Droni Usa: necessari nuovi controlli sull’assistenza fornita dagli Stati europei

19 Aprile 2018

Tempo di lettura stimato: 14'

Rapporto di Amnesty International sul programma mortale di uso dei droni: le minacce di Trump rendono necessari nuovi controlli sull’assistenza fornita dagli Stati europei. Amnesty International Italia ha scritto alla ministra della Difesa Roberta Pinotti e al ministro degli Affari Esteri Angelino Alfano, chiedendo loro un incontro.

Di fronte alla prossima espansione del programma mortale di uso dei droni da parte dell’amministrazione Trump, col conseguente aumento dei rischi di fare vittime civili e causare uccisioni illegali, Amnesty International ha chiesto a quattro stati europei di rivedere urgentemente l’assistenza operativa e d’intelligence attualmente fornita a quel programma.

Amnesty International e altre fonti hanno documentato casi in cui, durante successive amministrazioni Usa, gli attacchi coi droni hanno ucciso persone, fra cui bambini, che non stavano prendendo direttamente parte a ostilità e che non rappresentavano alcuna minaccia imminente per la vita di altri.

In un nuovo rapporto realizzato usando informazioni open source, intitolato “Assistenza mortale”, Amnesty International ha analizzato l’assistenza che Regno Unito, Germania, Olanda e Italia forniscono al programma statunitense di uso dei droni e concluso che questi quattro stati rischiano di dover rendere conto di violazioni del diritto internazionale.

Il rapporto evidenzia il clima di segretezza che rende impossibile comprendere se i quattro stati europei abbiano posto in essere garanzie per evitare di fornire assistenza ad attacchi illegali coi droni.

“Da anni i governi di Regno Unito, Germania, Olanda e Italia forniscono assistenza al programma globale segreto di uccisioni degli Usa, fornendo informazioni d’intelligence di grande importanza e infrastrutture di comunicazione nonostante l’aumento delle vittime civili e delle denunce di uccisioni illegali, compresi crimini di guerra”, ha dichiarato Rasha Abdul Rahim, ricercatrice di Amnesty International su controllo delle armi, commerci di materiale di sicurezza e diritti umani.

Con Trump al comando, le minacce alla vita dei civili si sono fatte più grandi che mai e c’è urgente bisogno di maggiore trasparenza. Se gli stati europei ritengono di non aver avuto alcun ruolo in uccisioni illegali, allora dovrebbero essere in grado di dimostrarlo. Altrimenti, dovrebbero chiedersi se intendono continuare ad appoggiare un programma che utilizza informazioni d’intelligence potenzialmente errate e giustificazioni legale del tutto precarie per eseguire cosiddetti ‘omicidi mirati’”, ha aggiunto Rasha Abdul Rahim.

Secondo il Bureau of Investigative Journalism, dal 2004 gli attacchi Usa coi droni hanno ucciso almeno 1551 civili in Afghanisttan, Pakistan, Somalia e Yemen.

Sotto l’amministrazione Trump il numero degli attacchi coi droni è fortemente aumentato. Il Consiglio per le relazioni con l’estero, un think-tank statunitense, ha stimato che il presidente Trump nei suoi primi 45 giorni di ufficio abbia autorizzato almeno 36 attacchi coi droni o operazioni speciali basate sui raid aerei.

Secondo fonti di stampa, il presidente Trump ha fatto marcia indietro rispetto alle minime limitazioni al programma di uso dei droni dell’era-Obama. Una nuova e ancora segreta politica pare consentire di colpire un numero assai maggiore di persone anche non perfettamente identificate e ammorbidisce il criterio della “quasi certezza” che un obiettivo legittimo sia presente al momento dell’attacco.

Il rapporto di Amnesty International spiega come Regno Unito, Germania, Olanda e Italia possano essere responsabili di aver dato assistenza a operazioni Usa coi droni potenzialmente illegali e possano aver violato i loro obblighi di diritto internazionale dei diritti umani. Il rapporto evidenzia anche il clima di segretezza che rende difficile stabilire se e quali salvaguardie questi stati abbiano posto in essere per garantire che non si fornisca assistenza ad attacchi illegali coi droni.

