Malesia e Thailandia: chiediamo immediate operazioni di ricerca e salvataggio per i rohingya ancora in mare

28 Luglio 2020

© K M Asad/LightRocket/Getty Images

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Amnesty International chiede a Malesia e Thailandia immediate operazioni di ricerca e salvataggio per i rohingya ancora in mare

In merito alla notizia dei 26 rifugiati rohingya ritenuti annegati al largo dell’isola di Langkawi, una delle principali mete turistiche della Malesia, e trovati in vita sull’isola di Rebak Besar dopo le ricerche svolte nella giornata del 26, Rachel Chhoa-Howard, ricercatrice di Amnesty International sulla Malesia ha dichiarato: “Sebbene questa storia abbia avuto un lieto fine, tragedie di queste entità potrebbero essere evitate se le autorità malesi e thailandesi permettessero lo sbarco ai rifugiati rohingya, invece di respingerli crudelmente in mare“.

La situazione dei rifugiati rohingya ancora bloccati in mare da mesi è disperata. I governi dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico devono immediatamente provvedere a organizzare delle missioni coordinate di ricerca e soccorso per i sopravvissuti, permettere a tutte le imbarcazioni che trasportano rifugiati e migranti di approdare in sicurezza al paese più vicino e rispondere ai loro bisogni umanitari. Se ciò non accadrà, saranno inevitabili altre perdite di vite umane“.

Ulteriori informazioni

Il 26 luglio del 2020, la guardia costiera malese ha segnalato la scomparsa di 24 rohingya, che avevano cercato di raggiungere a nuoto le coste di Langkawi. A quanto pare, solo uno aveva raggiunto la terraferma. Nella tarda serata, 26 tra uomini, donne e bambini rohingya sono stati trovati vivi su un’isola a largo di Langkawi. Altre centinaia di rohingya potrebbero ancora trovarsi in mare in condizioni critiche su una “nave madre” più grande. Queste imbarcazioni sono state respinte sia dalle autorità malesi che da quelle thailandesi.

Negli ultimi mesi, centinaia di rifugiati rohingya sono rimasti abbandonati in mare per settimane e mesi e molti potrebbero essere morti. In fuga dalle violenze in Myanmar e dalle misere condizioni dei campi profughi in Bangladesh, molti hanno tentato di raggiungere l’Asia sud-orientale con imbarcazioni che spesso rappresentavano l’unica alternativa. Nella maggior parte dei casi, i governi del sud-est asiatico non hanno permesso loro di approdare in maniera sicura e di chiedere asilo. Inoltre, non sono riusciti a organizzare operazioni di ricerca e soccorso, in violazione dei propri obblighi in materia di diritto internazionale e dei propri impegni a livello regionale.

A giugno, 269 rohingya sono stati arrestati al loro arrivo a Langkawi in seguito a un’avaria della propria imbarcazione. Allora, l’Agenzia marittima malese aveva dichiarato che erano stati trasferiti da una “nave madre” più grande sulla quale si ritiene che decine di persone siano morte e siano state gettate in mare in un viaggio che dura da mesi.