Nel 2021 viene finalmente discusso in parlamento un disegno di legge per contrastare la discriminazione che include in modo esplicito anche le forme di odio contro la comunità Lgbtqia+, la misoginia e l’abilismo.
E non passa.
Non passa neanche la necessità di cambiamento. Non passano l’orgoglio, l’amore, la rabbia, la paura, la speranza.
Nel mese di ottobre 2021, il ddl Zan (chiamato così perché proposto dal deputato Alessandro Zan) viene affossato in Senato. Il testo prevedeva che alcune delle disposizioni contenute nell’articolo 604 bis del codice penale per contrastare la “propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa” (come la previsione della reclusione fino a quattro anni) venissero estese anche alle discriminazioni basate su sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità. Trascorsi sei mesi il Partito democratico annuncia di aver ripresentato il testo, stavolta partendo dal Senato, identico a quello che a suo tempo era stato presentato da Zan.
Amnesty International avvia una campagna a sostegno dell’approvazione del dispositivo, per dare finalmente risposta a un bisogno che “non passa”, quello di strumenti legislativi efficaci per la prevenzione e il contrasto della discriminazione, includendo in modo esplicito tra le forme di discriminazione anche quella contro la comunità Lgbtqia+, la misoginia e l’abilismo.
Trascorrono altri mesi e a ottobre 2022 si insedia un Governo di destra. Il deputato Alessandro Zan annuncia di aver depositato nuovamente il testo, questa volta privo degli articoli che erano stati oggetto delle polemiche più aspre.
Amnesty International continua a sostenere l’urgenza di una normativa che intervenga su questa materia: una legge può non passare, ma non passa la necessità di cambiamento sulla quale si fonda. Quella di colmare un vergognoso vuoto che non consente di combattere in modo adeguato gli atti discriminatori verso la comunità Lgbtqia+, oppure basati su misoginia e abilismo; che non riconosce il diritto a non essere discriminato di chi è attaccato su queste basi.
Orientamento sessuale, identità di genere, espressione di genere e caratteri sessuali sono causa di discriminazione, esclusione sociale ed economica in moltissimi stati del mondo.
La comunità Lgbtqia+ subisce trattamenti iniqui su ampia scala che colpiscono molti aspetti della vita pubblica e privata delle persone, esponendole a molteplici violazioni dei diritti umani: stigmatizzazione, aggressioni, criminalizzazione, bullismo, discriminazioni nel mondo del lavoro, nell’accesso ai servizi sanitari, nel godimento dei diritti sessuali e riproduttivi e del diritto a formare una famiglia.
Spesso accade che le persone Lgbtqia+ siano aggredite, picchiate e persino uccise per ciò che sono.
Leggi l’approfondimento sui diritti Lgbtqia+.
Al presidente del Senato Ignazio La Russa
Al presidente della Camera Lorenzo Fontana
Egregi presidenti,
è necessario intervenire con urgenza per porre un freno agli atti discriminatori quali sono i discorsi e i crimini d’odio contro la comunità Lgbtqia+, misogini- o di matrice abilista.
In Italia non esiste ancora una normativa specifica: un vuoto giuridico ingiustificabile, che danneggia il lavoro di contrasto della discriminazione nelle sue varie forme e di tutela e supporto di chi ne è vittima. Un vuoto in cui le discriminazioni quotidianamente vissute da tante, troppe persone risultano tollerate. Un vuoto che impedisce la realizzazione di un monitoraggio e di una raccolta dati che permettano di fotografare con precisione tali fenomeni e contrastarli.
Già nel 2021 l’Italia ha perso l’occasione di fare il primo e doveroso passo avanti in questa direzione con l’affossamento del cosiddetto ddl Zan, poiché il dispositivo avrebbe modificato gli articoli 604 bis e ter del codice penale nell’ambito dei delitti contro l’eguaglianza, aggiungendo alle fattispecie già provviste di tutela (‘razziali’, etniche, nazionali o religiose) quelle fondate “sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”.
I dati – quelli esistenti, quelli che sotto-rappresentano, quelli mancanti – denunciano la gravità della situazione: solo nel 2020 l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (Oscad, ministero dell’Interno) ha comunicato all’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa di aver registrato 1.111 crimini o discorsi d’odio. Di questi, 71 “per orientamento sessuale-identità di genere”, tra cui un caso di omicidio, 19 aggressioni fisiche, 28 di incitamento alla violenza; 192 “per disabilità”, di cui un omicidio, 44 aggressioni fisiche, nove casi di violenza sessuale, sei di incitamento alla violenza. Dati, purtroppo, al ribasso. Non esistono dati Oscad relativi a discorsi o crimini d’odio basati sul genere.
Per questo, chiediamo:
- che si giunga all’approvazione del disegno di legge recante “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”, recentemente presentato in Senato;
- che ogni futuro dispositivo legislativo per il contrasto alla discriminazione includa in modo esplicito tutti gli ambiti di discriminazione, inclusi quelli relativi all’odio contro la comunità Lgbtqia+, all’odio misogino e all’abilismo;
- che sia approvata l’istituzione di una Commissione nazionale per la promozione e la protezione dei diritti umani fondamentali e per il contrasto alle discriminazioni, che sia in grado di monitorare l’impatto delle politiche di identificazione e contrasto delle varie forme di discriminazione;
- che siano migliorati i meccanismi di raccolta dati sistematica relativa a discorsi e crimini d’odio, includendo tutti gli ambiti di discriminazione e prevedendo specifici strumenti e strategie per contrastare il fenomeno della sotto-rappresentazione. I dati dovranno essere disaggregati, aggiornati e pubblici;
- che sia garantito lo stanziamento di risorse sufficienti ad assicurare che i pubblici ufficiali che entrano in contatto con le vittime di discriminazione ricevano formazione specifica rispetto ai bisogni delle vittime stesse, così da garantire un servizio imparziale, rispettoso, professionale;
- in caso di avvio di un procedimento legale, sia garantito alle vittime di discorsi e crimini d’odio supporto legale e psicologico, nel rispetto della loro privacy.