In dettaglio, il rapporto di Amnesty International spiega come:

  • Regno Unito, Germania e Olanda condividano informazioni d’intelligence che consentono agli Usa di individuare potenziali bersagli da sorvegliare ulteriormente o da colpire coi droni;
  • Germania e Olanda forniscano metadati (ad esempio, informazioni relative a comunicazioni, come data e luogo di una telefonata) che potrebbero essere usate per colpire persone;
  • Regno Unito, Germania e Italia consentono agli Usa di gestire basi nei loro territori, col conseguente impiego di comunicazioni e infrastrutture d’intelligence che permettono la trasmissione di informazioni dagli operatori dei droni negli Usa ai droni armati che lanciano attacchi mortali in tutto il pianeta;
  • l’Italia consente agli Usa di lanciare attacchi coi droni armati dalla base Usa di Sigonella a scopo difensivo.

Questo accordi è probabile che siano la punta dell’iceberg di una complessa e sofisticata rete di sostegno europeo al programma Usa di uso dei droni.

Assistenza segreta

La mancanza di trasparenza che caratterizza il programma Usa d’impiego di droni impedisce l’accertamento delle responsabilità e l’accesso alla giustizia da parte delle vittime degli attacchi e dei loro familiari.

In un suo rapporto del 2013, Amnesty International aveva denunciato come una serie di attacchi coi droni avesse causato la morte di 18 braccianti, tra cui un ragazzo di 14 anni e una donna di 68. L’amministrazione Usa non si è mai pubblicamente impegnata a indagare sui casi di attacchi potenzialmente illegali denunciati da Amnesty International né ha mai fornito una propria versione su quanto accaduto.

Quando sono stati fatti collegamenti tra l’assistenza europea e il programma Usa d’impiego di droni, da parte dei governi coinvolti c’è stato spesso un rifiuto analogo a indagare o a commentare.

Ad esempio, nel 2015 una serie di documenti del Quartier generale delle comunicazioni del governo (Gchq) del Regno Unito fornita ad Edward Snowden al Guardian ha rivelato come un programma di sorveglianza basato nel Regno Unito avesse facilitato un attacco coi droni nello Yemen. L’attacco, avvenuto nel marzo 2012, aveva preso di mira due uomini descritti come membri di al-Qaeda nella penisola araba. Secondo il Bureau of Investigative Journalism l’attacco aveva ucciso anche un civile di 60 anni e ferito da sei a nove civili, tra cui sei bambini. Il Gchq rifiutò di commentare la notizia.

“L’estrema segretezza che circonda ogni aspetto del programma Usa d’impiego dei droni e gli accordi con altri stati ha prodotto una generale assenza di responsabilità, da parte sia degli Usa che dei partner europei”, ha sottolineato Rasha Abdul Rahim.

“Per evitare ogni controllo s’invoca la sicurezza nazionale. Fa tremare il pensiero che stati europei forniscano un genere di assistenza che viene usata per prendere decisioni sulla vita e sulla morte delle persone, con scarsa o addirittura nulla supervisione”, ha proseguito Rasha Abdul Rahim.

Amnesty International nutre particolare preoccupazione circa l’accuratezza e l’attendibilità dell’attività di raccolta di informazioni mediante l’intercettazione e l’analisi di segnali provenienti da persone o macchine, denominata Sigint. Secondo un’indagine condotta da The Intercept documenti fuoriusciti dal Pentagono mostrano che durante cinque mesi del 2013 il 90 per cento delle persone colpite dai droni Usa durante l’operazione Haymaker (un’operazione speciale condotta nell’Afghanistan nordorientale) erano obiettivi non intenzionali. Non è chiaro se da allora gli Usa abbiano introdotto garanzie sull’uso dei segnali d’intelligence.

“Gli Usa parlano di obiettivi ‘legittimi’ ma le prove a disposizione suggeriscono che si tratti di tutt’altro. Il numero delle vittime civili e degli obiettivi non intenzionali documentati indicano che c’è un evidente rischio che l’intelligence o altra assistenza fornita dagli stati europei venga usata per compiere attacchi illegali”, ha commentato Rasha Abdul Rahim.

“In questo momento cruciale, gli stati europei devono porsi dalla parte del rispetto della legge e riesaminare la loro assistenza a quel programma mortale”, ha concluso Rasha Abdul Rahim.

