Rapporto 2023-2024: momento spartiacque per il diritto internazionale

24 Aprile 2024

Ernesto Benavides/AFP via Getty Images

Tempo di lettura stimato: 19'

In evidenza

  • Governi potenti riportano l’umanità a un’era priva di un’efficace supremazia del diritto internazionale e le popolazioni civili coinvolte nei conflitti ne pagano il prezzo più alto
  • L’intelligenza artificiale, in rapido mutamento, è lasciata libera di creare terreno fertile per razzismo, discriminazione e divisione in un anno importante dal punto di vista elettorale
  • Di fronte a tutto questo, c’è una mobilitazione popolare senza precedenti per chiedere protezione dei diritti umani e rispetto per la nostra comune umanità.

 

Il mondo sta raccogliendo i frutti delle terribili conseguenze dell’escalation dei conflitti e del quasi totale collasso del diritto internazionale. È quanto ha dichiarato oggi Amnesty International presentando il suo Rapporto 2023-2024 (pubblicato in Italia da Infinito Edizioni), che contiene un’analisi della situazione dei diritti umani in 155 stati.

Il collasso del primato del diritto è destinato ad aggravarsi col rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale e il dominio di Big Tech. Senza una regolamentazione di questi sviluppi, il mondo rischia un “sovraccarico” di violazioni dei diritti umani.

“Il nostro rapporto presenta un fosco quadro di repressione dei diritti umani e di prolifica violazione delle regole internazionali proprio mentre la disuguaglianza globale si acuisce, le superpotenze gareggiano per la supremazia e il cambiamento climatico è in aumento”, ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.

“Al clamoroso disprezzo di Israele per il diritto internazionale si associa l’atteggiamento dei suoi alleati, che non riescono a fermare l’indescrivibile bagno di sangue nella Striscia di Gaza. Molti di questi alleati furono gli architetti del sistema giuridico internazionale successivo alla Seconda guerra mondiale. Se a questo aggiungiamo la perdurante aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina, il crescente numero di conflitti armati, le massicce violazioni dei diritti umani che hanno luogo, per esempio, in Sudan, Etiopia e Myanmar, l’ordine mondiale basato sul diritto è sul punto di crollare”, ha aggiunto Callamard.

L’assenza di legge, la discriminazione e l’impunità, nei conflitti come altrove, sono rafforzate dall’uso privo di controlli di tecnologie vecchie e nuove che sono ora regolarmente impiegate come armi da attori militari, politici ed economici. Le piattaforme di Big Tech alimentano conflitti. Gli spyware e altri strumenti di sorveglianza di massa sono impiegati per usurpare i diritti e le libertà fondamentali mentre i governi sviluppano strumenti automatizzati per prendere di mira i gruppi più marginalizzati all’interno delle loro società”, ha proseguito Callamard.

“In un mondo sempre più precario, la proliferazione e lo sviluppo privo di regole di tecnologie come l’intelligenza artificiale generativa, il riconoscimento facciale e gli spyware sono destinati a essere un pericoloso nemico pronto ad accrescere e a produrre un sovraccarico di violazioni del diritto internazionale fino a livelli eccezionali”, ha ammonito Callamard.

“In un importante anno elettorale e di fronte alle sempre più potenti lobby anti-regolamentazioni guidate e finanziate da BigTech, questi loschi sviluppi tecnologici privi di regole pongono un’enorme minaccia davanti a noi. Possono essere usati come armi per discriminare, disinformare e dividere”, ha messo in guardia Callamard.

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Gli stati si fanno beffe del diritto internazionale e a pagare il prezzo più alto sono i civili nei conflitti

Il Rapporto 2023-2024 di Amnesty International presenta una cruda analisi del tradimento dei principi dei diritti umani da parte di leader e istituzioni. Di fronte ai molteplici conflitti, l’azione di molti potenti stati ha ulteriormente danneggiato la credibilità dell’azione multilaterale e ha compromesso l’ordine mondiale basato sul diritto, stabilito per la prima volta nel 1945.

Nel conflitto che ha caratterizzato il 2023 e che non mostra segnali di fine, Israele si è fatto beffe del diritto internazionale a Gaza, da dove continuano ad arrivare prove di crimini di guerra. Dopo gli orrendi attacchi di Hamas e di altri gruppi armati del 7 ottobre, le autorità israeliane hanno avviato incessanti attacchi aerei contro aree civili spesso spazzando via famiglie intere, causando il trasferimento forzato di 1,9 milioni di palestinesi e limitando, nonostante l’avanzare della carestia nella Striscia di Gaza, l’accesso agli aiuti umanitari, disperatamente necessari.

