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Amnesty International si oppone incondizionatamente alla pena di morte, ritenendola una punizione crudele, disumana e degradante ormai superata, abolita nella legge o nella pratica (de facto), da più di due terzi dei paesi nel mondo.
La pena di morte viola il diritto alla vita, è irrevocabile e può essere inflitta a innocenti. Non ha effetto deterrente e il suo uso sproporzionato contro poveri ed emarginati è sinonimo di discriminazione e repressione.
Oggi, più di due terzi dei paesi al mondo ha abolito la pena capitale per legge o nella pratica.
Nel 2021 Amnesty International ha registrato 579 esecuzioni in 18 stati, con un aumento del 20 per cento rispetto al 2020. Si tratta del più basso dato registrato nell’ultimo decennio. Nonostante questi passi indietro, il totale delle esecuzioni registrate da Amnesty International nel 2021 è il secondo più basso, dopo quello del 2020, almeno a partire dal 2010. La maggior parte delle esecuzioni note è avvenuta in Cina, Iran, Egitto, Arabia Saudita e Siria – nell’ordine.
La Cina rimane il paese dove il boia è più attivo al mondo – ma il reale ricorso alla pena di morte rimane sconosciuto poiché queste informazioni sono classificate come segreto di Stato; per questo motivo le cifre globali riguardo esecuzioni e condanne a morte stilate da Amnesty International escludono le migliaia di persone che l’organizzazione ritiene siano state messe a morte o condannate in Cina.
Bielorussia, Giappone e Emirati Arabi Uniti hanno fatto nuovamente ricorso alla pena di morte. Amnesty International non ha registrato esecuzioni in India, Qatar e Taiwan, paesi che avevano messo a morte nel 2020.
L’Iran ha messo a morte almeno 314 persone (in aumento da almeno 246 nel 2020), il numero più alto di esecuzioni dal 2017, in contro-tendenza rispetto le diminuzioni annuali registrate da allora.
Il numero di esecuzioni registrate in Arabia Saudita è aumentato vertiginosamente, da 27 a 65, con un aumento del 140% percento.
Alla fine del 2021, più di due terzi dei paesi del mondo hanno abolito la pena capitale nelle leggi e nella pratica. 108 paesi, la maggior parte degli Stati, avevano abolito la pena capitale per legge per tutti i crimini e 144 paesi avevano abolito la pena di morte per legge o nella pratica. 55 paesi mantengono la pena capitale.
Ovunque la pena di morte sia applicata, il rischio di mettere a morte persone innocenti non può essere eliminato. Dal 1973 negli Usa sono stati rilasciati 167 prigionieri dopo che erano emerse nuove prove della loro innocenza. Alcuni di questi sono arrivati a un passo dall’esecuzione dopo aver trascorso molti anni nel braccio della morte.
In ognuno di questi casi sono emerse caratteristiche simili e ricorrenti: indagini poco accurate da parte della polizia, assistenza legale inadeguata, utilizzo di testimoni non affidabili e di prove o confessioni poco attendibili. Ma non solo. Negli Usa, purtroppo, sono diversi i casi di prigionieri messi a morte nonostante l’esistenza di molti dubbi sulla loro colpevolezza.
Il problema della potenziale esecuzione di un innocente non è solo limitato agli Usa.
Cheng Hsing-tse è stato prosciolto a Taiwan nel 2017 dopo sette procedimenti giudiziari e otto processi in appello. L’uomo ha trascorso 14 anni in stato di detenzione, di cui 10 nel braccio della morte. Nel 2016, Zang Aiyun è stato assolto dall’accusa di omicidio in Cina dopo 11 anni e 9 mesi di prigione. In Vietnam, Tran Van Them, 80 anni, è stato prosciolto da ogni accusa e liberato dal braccio della morte dopo 43 anni.
I trattati internazionali sui diritti umani vietano l’applicazione della pena di morte nei confronti di persone che avevano meno di 18 anni al momento del reato. Sia il Patto internazionale sui diritti civili e politici sia la Convenzione sui diritti dell’infanzia proibiscono tale pratica. Nonostante ciò, un piccolo numero di paesi al mondo continua a mettere a morte minorenni.
