lapidazione.

Tra maggio e settembre, le autorità hanno amputato le dita di almeno cinque uomini giudicati colpevoli di furto: quattro nel carcere di Evin, nella provincia di Teheran, e uno nella prigione di Raja’i Shahr, nella provincia di Alborz4.

A ottobre, i casi di due uomini e una donna sono stati trasmessi all’ufficio per l’implementazione delle sentenze di Teheran, per eseguire le loro condanne all’accecamento in base al principio della “restituzione dello stesso tipo” (qesas). A fine anno non erano emerse informazioni pubbliche sull’implementazione delle condanne.

Secondo l’Ong Centro Abdorrahman Boroumand, durante l’anno i tribunali hanno emesso almeno 178 condanne alla fustigazione.

 

DISCRIMINAZIONE

Minoranze etniche

Le minoranze etniche, tra cui arabi ahwazi, turchi azeri, baluci, curdi e turkmeni, hanno subìto una radicata discriminazione, che ha limitato il loro accesso all’istruzione, al lavoro, a un alloggio adeguato e agli incarichi politici. Le regioni popolate da minoranze continuavano a essere penalizzate da scarsi investimenti che esacerbavano situazioni di povertà ed emarginazione.

Nonostante i ripetuti appelli alla diversità linguistica, il persiano è rimasto l’unica lingua d’insegnamento nell’istruzione primaria e secondaria.

Le forze di sicurezza hanno ucciso illegalmente decine di corrieri transfrontalieri curdi disarmati (kulbar), tra le regioni del Kurdistan iraniano e iracheno, e portatori di carburante disarmati baluci (soukhtbar), nella provincia del Sistan e Balucistan. Su questi episodi le autorità non hanno aperto indagini per individuare i responsabili.

Minoranze religiose

Le minoranze religiose, tra cui baha’i, cristiani, dervisci di Gonabadi, ebrei, adepti del culto di Yaresan e musulmani sunniti, hanno subìto discriminazioni nella legge e nella prassi, anche nell’accesso all’istruzione, al lavoro, all’adozione dei figli, agli incarichi politici e ai luoghi di culto. Centinaia sono stati arbitrariamente detenuti, perseguiti ingiustamente, torturati o altrimenti maltrattati e/o sottoposti ad altre forme di vessazione per avere professato o praticato la loro fede. Persone nate da genitori classificati come musulmani dalle autorità sono rimaste a rischio di detenzione arbitraria, tortura o pena di morte per “apostasia” se adottavano altre religioni o si professavano atei.

I membri della minoranza baha’i hanno subìto violazioni diffuse e sistematiche per avere praticato la loro fede, tra cui detenzione arbitraria, interrogatori, tortura e altro maltrattamento e sparizione forzata. Le autorità hanno inoltre perseguitato la comunità baha’i chiudendo forzatamente le loro attività commerciali, confiscando loro decine di proprietà, distruggendo le loro case e cimiteri ed escludendoli dall’istruzione superiore. A giugno, una corte d’appello ha confermato un verdetto che autorizzava la confisca di 18 proprietà di membri della comunità baha’i nella provincia di Semnan. Ad agosto, le autorità hanno raso al suolo con i bulldozer sei case di membri della comunità baha’i e confiscato più di 20 ettari di terreno in un villaggio della provincia di Mazandaran, determinando la perdita dei loro mezzi di sostentamento5.

Le autorità hanno fatto irruzione nelle chiese e sottoposto i musulmani convertiti al cristianesimo ad arresti arbitrari, confisca di beni personali, persecuzione per accuse in materia di sicurezza nazionale e punizioni come carcerazioni, multe ed “esilio” interno.

Diversi dervisci di Gonabadi sono rimasti ingiustamente incarcerati.

Persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate

Le persone Lgbti hanno subìto sistemiche discriminazioni e violenze. La condotta omosessuale consensuale è rimasta un reato punibile con sanzioni che andavano dalla fustigazione alla pena di morte. Le cosiddette “terapie di conversione”, avallate dallo stato, equivalenti a tortura o altro maltrattamento, continuavano a essere diffuse e praticate anche su minorenni. La terapia ormonale e le pratiche chirurgiche come la sterilizzazione erano obbligatorie per cambiare legalmente il genere. Le persone di genere non conforme rischiavano di essere criminalizzate ed escluse dall’istruzione e dal lavoro.