Il rapporto punta il dito sullo sfacciato uso del potere di veto, da parte degli Usa, per paralizzare per mesi il Consiglio di sicurezza su un’assai necessaria risoluzione per il cessate il fuoco, proprio mentre gli stessi Usa continuano a fornire a Israele munizioni usate per commettere quelli che con ogni probabilità si configurano come crimini di guerra.

Sotto accusa sono anche i grotteschi doppi standard di stati europei come Germania e Regno Unito, che hanno giustamente protestato contro i crimini di guerra della Russia e di Hamas ma contemporaneamente hanno rafforzato l’operato di Israele e il ruolo delle autorità statunitensi nel conflitto in Medio Oriente.

“La sconcertante mancanza d’azione della comunità internazionale nel proteggere dalle uccisioni migliaia di civili della Striscia di Gaza, tra i quali una percentuale di minorenni orribilmente alta, ha reso patentemente chiaro che proprio le istituzioni create per proteggere i civili e far rispettare i diritti umani non servono più allo scopo. Nel 2023 abbiamo avuto la conferma che molti potenti stati stanno abbandonando i valori costitutivi di umanità e universalità al centro della Dichiarazione universale dei diritti umani”, ha commentato Callamard.

Il rapporto documenta inoltre la flagrante violazione delle regole da parte delle forze russe nel corso della loro perdurante invasione su vasta scala dell’Ucraina: attacchi indiscriminati su aree civili ad alta densità abitativa, alle infrastrutture per la produzione di energia e a quelle per l’esportazione del grano, nonché l’uso della tortura sui prigionieri di guerra. A questo deve aggiungersi l’elevata contaminazione ambientale a seguito di azioni come la distruzione, parsa deliberata, della diga di Kakhovka che si ritiene ampiamente sia stata compiuta dalle forze russe.

L’esercito di Myanmar e le milizie alleate hanno condotto attacchi contro i civili che hanno causato, solo nel 2023, oltre 1000 morti. Né l’esercito di Myanmar né le autorità russe si sono impegnate a indagare sulle denunce di violazioni dei diritti umani. Entrambi hanno ricevuto sostegno finanziario e militare dalla Cina.

In Sudan le due parti in conflitto – le Forze armate sudanesi e le Forze di supporto rapido – hanno dimostrato ben poca attenzione per il diritto internazionale umanitario, portando avanti attacchi sia mirati che indiscriminati che hanno ucciso e ferito civili e lanciando munizioni esplosive contro aree civili ad alta densità abitativa. I morti, solo nel 2023, sono stati 12.000. Questo conflitto ha prodotto la più grande crisi di sfollati al mondo, con oltre otto milioni di persone costrette alla fuga. Non si intravede la fine del conflitto, mentre la crisi alimentare sviluppatasi negli ultimi mesi è pericolosamente prossima a una carestia.

 

La tecnologia usata per alimentare odio, divisione e discriminazione costituisce una minaccia in un importante anno elettorale

In molte parti del mondo soggetti politici stanno aumentando i loro attacchi contro le donne, le persone Lgbtqia+ e le comunità marginalizzate, da sempre capri espiatori per ottenere consenso politico o successo elettorale. Tecnologie vecchie e nuove sono sempre più utilizzate come armi per aiutare forze politiche repressive a diffondere disinformazione, aizzare una comunità contro l’altra e attaccare le minoranze.

Il Rapporto 2023-2024 di Amnesty International nota l’uso in espansione delle tecnologie esistenti per rafforzare politiche discriminatorie. Alcuni stati – tra i quali Argentina, Brasile, India e Regno Unito – stanno facendo sempre più ricorso alle tecnologie di riconoscimento facciale per controllare le proteste di piazza così come gli eventi sportivi e per discriminare le comunità marginalizzate, soprattutto le persone migranti e rifugiate. Costretto da un’azione giudiziaria di Amnesty International, nel 2023 il dipartimento di Polizia di New York ha reso noto come aveva usato la tecnologia per sorvegliare le proteste del movimento Black Lives Matter.

