Un anno dopo i Mondiali di calcio in Qatar: per i lavoratori un futuro a rischio

16 Novembre 2023

© Amnesty International

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A un anno di distanza dalla Coppa del mondo di calcio, il Qatar continua a non porre rimedio alle violazioni dei diritti umani subite dai lavoratori migranti e a non proteggerli adeguatamente dallo sfruttamento lavorativo. Ciò sta compromettendo la reputazione dei mondiali di calcio organizzati dalla Federazione internazionale delle associazioni calcistiche (Fifa).

Un nuovo rapporto di Amnesty International, intitolato “Un futuro a rischio“, denuncia che, dalla fine del torneo del 2022, c’è stata una chiara battuta d’arresto nel percorso di miglioramento delle condizioni dei diritti dei lavoratori e che per le centinaia di migliaia di coloro che hanno subito violazioni dei diritti umani l’accesso alla giustizia è difficilmente raggiungibile.

“Il continuo fallimento del Qatar nel far rispettare adeguatamente o potenziare le riforme lavorative pre-Coppa del mondo mette in grave pericolo qualsiasi possibile futuro per i lavoratori. Il governo deve urgentemente rinnovare il suo impegno nella tutela dei lavoratori, mentre sia la Fifa che il Qatar dovrebbero concordare piani di riparazione per tutti coloro che hanno subito danni”, ha dichiarato Steve Cockburn, responsabile del programma Giustizia economica e sociale di Amnesty International.

“Dalle tasse di reclutamento illegittime ai salari non pagati, centinaia di migliaia di lavoratori migranti hanno perso i loro soldi, la salute e persino la vita, mentre la Fifa e il Qatar cercavano di deviare e negare ogni responsabilità. Oggi, a un anno dalla fine del torneo, troppo poco è stato fatto per porre rimedio a tutte queste ingiustizie, ma i lavoratori che hanno reso possibile lo svolgimento dei Mondiali del 2022 non devono essere dimenticati”.

Le riforme proposte tardivamente e poi debolmente applicate dal governo del Qatar, insieme all’introduzione da parte della Fifa di una politica sui diritti umani nel 2017, non sono riuscite a prevenire le diffuse violazioni dei diritti umani avvenute prima e durante il torneo, che proseguono tutt’oggi.

“Le violazioni avvenute durante la Coppa del mondo 2022 devono servire a ricordare agli organismi sportivi che i diritti umani devono sempre posti al centro delle decisioni relative all’assegnazione degli eventi”, ha concluso Steve Cockburn.

Riforme e applicazioni inadeguate

Nel 2017 il Qatar aveva firmato un accordo con l’Organizzazione internazionale del lavoro, con conseguenti significative modifiche alla legislazione sul lavoro: la riforma del sistema di sponsorizzazione (kafala), l’istituzione di un salario minimo e l’applicazione di norme sulla sicurezza e sulla salute. Tuttavia, all’inizio dei Mondiali, le misure necessarie per prevenire ulteriori violazioni dei diritti umani sono rimaste inadeguate. Una volta conclusosi il torneo, i progressi hanno ulteriormente subito una battuta d’arresto.

Le persone intervistate da Amnesty International hanno raccontato che la maggior parte dei lavoratori migranti può ora lasciare il Qatar liberamente e che ci sono stati dei passi avanti nell’applicazione delle leggi sul lavoro relative al divieto di lavorare all’aperto nelle ore più calde della giornata. Tuttavia, al di là di questi aspetti positivi, gli intervistati hanno delineato un quadro pessimistico, caratterizzato da uno slancio perduto e da un persistente sfruttamento.

I lavoratori dovrebbero essere in grado di cambiare lavoro liberamente per scappare da eventuali violazioni dei loro diritti o cercare condizioni migliori, ma, nonostante non debbano più legalmente richiedere ai loro datori di lavoro un “certificato di non obiezione”, in pratica molti di loro devono ancora assicurarsi una qualche sorta di permesso.

Le persone intervistate hanno raccontato ad Amnesty International che persino i funzionari governativi continuano a suggerire loro di ottenere un permesso al fine di facilitare il cambio di lavoro e che spesso i permessi sono tra i requisiti necessari negli annunci di lavoro. Secondo i dati ufficiali, mentre più di 150.000 persone hanno cambiato lavoro nei primi otto mesi del 2023, nello stesso periodo il governo ha anche respinto un terzo delle richieste di trasferimento da parte dei lavoratori.

“Cambiare lavoro è ancora un problema, i lavoratori non possono farlo senza il ‘certificato di non obiezione’. Il nuovo datore di lavoro lo richiede il più delle volte e i precedenti datori di lavoro non vogliono concederlo”, ha raccontato ai ricercatori di Amnesty International un diplomatico  proveniente da uno degli stati d’origine dei lavoratori.

