Aggiornamento del 11/02/2019 – Il governo thailandese, in linea con quanto stabilito dal diritto internazionale, ha deciso di rifiutare la richiesta di estradizione in quanto Hakeem al-Araibi gode in Australia dello status di rifugiato. Il calciatore può fare rientro in Australia. Il governo thailandese si è anche impegnato a rafforzare le misure di protezione nei confronti dei rifugiati.
Dal 27 novembre 2018 Hakeem al-Araibi, ex calciatore della nazionale del Bahrein, è in carcere in Thailandia in attesa della decisione sulla domanda di estradizione presentata dal suo Paese.
L’odissea per il giocatore comincia nel 2012, quando a novembre viene arrestato e rinchiuso in carcere per tre mesi, dove viene torturato. Nel 2014 arriva la sentenza: il difensore viene ritenuto colpevole di aver incendiato una stazione di polizia ed è condannato a 10 anni di reclusione. Inutili le prove presentate da Hakeem che aveva dimostrato di essere quel giorno in Qatar per giocare una partita.
Per evitare il carcere e nuove torture, Hakeem ha deciso di fuggire dal Bahrein. Nel 2014 si è trasferito a Melbourne in Australia con sua moglie e, nel 2017, gli è stato riconosciuto lo status di rifugiato.
A novembre del 2018 il calciatore ha deciso di passare con sua moglie qualche giorno di vacanza in Thailandia. Il 27 novembre 2018 atterrato all’aeroporto di Bangkok con un documento di viaggio australiano, è stato arrestato a causa di un errato avviso dell’Interpol. Ora è in custodia cautelare nel carcere di Klong Prem Remand.
Il 1° febbraio, i procuratori thailandesi hanno presentato una richiesta di estradizione a nome del governo del Bahrein e il 4 febbraio il calciatore è apparso di fronte ad una corte di Bangkok.
Le autorità thailandesi dovrebbero interrompere tutti i procedimenti relativi a questa assurda, crudele e cinica richiesta di estradizione. È noto che Hakeem sia sopravvissuto alla tortura in Bahrein e che i suoi familiari continuano a subire persecuzioni.
L’unica motivazione della richiesta di estradizione in Bahrein è punire ulteriormente Hakeem per le pacifiche opinioni politiche che ha espresso. Nel caso tornasse nel suo Paese è a grave rischio di ingiusta detenzione, tortura e altri maltrattamenti.
Mancano pochi giorni. Ma possono essere decisivi per salvare Hakeem dal carcere e lasciarlo libero di tornare nel Paese che gli ha dato asilo.
Immigration Bureau Commissioner
Police Maj.-Gen. Surachate Hakparn
Immigration Bureau
507 Soi Suan Plu
Bangkok 10120
Egregio maggior generale,
Le scrivo come sostenitore di Amnesty International, l’organizzazione non governativa che dal 1961 lavora in difesa dei diritti umani, ovunque siano violati.
Le chiedo di rilascia immediatamente Hakeem Ali al-Araibi e di permettigli di tornare in Australia se lo desidera.
La invito a non rimpatriarlo, in nessun caso, in Bahrein o in qualsiasi altro paese in cui possa rischiare gravi violazioni dei diritti umani.
La sollecito a garantire il rispetto in ogni momento dell’obbligo di non trasferire nessuno in un luogo in cui possa rischiare gravi violazioni dei diritti umani (obbligo di non-refoulement).
La ringrazio per l’attenzione.
La Thailandia è vincolata dal principio di non respingimento, che vieta il trasferimento di persone in qualsiasi paese o giurisdizione in cui si troverebbero ad affrontare un rischio reale di gravi violazioni dei diritti umani.
Questo principio è protetto in numerosi strumenti internazionali e ha raggiunto lo status di diritto internazionale consuetudinario, vincolante per tutti gli stati, indipendentemente dal fatto che abbiano ratificato i trattati pertinenti.
Il rimpatrio forzato di persone in un paese in cui potrebbero essere sottoposte a tortura e altri maltrattamenti costituirebbe anche una violazione della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, di cui la Thailandia è parte statale.
Funzionari thailandesi hanno ripetutamente affermato il loro impegno per il principio di non respingimento e nel garantire la sua protezione. Ciononostante, il governo thailandese ha più volte acconsentito a pressioni da parte di governi stranieri e ha rimpatriato forzatamente persone in paesi in cui la loro vita e il loro benessere sono a serio rischio.
Ali Ahmed Ibrahim Haroon, 21 anni, cittadino del Bahrein, è stato rimpatriato forzatamente dalla Thailandia il 18 dicembre 2014, in risposta a un avviso dell’Interpol sollevato dalle autorità del Bahrein. Ci sono rapporti credibili che denunciano che sia stato torturato appena arrivato in Bahrein. Secondo la famiglia di Haroon, sia le autorità thailandesi sia quelle del Bahrein lo hanno aggredito fisicamente.
Il respingimento è una grave violazione dei diritti umani. In ossequio agli standard legali internazionali, il Comitato esecutivo dell’Interpol nel 2014 ha adottato una nuova politica intesa a impedire che le sue legittime procedure di lotta al crimine vengano utilizzate per violare i diritti dei rifugiati. La politica non è ancora stata pubblicata dall’Interpol, ma è stata resa disponibile in un estratto dall’organizzazione Fair Trials.
Nonostante tutto, i governi del golfo arabo hanno continuato ad abusare del processo di “codice rosso” negli anni successivi per cercare, arrestare e rimpatriare forzatamente i dissidenti fuggiti all’estero.