Il nefasto uso del riconoscimento facciale non è mai stato così opprimente come in Cisgiordania, dove è stato impiegato dalle forze israeliane per rafforzare le limitazioni alla libertà di movimento e contribuire a mantenere in piedi il sistema dell’apartheid.

In Serbia, l’introduzione di un sistema semiautomatico di previdenza sociale ha causato la fine dell’assistenza per migliaia di persone che ne avevano un bisogno vitale, soprattutto le comunità rom e le persone con disabilità, a dimostrazione di come un’automazione priva di controlli possa esacerbare le disuguaglianze.

Con milioni di persone in fuga dai conflitti in tutto il mondo, il rapporto rileva come le tecnologie siano state utilizzate per disumanizzare la gestione del fenomeno migratorio e il controllo delle frontiere, anche attraverso l’uso di strumenti elettronici alternativi alla detenzione, l’automazione delle tecnologie di esternalizzazione delle frontiere, software di raccolta dati e sistemi biometrici e algoritmici utilizzati per prendere decisioni. La proliferazione di queste tecnologie perpetua e rafforza la discriminazione, il razzismo e la sorveglianza sproporzionata e illegale ai danni delle persone razzializzate.

Continua a mancare una regolamentazione sugli spyware, nonostante nel tempo siano state raccolte prove sulle violazioni dei diritti umani causate da tali prodotti ai danni di attivisti in esilio, giornalisti e difensori dei diritti umani. Nel 2023 Amnesty International ha scoperto l’uso dello spyware Pegasus contro giornalisti e attivisti della società civile in stati quali Armenia, Repubblica Dominicana, India e Serbia. Spyware prodotti e regolamentati all’interno dell’Unione europea sono stati liberamente venduti in giro per il mondo.

Nell’ultimo anno la rapida crescita dell’intelligenza artificiale generativa ha trasformato il livello di minaccia posto dalla gamma di tecnologie già esistenti: dagli spyware all’automazione statale fino alla gestione dei social media via algoritmi.

Di fronte a questi rapaci passi avanti, i tentativi di regolamentazione sono rimasti ampiamente al palo. Un piccolo segnale di azione da parte dei politici europei è stata l’adozione, nel febbraio 2024, del Digital Service Act che, sebbene incompleto e imperfetto, ha avuto il merito di sviluppare un dibattito quanto mai necessario sulla regolamentazione dell’intelligenza artificiale.

“C’è un vasto abisso tra i rischi posti dall’avanzamento senza controlli delle tecnologie e dove dovremmo invece essere in termini di regole e protezioni. È questo il futuro che ci aspetta e sarà solo peggio se non verrà posto un freno alla rampante proliferazione di tecnologie prive di controlli”, è l’allarme lanciato da Callamard.

Nel 2023 Amnesty International ha denunciato come gli algoritmi di Facebook abbiano favorito la violenza etnica durante il conflitto armato in Etiopia: un esempio da manuale di come la tecnologia venga usata come arma per aizzare le comunità una contro l’altra, soprattutto in tempi di instabilità.

L’organizzazione per i diritti umani prevede che questi problemi aumenteranno in un anno elettorale così importante come il 2024, dato che il modello di business basato sulla sorveglianza domina le principali piattaforme social come Facebook, Instagram, TikTok e YouTube, agendo dunque come un catalizzatore di violazioni dei diritti umani nel contesto elettorale.

“Le piattaforme social amplificano e diffondono odio, discriminazione e disinformazione grazie ad algoritmi ottimizzati per massimizzare l’ingaggio prima di ogni altra cosa. Creano un ciclo di feedback pericoloso, soprattutto in tempi di maggiore sensibilità politica. Questi strumenti possono generare immagini, audio e video sintetici nel giro di pochi secondi e colpire pubblici specifici in grandi numeri ma le leggi elettorali ancora non sono ancora adeguate a queste minacce. Finora abbiamo ascoltato troppe chiacchiere e visto poche azioni”, ha stigmatizzato Callamard.

A novembre, le elezioni presidenziali degli Usa si svolgeranno in un contesto di crescente discriminazione, intimidazione e violenza sulle piattaforme social ai danni di comunità marginalizzate come le persone Lgbtqia+. Minacciosi e intimidatori contenuti anti-aborto sono a loro volta in aumento.