In più, i datori di lavoro continuano effettivamente a controllare la presenza dei lavoratori in Qatar, mettendo a rischio il loro status legale e impedendo loro di cambiare datore di lavoro. Ad esempio, in risposta alle denunce o alle richieste di cambio di impiego, i datori di lavoro annullano i permessi di soggiorno dei lavoratori o segnalano falsamente i dipendenti come “assenti ingiustificati” dal lavoro, il che può portare al loro arresto e all’espulsione. Un rappresentante di un’ambasciata straniera a Doha ha dichiarato ad Amnesty International che “i datori di lavoro esercitano ancora un forte controllo sui lavoratori”.

La sottrazione del salario rimane la forma più frequente di sfruttamento alla quale vanno incontro i lavoratori migranti in Qatar, compresi quelli impiegati nel settore, sempre più in espansione, delle consegne alimentari. Il sistema per individuare e rispondere a ritardi e mancati pagamenti di stipendi e benefit non è ancora adeguato allo scopo. Gli stipendi rimangono bassi e non c’è stata alcuna revisione del salario minimo dall’introduzione nel 2021, nonostante l’aumento del costo della vita.

In Qatar, nonostante siano state istituite delle Commissioni di lavoro specializzate – attualmente cinque – persistono enormi ostacoli per i lavoratori che cercano di ottenere giustizia per vie legali. Si tratta di un processo ancora molto lungo e complesso per i lavoratori migranti, che sono costretti a rimanere in Qatar per seguire le proprie cause. Di conseguenza, i lavoratori spesso non hanno altra opzione se non accettare accordi di compensazione molto inferiori a quanto dovuto e i datori di lavoro raramente sono chiamati pienamente a rispondere delle proprie azioni.

I lavoratori migranti impiegati come personale domestico, la maggior parte dei quali sono donne, rimangono particolarmente vulnerabili a gravi violazioni dei diritti umani e il governo ha fatto ben poco nell’ultimo anno per proteggerli o per portare i responsabili di tali violazioni davanti alla giustizia.

Misure correttive e risarcimenti

I maltrattamenti subiti dai lavoratori migranti a seguito dell’assegnazione al Qatar, da parte della Fifa, dell’organizzazione dei Mondiali di calcio del 2022, non possano essere cancellati ma si può e si deve porre rimedio.

La Coppa del mondo in Qatar ha portato alla Fifa la cifra record di 7,5 miliardi di dollari (circa 7 miliardi di euro), ma i dettagli sulla creazione di un fondo per i risarcimenti, come promesso, rimangono vaghi.

A marzo, la Fifa ha annunciato l’avvio di una revisione delle misure necessarie per garantire misure correttive in conformità con le sue politiche sui diritti umani, prevedendo la sua pubblicazione a breve. Affinché il Qatar e la Fifa adempiano ai loro rispettivi obblighi e responsabilità in materia di diritti umani, è imperativo che agiscano tempestivamente per assicurare che il diritto ai rimedi e al risarcimento delle vittime non sia ulteriormente negato o rimandato.

Come precedentemente documentato da Amnesty International, centinaia di migranti addetti alla sicurezza e ai servizi di steward, impiegati nei siti correlati ai tornei della Coppa del mondo e con contratti a breve termine, sono stati soggetti a sfruttamento lavorativo durante i Mondiali in Qatar del 2022. Ciò ha riguardato lavoratori che pagavano tasse di reclutamento illegali, venivano ingannati sulle loro mansioni e dovevano lavorare per un numero di ore eccessivo senza giorni di riposo settimanali. Quasi un anno dopo, non hanno ancora ricevuto alcun risarcimento.

Marcus, 33 anni, del Ghana, che lavora per mantenere i suoi fratelli e ha pagato quasi 400 dollari statunitensi (circa 370 euro) di tasse di reclutamento, ha dichiarato ad Amnesty International:

“Ho dovuto prendere un prestito per pagare le spese di viaggio per lavorare in Qatar durante la Coppa del mondo. Sto ancora pagando, quello che ho guadagnato non è stato sufficiente”.

Il rapporto di Amnesty International ricorda il piano di riforme in 10 punti, prodotto dall’organizzazione per i diritti umani nel novembre 2022, che esorta il Qatar a migliorare e applicare le sue leggi sul lavoro per proteggere i lavoratori da ulteriori sfruttamenti e garantire l’accesso alla giustizia e il risarcimento per tutte le vittime.

“Il Qatar non deve illudersi che solo perché il torneo è finito, le sue azioni non saranno sottoposte a scrutinio, e deve rinnovare gli sforzi per migliorare i diritti dei lavoratori. Quanto alla Fifa, per evitare un ripetersi delle violazioni associate alla Coppa del mondo in Qatar, deve imparare dai propri errori, essere pronta a prendere sul serio le sue responsabilità sui diritti umani e rimediare direttamente ai maltrattamenti causati o alimentati dalle sue mancanze”, ha concluso Cockburn.