Ad agosto, la difensora dei diritti umani Zahra Sedighi-Hamadani, conosciuta come Sareh, e un’altra donna, Elham Choubdar, sono state condannate a morte da un tribunale rivoluzionario di Urumieh, nella provincia dell’Azerbaigian occidentale, per “corruzione sulla terra” a causa del loro reale o percepito orientamento sessuale e/o dell’identità di genere e delle loro attività sui social network a sostegno delle comunità Lgbti6. La Corte suprema ha annullato i verdetti di colpevolezza e la loro condanna a dicembre e ha disposto un nuovo processo.

Donne e ragazze

Le autorità hanno continuato a trattare le donne come cittadine di seconda classe, anche in relazione a questioni come matrimonio, divorzio, custodia dei figli, impiego, eredità e cariche politiche.

L’età legale del matrimonio per le ragazze è rimasta a 13 anni e i padri potevano ottenere il permesso dai tribunali affinché le figlie si sposassero ancora prima.

Donne e ragazze si sono mobilitate in prima linea nella rivolta popolare, protestando contro decenni di discriminazione e violenza di genere, e sfidando le norme discriminatorie e degradanti sull’obbligo di indossare il velo, che le portavano a subire molestie quotidiane e violenze da parte di attori statali e non statali, detenzioni arbitrarie, tortura e altro maltrattamento e diniego di accesso all’istruzione, all’impiego e agli spazi pubblici.

L’applicazione di tali norme è diventata più rigida a metà 2022, culminando a settembre con la morte in custodia di Mahsa (Zhina) Amini, alcuni giorni dopo essere stata picchiata violentemente durante l’arresto dalla polizia “morale” iraniana, con resoconti credibili di tortura e altro maltrattamento.

Le autorità non hanno fornito alle donne in carcere un’assistenza medica adeguata e che tenesse conto del genere.

Il disegno di legge sulla “difesa della dignità e la protezione delle donne contro la violenza”, all’esame da oltre un decennio, è rimasto bloccato in parlamento. I legislatori non hanno riveduto il documento al fine di definire la violenza domestica come un reato distinto, criminalizzare lo stupro maritale e il matrimonio precoce o garantire pene proporzionate alla gravità dei crimini commessi per gli uomini che uccidono mogli o figlie.

 

DIRITTI DI RIFUGIATI E MIGRANTI

Le forze di sicurezza hanno aperto illegalmente il fuoco con proiettili veri contro uomini, donne e minori afgani che tentavano di valicare il confine tra Afghanistan e Iran, causando uccisioni illegali. Gli afgani che riuscivano a entrare in Iran erano arbitrariamente detenuti e torturati e altrimenti maltrattati, prima di essere rimpatriati con la forza al di fuori delle procedure dovute.

 

PENA DI MORTE

Sono aumentate le esecuzioni rispetto all’anno precedente e, dopo una sospensione di due anni, sono riprese le esecuzioni pubbliche.

Le autorità hanno utilizzato la pena capitale come uno strumento di repressione politica contro manifestanti, dissidenti e membri di minoranze etniche.

Un numero sproporzionato di esecuzioni ha riguardato membri dell’oppressa minoranza baluci. La pena di morte è stata comminata al termine di processi gravemente iniqui, anche per

reati che non raggiungevano la soglia dei “reati più gravi”, come traffico di droga, corruzione finanziaria, vandalismo e per atti che non sono riconosciuti come reati secondo il diritto internazionale, incluso il pacifico esercizio del diritto alla libertà d’espressione.

Diverse persone sono state messe a morte per reati che risalivano a quando erano minorenni; decine di altre rimanevano nel braccio della morte per reati commessi a un’età inferiore ai 18 anni.

 

IMPUNITÀ

Nessun pubblico ufficiale è stato indagato o chiamato a rispondere per le esecuzioni extragiudiziali e altre uccisioni illegali, torture, sparizioni forzate e altre gravi violazioni dei diritti umani compiute nel 2022 o negli anni precedenti.