Circa un miliardo di persone si recherà alle urne in India mentre manifestanti pacifici continuano a essere attaccati e le minoranze religiose vengono sistematicamente discriminate. Nel 2023 Amnesty International ha denunciato l’uso di spyware contro noti giornalisti indiani. Le piattaforme social sono sempre più campi di battaglia politica.

“Da tempo, i politici usano narrazioni manipolatorie come “noi contro loro” per ottenere voti e aggirare legittime domande circa i timori per la sicurezza e l’economia. Tecnologie prive di regole, come il riconoscimento facciale, vengono usate per rafforzare la discriminazione. A ciò si deve aggiungere il modello di business basato sulla sorveglianza che alimenta questo fuoco d’odio consentendo a coloro che hanno cattive intenzioni di perseguitare, disumanizzare e amplificare pericolose narrative per consolidare il loro potere od ottenere consenso elettorale. Siamo di fronte a un’agghiacciante prospettiva di cosa ci aspetta se gli sviluppi della tecnologia sorpasseranno rapacemente le richieste di assunzione di responsabilità”, ha continuato Callamard.

 

Una mobilitazione globale senza precedenti

“Le azioni di potenti attori statali e non statali ci hanno fatto sprofondare nel caos di un mondo senza regole efficaci, dove fare brutalmente profitti grazie a tecnologie rivoluzionarie senza effettivo controllo è diventata la norma. Ma laddove molti governi non si sono attenuti al diritto internazionale, altri hanno chiesto alle istituzioni internazionali di attuarlo. Laddove leader di spessore mondiale non si sono schierati dalla parte dei diritti umani, abbiamo visto persone entusiaste marciare, protestare e pretendere un futuro di maggiore speranza”, ha dichiarato Callamard.

Il conflitto tra Israele e Hamas ha generato proteste in ogni parte del mondo, con richieste – levatesi ben prima che molti governi le facessero proprie – di un cessate il fuoco per porre fine all’indicibile sofferenza dei palestinesi di Gaza e di ritorno in libertà di tutti gli ostaggi nelle mani di Hamas e di altri gruppi armati.

Altrove, come negli Usa, in Polonia e in El Salvador, le persone sono scese in strada per rivendicare il diritto all’aborto mentre si scatenava un attacco contro la giustizia di genere. In tutto il mondo altri giovani si sono aggregati al movimento Fridays for Future per chiedere un’equa e rapida uscita dal fossile.

Nel 2023, incessanti campagne hanno ottenuto significative vittorie per i diritti umani. A Taiwan, il movimento #MeToo e altre organizzazioni della società civile che chiedevano la fine della violenza sessuale online hanno spinto il governo a emendare la Legge sulla prevenzione del crimine di aggressione sessuale.

Nonostante in misura minore di quanto sarebbe stato necessario, la Cop28 ha accettato l’avvio della transizione verso l’uscita dal fossile: si è trattato della prima volta in cui i combustibili fossili sono stati menzionati in una decisione della Cop.

Dopo anni di campagne, quattro difensori dei diritti umani della Turchia – Taner Kılıç, İdil Eser, Özlem Dalkıran e Günal Kurşun – condannati nel luglio 2020 sulla base di accuse false, sono stati finalmente assolti.

Ancora un altro di tanti esempi: in Afghanistan, a ottobre, l’attivista per il diritto allo studio Matiullah Wesa è stato scarcerato dopo aver trascorso sette mesi in carcere solo per aver promosso il diritto delle ragazze all’istruzione e aver criticato le politiche dei talebani di escluderle dalla scuola secondaria.

“Il diritto di protesta è fondamentale per fare luce sulle violazioni dei diritti umani e sulle responsabilità di chi governa. Le persone hanno reso abbondantemente chiaro che vogliono i diritti umani: sta ai governi mostrare che le stanno ascoltando”, ha sottolineato Callamard.

“Considerato il fosco stato delle cose a livello globale, occorrono misure urgenti per rivitalizzare e rinnovare le istituzioni internazionali create per tutelare l’umanità. Devono essere fatti passi avanti per riformare il Consiglio di sicurezza dell’Onu in modo che gli stati membri permanenti non possano brandire il loro incontrollato potere di veto e impedire così la protezione dei civili a vantaggio delle loro alleanze geopolitiche. I governi devono anche adottare robuste regole e legislazioni per affrontare i rischi e i danni causati dalle tecnologie dell’intelligenza artificiale e riprendere le redini di Big Tech”, ha concluso Callamard.