Amnesty International chiede pertanto a Regno Unito, Germania, Olanda e Italia di non fornire assistenza agli attacchi Usa coi droni che possano costituire o determinare violazioni del diritto internazionale dei diritti umani, sempre vigente, o del diritto internazionale umanitario che si applica quando i droni sono usati nell’ambito di un conflitto armato.

Amnesty International chiede ai quattro stati europei di indagare, in modo pienamente pubblico, sull’assistenza al programma Usa d’impiego dei droni e di farlo in modo tempestivo, approfondito, indipendente e imparziale ogni volta che vi sia ragionevole motivo di credere che abbiano fornito assistenza a un attacco Usa che ha causato uccisioni illegali. Dovranno inoltre chiarire pubblicamente quali garanzie abbiano attivato per assicurare che non venga fornita assistenza ad attacchi potenzialmente illegali.

L’organizzazione per i diritti umani sollecita a loro volta gli Usa a rendere pubbliche le nuove regole riguardando l’uso della forza all’estero, comprese linee guida specifiche sull’individuazione degli obiettivi delle operazioni in cui sia impiegata la forza letale.

Amnesty International non si oppone all’impiego dei droni armati ma chiede regolarmente agli Usa di assicurare che il loro uso rispetti gli obblighi del diritto internazionale dei diritti umani e, ove applicabile, del diritto internazionale umanitario.

Le risposte dei governi

Amnesty International ha trasmesso sintesi delle sue conclusioni e delle sue preoccupazioni ai governi di Regno Unito, Germania, Olanda e Italia, ricevendo risposte – alla data di pubblicazione del suo rapporto – solo dalle autorità olandesi e tedesche.

L’Olanda ha dichiarato che non coopera a omicidi mirati illegali. Il ministro della Difesa ha fatto proprie e attuato una serie di raccomandazioni presentate dal Comitato di controllo sui servizi d’intelligence e di sicurezza in merito alle garanzie necessarie per impedire la condivisione di informazioni d’intelligence che potrebbero essere usate per l’uso illegale della forza da parte di altri stati.

La risposta, tuttavia, conferma che l’Olanda non ha in essere alcuna specifica politica riguardante la fornitura di assistenza alle operazioni Usa in cui sia impiegata la forza letale, compreso il programma dei droni. Al suo posto, è applicato un criterio generale sulla condivisione dei dati che prende in esame preventivamente una serie di fattori, tra cui il rispetto del diritto internazionale umanitario e le politiche sui diritti umani dello stato partner, che possono rendere necessario in determinate circostanze un riesame della cooperazione.

Il ministero degli Esteri della Germania ha replicato che, riguardo a domande relative ai servizi d’intelligence, può condividere informazioni solo coi comitati parlamentari di controllo e in modo segreto. Ha poi aggiunto di non poter rispondere ad alcune delle domande sottoposte da Amnesty International in quanto è in corso una disputa legale sul ruolo della Germania negli attacchi Usa coi droni.

Amnesty International Italia ha scritto alla ministra della Difesa Roberta Pinotti e al ministro degli Affari Esteri Angelino Alfano, chiedendo loro un incontro.

“Auspichiamo che le autorità italiane rispondano al più presto alle preoccupazioni espresse nel rapporto, fornendoci tutte le informazioni necessarie sull’assistenza fornita al programma Usa”, ha dichiarato Gianni Rufini, direttore generale di Amnesty International Italia.

FINE DEL COMUNICATO

Roma, 19 aprile 2018

Il rapporto “Assistenza mortale” è disponibile online (dal 19 aprile) insieme a ulteriori materiali di approfondimento all’indirizzo:

https://www.amnesty.it/droni-usa-necessari-nuovi-controlli-sullassistenza-fornita-dagli-stati-europei

Il documento Principi fondamentali relativi all’utilizzo e al trasferimento di droni armati

(20 ottobre 2017)

https://www.amnesty.it/amnesty-international-chiede-alle-nazioni-unite-unazione-internazionale-urgente-sui-droni-armati/

L’appello da firmare per fermare le complicità italiane nel programma droni degli Usa è online qui:

https://www.amnesty.it/fermiamo-le-complicita-italiane-nel-programma-droni-degli-usa

Per interviste:

Amnesty International Italia – Ufficio Stampa

Tel. 06 4490224 – cell. 348 6974361, e-mail: press@amnesty.it