Le autorità hanno nascosto il numero reale delle persone uccise dalle forze di sicurezza durante le proteste, attribuendo le morti a “rivoltosi” o, in alcuni casi, riguardanti tra l’altro minorenni uccisi, sostenendo che le loro morti erano riconducibili a suicidi o incidenti. Hanno archiviato le denunce dei familiari delle vittime e minacciato di uccidere loro o i loro figli se avessero denunciato apertamente gli abusi.

Non è stata condotta un’indagine indipendente sulla morte in custodia di Mahsa (Zhina) Amini. Le autorità hanno negato ogni responsabilità, occultato prove di vitale importanza e minacciato la sua famiglia e altri che contestavano la narrazione ufficiale e chiedevano verità e giustizia7.

Parenti che cercavano di ottenere verità e giustizia e testimoni delle proteste di novembre 2019, che avevano reso la loro deposizione davanti al tribunale popolare internazionale sulle atrocità dell’Iran a Londra, nel Regno Unito, sono incorsi in detenzioni arbitrarie e altre forme di vessazione8.

Non è stata aperta alcuna indagine indipendente sull’uso della forza illegale contro i prigionieri nel carcere di Evin, a ottobre, e sulle circostanze legate alla morte di almeno otto reclusi9.

Le autorità hanno continuato a nascondere la verità riguardante l’abbattimento del volo 752 della Ukraine International Airlines, colpito da un missile a gennaio 2020 e costato la vita a 176 persone. Ad agosto, la magistratura ha annunciato di avere ritrasmesso all’ufficio del pro- curatore il caso dei 10 ufficiali di basso rango processati davanti a un tribunale militare, per il loro coinvolgimento nel lancio del missile per “vizi nell’indagine”.

È prevalsa ancora l’impunità per i crimini contro l’umanità riguardanti le esecuzioni di massa e le sparizioni forzate del 1988, con molti degli indiziati che ricoprivano posizioni influenti, compreso il presidente. Alti muri di cemento sono stati eretti intorno alle fosse comuni di Khavaran, dove si ritiene siano seppelliti i resti di diverse centinaia di vittime, sollevando preoccupazioni per la sicurezza del sito10. A luglio, un tribunale svedese ha condannato l’ex funzionario iraniano Hamid Nouri alla pena dell’ergastolo, per reati riguardanti i massacri compiuti nelle carceri nel 1988, in seguito a uno storico processo celebrato in base al principio della giurisdizione universale.

 

FALLIMENTO NELL’AFFRONTARE LA CRISI CLIMATICA E IL DEGRADO AMBIENTALE

Esperti ambientali hanno criticato l’incapacità delle autorità di affrontare la crisi ambientale dell’Iran, segnata dall’inaridimento di laghi, fiumi e terre umide; deforestazione; inquinamento dell’aria; contaminazione dell’acqua causata dallo scarico di acque reflue nelle falde idriche; subsidenza del terreno.

A luglio, l’Iran è stato uno degli otto paesi che si sono astenuti al voto di una risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, adottata con 161 stati a favore, che ha dichiarato l’accesso a un ambiente pulito, salubre e sostenibile un diritto umano universale.

 

Note:
1 Iran: They are Shooting Brazenly: Iran’s Militarized Response to May 2022 Protests, 3 agosto.
2 Iran: Leaked Official Documents Ordering Deadly Crackdown Highlight Need for International Action, 30 settembre.
3 Iran: The Crime of Holding Nazanin Zaghari-Ratcliffe Hostage Must Not Go Unpunished, 1° giugno.
4 Iran: Finger amputation risk for eight prisoners, 16 giugno.
5 Iran: Intensified assault on Iran’s Baha’i minority, 23 agosto.
6 Iran: Iranian LGBTI defender sentenced to death: Zahra Sedighi-Hamadani & Elham Choubdar, 15 settembre.
7 Iran: Urgent International Action Needed to Ensure Accountability for Mahsa Amini’s Death in Custody, 27 settembre.
8 Iran: Authorities Violating Absolute Prohibition of Torture Through Harassment of Witnesses Involved in Iran Atrocities Tribunal, 7 aprile.
9 Iran: Tortured prisoners at Evin prison are in urgent need of international protection, 18 ottobre.
10 Iran: Walls erected around graves of massacre victims show urgent need for international investigation, 13 settembre.

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