Dilagano le atrocità nelle regioni anglofone del Camerun

4 Luglio 2023

Bamenda, 22 settembre 2017 - Foto STRINGER/AFP/Getty Images

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Amnesty International ha lanciato oggi un nuovo rapporto che descrive ampie violazioni dei diritti umani e altri crimini previsti dalla legislazione nazionale, commessi nelle regioni anglofone del Camerun. L’organizzazione ha sollecitato le autorità camerunesi ad agire per porre fine alle violenze contro la popolazione e a condurre indagini approfondite sulle uccisioni, gli atti di tortura, gli stupri, gli incendi di case e altre atrocità commesse contro la popolazione.

Il rapporto, “Con noi o contro di noi: la popolazione intrappolata tra esercito, separatisti armati e milizie nel nordovest del Camerun”, descrive i crimini commessi a partire dal 2020 dai separatisti armati, dalle milizie e dalle forze di difesa e di sicurezza nel nordovest del Camerun. Inoltre, evidenzia l’urgente necessità di protezione per coloro che denunciano le atrocità inflitte alla popolazione.

“Ci appelliamo alle autorità del Camerun affinché indaghino sulle accuse di violazioni dei diritti umani e di altri crimini previsti dalla legge nazionale commessi nel contesto della violenza armata nelle regioni anglofone. I responsabili di tali violazioni devono essere puniti con processi equi e davanti a tribunali indipendenti, imparziali e competenti. Le vittime di questi crimini e violazioni hanno diritto alla giustizia e al risarcimento”, ha affermato Samira Daoud, direttrice di Amnesty International per l’Africa centrale e occidentale.

La crisi nelle regioni anglofone è il risultato di una risposta repressiva alle proteste, in gran parte pacifiche, del 2016-2017, mirate a porre fine alla marginalizzazione delle minoranze. Da allora la situazione è degenerata in una condizione di violenza armata diffusa nelle regioni nord-occidentali e sud-occidentali, che ha intrappolato la popolazione in una lotta tra diversi attori. Lo stato attuale è di estrema sofferenza e perdita di vite umane.

Amnesty International si è recata due volte in Camerun tra novembre 2022 e marzo 2023, incontrando più di 100 vittime, rappresentanti di Ong, giornalisti e membri della Commissione per i diritti umani del Camerun (Cameroon Human Rights Commission – Chrc). Alle richieste di incontri con ministri del governo non c’è stata replica.

“Hanno sparato a mia moglie e l’hanno bruciata insieme ai miei due figli”

Il rapporto di Amnesty International documenta meticolosamente i crimini commessi dai separatisti armati contro la popolazione, con una particolare attenzione per quelli contro la comunità mbororo fulani, nel nordovest del paese.

La notte del 28 marzo 2022, i separatisti armati hanno attaccato un complesso di case dei mbororo fulani nel villaggio di Mbokop-Tanyi. Amnesty International ha incontrato il marito e padre di tre delle vittime, che ha raccontato:

“Gli Amba Boys [termine collettivo per i separatisti armati] hanno dato fuoco alla mia casa, con dentro mia moglie e due dei miei figli. Hanno sparato a mia moglie e, quando era a terra, l’hanno bruciata insieme ai miei due figli, di sette anni e sei mesi, che dormivano in casa”.

Sui social media la comunità mbororo fulani è stata presa di mira con una retorica discriminatoria e provocatoria.

In un’intervista condivisa da una rete giornalistica separatista su Facebook, un leader del movimento ha affermato: “Cosa c’è di sbagliato se un ambazoniano uccide un mbororo che è un aggressore? Si è trasferito in Ambazonia da un altro paese, nel nostro territorio. Attaccano il nostro popolo e uccidono, bruciano le case e distruggono le coltivazioni. Se riusciamo a ucciderli tutti, li uccideremo tutti, senza alcun rimorso”.

Anche le milizie dei mbororo fulani sono state coinvolte in diverse uccisioni e nella distruzione di case nel nordovest della regione, in alcuni casi con il sostegno o la complicità delle truppe camerunesi. Secondo quanto riferito da quattro persone intervistate da Amnesty International, il 18 ottobre 2021 un gruppo di circa 45 persone armate descritte come appartenenti ai gruppi fulani, haoussa e aku, accompagnate da soldati camerunesi, ha ucciso almeno cinque abitanti del villaggio di Gheidze e distrutto almeno 13 case. Le milizie erano armate di machete, bastoni, lance e coltelli, mentre i soldati avevano armi da fuoco. Hanno dato fuoco alle case mentre i soldati sparavano in aria e sorvegliavano l’area.