Queste esecuzioni rappresentano una percentuale molto bassa rispetto al numero totale di persone messe a morte nel mondo, ma il loro significato va ben oltre il semplice dato e chiama in causa l’impegno degli Stati a rispettare il diritto internazionale e le numerose forme di tutela ormai riconosciute dalla comunità internazionale a protezione dei diritti dei minorenni.
Dal 1990 abbiamo documentato 151 esecuzioni di minorenni in nove paesi: Arabia Saudita, Cina, Repubblica Democratica del Congo, Iran, Nigeria, Pakistan, Usa, Sudan e Yemen.
Nel 2021 quattro persone sono state messe a morte per crimini avvenuti quando avevano meno di 18 anni: in Iran (3) e Yemen (1). Amnesty International ritiene che altre persone appartenenti a questa categoria si trovino nel braccio della morte alle Maldive, in Myanmar e Iran.
Negli Stati Uniti d’America, grazie anche alla campagna di Amnesty International, la Corte suprema Usa nel 2005 ha dichiarato incostituzionale l’applicazione della pena di morte per i minorenni all’epoca del reato, allineando in questo modo la legislazione agli standard internazionali riconosciuti.
Più di due terzi dei paesi al mondo ha abolito la pena di morte per legge o nella prassi. Al 31 dicembre 2021 i paesi erano così suddivisi:
Quelli che seguono sono gli elenchi degli stati suddivisi nelle quattro categorie.
I PAESI ABOLIZIONISTI PER TUTTI I REATI
Albania, Andorra, Angola, Argentina, Armenia, Australia, Austria, Azerbaigian, Belgio, Benin, Bhutan, Bolivia, Bosnia ed Erzegovina, Bulgaria, Burundi, Capo Verde, Cambogia, Canada, Ciad, Colombia, Congo (Repubblica del), Isole Cook, Costa Rica, Costa d’Avorio, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Gibuti, Repubblica Dominicana, Ecuador, Estonia, Figi, Finlandia, Francia, Gabon, Georgia, Germania, Grecia, Guinea, Guinea-Bissau, Haiti, Honduras, Ungheria, Islanda, Irlanda, Italia, Kazakistan, Kiribati, Kosovo*, Kirghizistan, Lettonia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Madagascar, Malta, Isole Marshall, Mauritius, Messico, Micronesia, Moldavia, Monaco, Mongolia, Montenegro, Mozambico, Namibia, Nauru, Nepal, Paesi Bassi, Papua Nuova Guinea, Nuova Zelanda, Nicaragua, Niue, Nord Macedonia, Norvegia, Palau, Panama, Paraguay, Filippine, Polonia, Portogallo, Romania, Ruanda, Samoa, San Marino, São Tomé e Principe, Senegal, Serbia, Seychelles, Slovacchia, Slovenia,
Isole Salomone, Sud Africa, Spagna, Suriname, Svezia, Svizzera, Timor Est, Togo, Turchia, Turkmenistan, Tuvalu, Regno Unito, Ucraina, Uruguay, Uzbekistan, Vanuatu, Città del Vaticano, Venezuela.
ABOLIZIONISTA SOLO PER REATI COMUNI
Paesi le cui leggi prevedono la pena di morte solo per reati eccezionali come i reati previsti dal diritto militare o delitti commessi in circostanze eccezionali:
Brasile, Burkina Faso, Cile, El Salvador, Guatemala, Israele, Perù.
ABOLIZIONISTA DE FACTO
Paesi abolizionisti de facto poiché, per quanto mantengano la pena capitale per reati comuni come l’omicidio, non vi si registrano esecuzioni da almeno dieci anni oppure hanno stabilito una prassi o hanno assunto un impegno a livello internazionale a non eseguire condanne a morte:
Algeria, Brunei Darussalam, Camerun, Repubblica Centrafricana, Eritrea, Eswatini (ex Swaziland), Ghana, Grenada, Kenya, Laos, Liberia, Malawi, Maldive, Mali, Mauritania, Marocco/Sahara occidentale, Myanmar, Niger, Federazione Russa,236 Sierra Leone, Corea del Sud (Repubblica di Corea), Sri Lanka, Tagikistan, Tanzania, Tonga, Tunisia, Zambia.
