Aggiornamento del 03/05/2022 – Il 15 aprile 2022, gli avvocati di Melissa Lucio hanno presentato una petizione di 242 pagine per l’habeas corpus chiedendo alla Corte d’appello penale del Texas (Tcca) di sospendere l’esecuzione, annullare la sua sentenza e la condanna a morte. La petizione conteneva nuove prove scientifiche e di esperti che mettono in serio dubbio l’affidabilità delle dichiarazioni incriminanti rese da Melissa Lucio durante un interrogatorio di cinque ore condotto subito dopo la morte della figlia, spiegando perché la sua storia di vita, fatta di traumi e abusi per mano di uomini, rendesse l’alta la probabilità di rilasciare una falsa confessione durante un tale interrogatorio, ha descritto come parziale l’iter investigativo dello stato, sollevato il punto sull’uso di testimonianze scientificamente non valide e ha sollevato ulteriori dubbi sul fatto che ci fosse un crimine, piuttosto che la morte della bambina fosse il risultato di una caduta accidentale.
Nella sua ordinanza del 25 aprile 2022, il Tcca ha stabilito che quattro delle nove affermazioni sollevate nella petizione sull’habeas corpus soddisfacevano i requisiti della legge legale del Texas per la revisione nel merito da parte del tribunale. Queste quattro questioni sono: “se non fosse stato per l’uso della falsa testimonianza da parte dello Stato, nessuna giuria l’avrebbe condannata”; “prove scientifiche precedentemente non disponibili precluderebbero la sua condanna”; “in realtà è innocente”; “lo Stato ha soppresso prove e materiali favorevoli”. Il Tcca ha rinviato quelle quattro richieste al tribunale per la revisione e ha sospeso l’esecuzione in attesa della risoluzione delle richieste.
La decisione del Tcca è arrivata poco prima che il Texas Board of Pardons and Paroles (BPP) votasse se raccomandare al governatore Greg Abbott di commutare la condanna a morte o di emettere una sospensione di 120 giorni dall’esecuzione. L’istanza di grazia depositata dinanzi a loro nel marzo 2022, contenente le nuove prove scientifiche, è stata integrata il 12 aprile dagli avvocati di Melissa Lucio, per includere ulteriori prove, e una dichiarazione di un quinto giurato del processo (che aveva servito come capo della giuria ) ad unirsi agli altri quattro e a un giurato supplente che avevano già dichiarato la loro opposizione all’esecuzione o il sostegno a un nuovo processo.
Gli avvocati di Melissa Lucio hanno espresso la loro gratitudine “alle centinaia di migliaia di texani e alle persone negli Stati Uniti e nel mondo che hanno sostenuto Melissa”.
Aggiornamento del 26/04/2022 – Gli appelli di semplici cittadini di ogni parte del mondo, la pressione politica dei senatori e dei deputati del Texas, per una volta contrari alla pena di morte e un’efficace difesa legale hanno per ora tenuto in vita Melissa Lucio, la cui esecuzione è stata sospesa il 25 aprile quando mancavano due giorni all’esecuzione.
Le nuove prove presentate dalla difesa hanno spinto la corte d’appello del Texas a rimandare il caso al tribunale che aveva condannato Lucio, 52 anni, di origini messicane, per l’uccisione di Mariah, la sua tredicesima e ultima figlia, di appena due anni. Secondo queste nuove prove, la tragica morte di Mariah potrebbe essere stata causata da una caduta accidentale dalle scale.
Nel processo del 2008, terminato con la condanna a morte, vennero presentate come prove l’attestazione di un medico giudicata in seguito priva di rigore scientifico e una dichiarazione di colpevolezza sottoscritta da Lucio al termine di cinque ore di duro interrogatorio, condotte da personale armato e iniziate la stessa notte in cui Mariah era deceduta. Molti dei giurati che si espressero per la condanna a morte hanno da allora cambiato idea.
Armando Villalobos, che rappresentava la pubblica accusa e che, in piena campagna per la sua rielezione, chiese alla giuria di pronunciarsi in favore della pena capitale, oggi sta scontando una condanna federale a 13 anni di carcere per estorsione e corruzione.
Il 27 aprile 2022 Melissa Lucio, una donna americana di origini messicane di 52 anni, rischia di essere messa a morte in Texas.
Nel 2008, una giuria dello Stato del Texas ha ritenuto colpevole e condannato a morte Melissa per l’omicidio di primo grado della figlia Mariah di due anni.
Una sentenza, però, basata su prove ora ritenute inaffidabili.
Nuove prove di esperti, infatti, rafforzano l’ipotesi che la morte sia stata causata da una caduta accidentale e non si tratti quindi di omicidio. Inoltre, la testimonianza chiave del processo, che aveva fatto sospettare di un abuso di minori, non è stata ritenuta scientifica, e le dichiarazioni incriminanti fornite da Melissa Lucio durante l’interrogatorio sono state considerate inaffidabili.
L’esecuzione di Melissa violerebbe il diritto internazionale, a causa della scarsa attendibilità della condanna e del processo iniquo. Chiediamo alle autorità statali di concederle la clemenza subito!
Melissa Lucio dovrebbe essere messa a morte in Texas il 27 aprile 2022 dopo essere stata condannata nel 2008 per l’omicidio di primo grado della figlia di due anni, Mariah. Ci sono seri dubbi sull’attendibilità della sua condanna, su come lo Stato abbia ottenuto e utilizzato le sue dichiarazioni incriminanti e, quindi, sul fatto stesso che si tratti di omicidio.
Dopo quello che hanno appreso dopo il processo, diversi giurati hanno messo in dubbio il proprio verdetto. Un patologo forense, ad esempio, scrive come l’indagine sulla morte della bambina sia stata “significativamente pregiudicata, non basata su prove e senza un’adeguata attenzione ad ipotesi alternative”. Ha anche notato come i referti medici fossero “coerenti con una causa di morte correlata a una caduta dalle scale due giorni prima del collasso di Mariah”. Un altro esperto ha scritto che elementi della testimonianza del medico legale statale fossero “scientificamente indifendibili”, “provocatori” e costituissero “grossolana speculazione”.
Secondo uno dei maggiori esperti del settore, Melissa Lucio si è imbattuta in 10 dei 17 fattori di rischio per il rilascio di una falsa confessione, tra cui una storia di abusi sessuali e fisici, disabilità mentale, incluso il disturbo post-traumatico da stress, e scarsa comprensione verbale. È stata “incessantemente sottoposta a pressioni e ampiamente manipolata” dagli inquirenti che fin dall’inizio “hanno presunto la sua colpevolezza nell’omicidio della bambina”. Un aspetto fondamentale della presunzione di innocenza è il diritto a non essere obbligati ad autoincriminarsi, e qualsiasi coercizione a tal fine diretta o indiretta, fisica o psicologica (inclusi, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, la tortura e altri maltrattamenti) è vietata dal diritto internazionale.
I vincoli procedurali della legge federale sono il motivo per cui Melissa Lucio rimane nel braccio della morte, nonostante 10 giudici della Corte d’appello del Quinto circuito abbiano concluso che il giudice del processo abbia sbagliato a escludere la perizia che cercava di spiegare perché le dichiarazioni incriminanti dell’imputata – che rappresentano la base del caso contro di lei – fossero inaffidabili. La decisione del giudice ha privato Melissa Lucio di un processo equo. Per questi motivi la sua esecuzione violerebbe il diritto internazionale. Il diritto internazionale vieta anche l’esecuzione di coloro la cui condanna non sia basata su “prove chiare e convincenti che non lasciano spazio a una spiegazione alternativa dei fatti”. Mentre qui c’è spazio per seri dubbi.
Il procedimento dell’accusa è stato incentrato su un interrogatorio videoregistrato di Melissa Lucio, ammesso come prova il primo giorno del processo e subito mostrato alla giuria. L’interrogatorio è iniziato subito dopo il decesso di Mariah, la sera del 17 febbraio 2007. Incinta di due gemelli, privata del sonno, lontana dalla sua famiglia e dopo aver rinunciato al suo diritto ad un difensore, Melissa Lucio è stata interrogata da cinque agenti delle forze dell’ordine, quattro uomini e una donna. Nelle prime ore del 18 febbraio, dopo cinque ore di interrogatorio in cui aveva ripetuto di non aver mai colpito sua figlia in testa, ha reso delle dichiarazioni incriminanti, presentate al processo dall’accusa come piena “confessione”: “Credo di averlo fatto. Credo di averlo fatto” e “Cosa devo dire? Sono responsabile di questo”.
La difesa ha cercato di avvalersi di due periti che spiegassero alla giuria perché, benché non responsabile per la morte della figlia, Melissa Lucio abbia potuto rendere una “confessione” di quel tipo. Uno di questi, uno psicologo, avrebbe testimoniato che la traumatica storia di Melissa, fatta di relazioni con uomini abusivi emotivamente, fisicamente e sessualmente, l’avrebbe resa vulnerabile al punto da addossarsi la colpa ed essere accondiscendente nel corso dell’interrogatorio. Ha avuto modo di affermarlo anche un giudice federale nel 2021, “quella realtà è una solida base che spiega il rifiuto di Melissa dell’opportunità di presentare una difesa completa: ha solo cercato di addossarsi la colpa per le azioni di altri, un problema di personalità prodotto dalla sua stessa vita di abusi in un mondo di povertà assoluta”. Il giudice del processo ha deliberato che la testimonianza fosse irrilevante per il dubbio colpevolezza/innocenza, una decisione che è equivalsa a un totale rigetto della tesi della difesa, secondo cui sarebbe innocente e avrebbe confessato il falso. Amnesty International ritiene che questa sentenza da sola abbia reso il suo processo iniquo così come stabilito dal diritto internazionale. Ha minato la presunzione di innocenza, violato il principio di “parità delle armi”, negando all’imputata una effettiva possibilità di contestare le principali prove dell’accusa contro di lei.
In appello Melissa Lucio ha dovuto affrontare ostacoli procedurali ai sensi dell’Antiterrorism and Effective Death Penalty Act (Aedpa), una legge del 1996 promulgata per abbreviare il periodo di revisione delle decisioni delle corti statali da parte della autorità giudiziaria federale, nel tentativo di velocizzare le esecuzioni. Nel 1998 l’esperto delle Nazioni Unite sulla pena di morte ha dichiarato che “l’Aedpa ha ulteriormente messo a repentaglio il diritto ad un giusto processo”. Nel caso della Lucio, un collegio composto da tre giudici della Corte d’appello del Quinto circuito ha deciso che il giudice di primo grado aveva privato Melissa Lucio del suo diritto – sancito dalla Costituzione – di presentare una difesa efficace. Lo Stato ha fatto appello per una nuova udienza davanti alla Corte plenaria di 17 giudici. Tra essi sette (che hanno sottolineato come “lo Stato non abbia presentato elementi di prova materiali o testimonianze che stabiliscano direttamente che Lucio avesse abusato di Mariah o di uno qualsiasi dei suoi figli, o che avesse ucciso Mariah”) hanno sostenuto che la non ammissione della perizia da parte del giudice di primo grado fosse erronea e ritenuto la conferma della esclusione ad opera della Corte d’appello del Texas un’applicazione chiaramente irragionevole del precedente della Corte Suprema degli Stati Uniti, per cui l’effetto di alleggerimento del contenzioso a livello federale non sarebbe stato raggiunto conformemente alla normativa dell’Aedpa.
Tuttavia dieci giudici hanno ritenuto che Melissa Lucio non potesse superare i limiti applicativi disposti dall’Aedpa e tre di essi hanno riconosciuto che la testimonianza esclusa “avrebbe potuto mettere in serio dubbio la credibilità della confessione di Lucio”, che il dissenso aveva “dimostrato come fosse necessario che i giurati ascoltassero questa testimonianza” e che questo caso era un “chiaro esempio di come assicurare giustizia all’imputato possa richiedere un esame più completo delle decisioni sulle prove assunte dai tribunali statali, di quanto sia attualmente consentito”.
Gli Stati Uniti hanno ratificato il Patto internazionale sui diritti civili e politici nel 1992. L’esecuzione di una persona a cui è stato negato il diritto a un processo equo, previsto dall’articolo 14 del trattato, equivale a una privazione arbitraria della vita. Il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite, l’organismo di esperti istituito dal trattato per sovrintendere alla sua attuazione, ha affermato che “anche l’esecuzione di persone condannate, la cui colpevolezza non è stata accertata oltre ogni ragionevole dubbio, costituisce una privazione arbitraria della vita. Gli Stati parti devono pertanto adottare tutte le misure possibili al fine di evitare errori giudiziari nei casi di pena di morte, di rivedere gli ostacoli procedurali al riesame delle condanne. Gli Stati parte dovrebbero anche prendere in considerazione le implicazioni che hanno i nuovi studi attendibili sulla valutazione delle prove presentate nei casi capitali, compresi quelli che suggeriscono la prevalenza di false confessioni”.
Il 18 febbraio 2022, la Commissione interamericana dei diritti umani ha disposto delle “misure cautelari”, richiedendo agli Stati Uniti di non dar seguito alla esecuzione di Melissa Lucio prima che la Commissione fosse in grado di pervenire ad una decisione sulla sua petizione. Il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha precisato che, nel diritto internazionale, “le condanne a morte non devono essere eseguite fintantoché sono in vigore misure cautelari internazionali che richiedono la sospensione dell’esecuzione”.
Nel 2022, negli Stati Uniti, sono avvenute finora tre esecuzioni. Quella di Melissa Lucio, prevista il 27 di aprile, sarebbe la prima in Texas, lo Stato che conta più di un terzo (573) delle 1.543 esecuzioni che hanno avuto luogo nel paese da quando la Corte suprema degli Stati Uniti l’ha reintrodotta nel 1976. Dal 1973 almeno 186 persone condannate a morte negli Usa sono state scagionate. Amnesty International si oppone in ogni caso alla pena di morte, incondizionatamente.
Texas Governor Greg Abbott
Office of the Governor,
PO Box 12428, Austin
Texas 78711-2428, USA
Egregio Governatore Abbott,
Il 27 aprile 2022 Melissa Lucio, una donna americana di origini messicane di 52 anni, dovrebbe essere messa a morte in Texas. È stata condannata nel 2008 per l’omicidio – avvenuto nel 2007 – della figlia di due anni, Mariah.
Nel 2008, una giuria dello Stato del Texas ha ritenuto colpevole e condannato a morte Melissa Lucio per l’omicidio di primo grado della figlia Mariah di due anni. Secondo il medico legale che ha condotto l’autopsia, la bambina sarebbe morta per le conseguenze di una emorragia da trauma da corpo contundente alla testa. Sebbene la storia clinica della bambina includesse difficoltà a deambulare e cadute, il medico legale, al momento della deposizione nel processo, ha dichiarato che le lesioni alla testa non potevano essere conseguenza della caduta dalle scale dei due giorni antecedenti la morte, come invece affermato da Melissa Lucio.
Nuove prove di esperti rafforzano l’ipotesi che la morte sia stata causata da una caduta accidentale, che la testimonianza chiave del processo in cui si asserisce l’abuso di minori non fosse scientifica e che le dichiarazioni incriminanti di Melissa Lucio rese durante l’interrogatorio fossero inaffidabili.
Amnesty International ritiene che la sua esecuzione violerebbe il diritto internazionale a causa della forte preoccupazione sull’attendibilità della condanna e dell’iniquità del processo.
La invito a fermare l’esecuzione di Melissa Lucio e ad assicurarsi che la sua condanna a morte sia commutata.
La ringrazio per l’attenzione.