Il rapporto di Amnesty International evidenzia anche gravi violazioni dei diritti umani perpetrate dalle forze di difesa e di sicurezza nella divisione nord-occidentale di Bui. Secondo le testimonianze di alcune vittime sfollate a Bafoussam e a Douala, i crimini commessi comprendevano uccisioni extragiudiziali, stupri e altre forme di violenza sessuale contro le donne.

Una delle vittime ha affermato: “Il 3 settembre 2021 sono arrivati al villaggio e hanno cominciato a compiere atrocità. Appena li ho visti ho rapidamente afferrato mia figlia e siamo tornate a casa. Abbiamo chiuso la porta ma loro l’hanno buttata giù. Hanno cominciato a perquisire la casa e hanno chiesto a mio marito di sdraiarsi per terra…un militare mi ha violentata lì”.

Ha poi aggiunto:

“Hanno preso me e mia figlia, ci hanno messe dentro una macchina e hanno dato fuoco alla nostra casa. Ci hanno portato alla loro base, dove c’erano altre sei donne…La più giovane aveva 12 anni. Siamo rimaste lì due mesi e due settimane. Tutti i giorni venivamo stuprate, una dopo l’altra”.

Sospetti sull’utilizzo di armi straniere da parte dei separatisti

Il rapporto di Amnesty International esamina, inoltre, la cooperazione militare tra il Camerun e i suoi alleati internazionali, soffermandosi in particolare sulle origini e la diversione delle armi. L’organizzazione ha identificato diversi tipi di armi tramite alcuni video di propaganda pubblicati sui social da gruppi di separatisti armati. Le immagini suggeriscono che alcune delle armi usate per commettere crimini contro la popolazione siano state trafugate all’esercito camerunense, che le aveva ottenute tramite aiuti stranieri.

“Sollecitiamo gli stati partner del Camerun, tra i quali Francia, Regno Unito, Belgio, Croazia, Israele, Russia, Serbia e Stati Uniti d’America, a svolgere rigorose valutazioni sul rischio per i diritti umani prima di spedire ulteriori armi. È necessario che ne verifichino l’utilizzo finale per garantire che l’assistenza militare non contribuisca a ulteriori violazioni dei diritti umani”, ha affermato Daoud.

“Laddove esistano prove credibili che le armi vengano deviate verso gruppi armati accusati di commettere gravi crimini, la fornitura di tale assistenza militare deve essere sospesa fino a quando non verranno adottate misure per garantire che tutti i trasferimenti siano sicuri e che le armi siano utilizzate in modo responsabile da utenti finali autorizzati”, ha aggiunto Daoud.

La risposta arbitraria delle autorità

La risposta alla crisi da parte delle autorità politiche e giudiziarie camerunensi finora ha comportato ulteriori violazioni dei diritti umani. Invece di indagare in modo effettivo sui crimini commessi dai separatisti armati, le autorità hanno accusato persone che avevano denunciato le atrocità di essere, a loro volta, separatisti armati o loro sostenitori e le hanno sottoposte a detenzione arbitraria. Nel frattempo, la mancanza di trasparenza nelle indagini sui crimini commessi dalle forze armate solleva preoccupazioni riguardo all’impunità di queste ultime.

I tentativi delle autorità di limitare la libertà di espressione e il diritto di cercare informazioni hanno ulteriormente aggravato la situazione. I difensori dei diritti umani, gli attivisti, gli avvocati e le associazioni giornalistiche che coraggiosamente denunciano le atrocità commesse dalle forze di difesa e sicurezza subiscono procedimenti giudiziari, detenzioni arbitrarie e minacce. Alcuni imputati sono stati persino processati davanti a tribunali militari, sebbene secondo il diritto internazionale questi tribunali non dovrebbero mai avere giurisdizione sui civili.

Il rapporto di Amnesty International solleva anche gravi preoccupazioni sulla mancata efficace collaborazione delle autorità camerunesi con le istituzioni internazionali e regionali per i diritti umani. Le ripetute richieste di missioni di accertamento dei fatti sono rimaste senza risposta, ostacolando i tentativi di valutare la situazione e promuovere la giustizia.

“Le autorità devono garantire che gli arresti e le detenzioni siano effettuati nel rispetto del diritto e degli standard internazionali sui diritti umani e devono proteggere i giornalisti, i difensori dei diritti umani e gli attivisti che subiscono minacce”, ha concluso Daoud.