MANTENITORI
Paesi che mantengono la pena di morte per reati ordinari:
Afghanistan, Antigua e Barbuda, Bahamas, Bahrain, Bangladesh, Barbados, Bielorussia, Belize, Botswana, Cina, Comore, Cuba, Repubblica Democratica del Congo, Dominica, Egitto, Guinea equatoriale, Etiopia, Gambia, Guyana, India, Indonesia, Iran, Iraq, Giamaica, Giappone, Giordania, Kuwait, Libano, Lesotho, Libia, Malesia, Nigeria, Corea del Nord (Repubblica Democratica Popolare di Corea), Oman, Pakistan, Palestina (Stato di), Qatar, Saint Kitts e Nevis, Santa Lucia, Saint Vincent e il Grenadine, Arabia Saudita, Singapore, Somalia, Sud Sudan, Sudan, Siria, Taiwan, Thailandia, Trinidad e Tobago, Uganda, Emirati Arabi Uniti, USA, Vietnam, Yemen, Zimbabwe.
In Cina centinaia di casi documentati di pena di morte non sono presenti nel registro giudiziario online, da subito pubblicizzato come un “passo avanti decisivo verso l’apertura” e regolarmente citato come prova che il sistema giudiziario cinese non ha nulla da nascondere.
Il registro in realtà contiene solo una piccola parte delle migliaia di condanne a morte che riteniamo siano emesse ogni anno in Cina. Sulla base di fonti pubbliche cinesi tra il 2014 e il 2016 sono state eseguite almeno 931 condanne a morte, solo 85 delle quali sono riportate nel registro.
Il registro, inoltre, non contiene i nomi dei cittadini straniericondannati a morte per reati di droga, sebbene i mezzi d’informazione locali abbiano dato notizia di almeno 11 esecuzioni. Sono assenti anche numerosi casi relativi a “reati di terrorismo“.
Negli ultimi anni il rischio di essere messi a morte per reati non commessi ha suscitato allarme nell’opinione pubblica cinese. Nel dicembre 2016 la Corte suprema del popolo ha riconosciuto l’errore giudiziario in uno dei casi più noti, l’esecuzione di Nie Shubin, messo a morte 21 anni prima all’età di 20 anni. Sempre lo scorso anno i tribunali cinesi hanno riconosciuto l’innocenza di quattro condannati a morte annullandone la sentenza.
Le esecuzioni negli Stati Uniti d’America nel 2021 hanno raggiunto la cifra più bassa (11) in quasi 30 anni (erano 14 nel 1991). Le esecuzioni sono diminuite del 35% rispetto al 2020 (17), e del 74% rispetto a dieci anni prima (erano 43 nel 2012).
La Virginia è diventata il 23° stato abolizionista negli Stati Uniti d’America; l’Ohio, per il terzo anno consecutivo, ha riprogrammato o sospeso tutte le esecuzioni. La nuova amministrazione statunitense ha disposto una moratoria temporanea sulle esecuzioni federali a luglio, dopo che altre tre di queste esecuzioni erano state effettuate durante l’ultima settimana dell’amministrazione uscente.
Nel resto delle Americhe non si sono registrate esecuzioni per il 13° anno consecutivo.
Appena dopo la fondazione nel 1961, abbiamo iniziato a inviare appelli per fermare le esecuzioni di prigionieri di coscienza. Un lavoro che oggi avviene a prescindere dal reato o dal comportamento sanzionato come reato, e indipendentemente dalla presenza o assenza dell’attenzione dei mezzi di informazione o del pubblico sui singoli casi.
A livello internazionale siamo tra i membri fondatori della Coalizione mondiale contro la pena di morte (World Coalition Against Death Penalty, WCADP) e coordiniamo le attività della Rete asiatica contro la pena di morte (Anti-Death Penalty Asia Network, ADPAN). Dal 2014 collaboriamo con la Task force contro la pena di morte, istituita dal ministero degli affari esteri, affinché il voto biennale sulla moratoria sulla pena di morte all’Assemblea generale delle Nazioni unite raccolga sempre di più il maggior numero di voti favorevoli.
Infine monitoriamo costantemente l’applicazione della pena di morte nel mondo fornendo dati e informazione in una pubblicazione annuale.
Il nostro impegno continuerà fino a quando: