Elżbieta Podleśna è una difensora dei diritti umani dalla Polonia. Lotta contro l’odio e la discriminazione da molti anni e continua a combattere per una Polonia giusta ed equa.
Il 6 maggio, subito dopo il suo ritorno da un viaggio in Belgio e Olanda con Amnesty International, la polizia ha fatto irruzione all’alba nella casa di Elżbieta. Sostenevano di aver trovato manifesti della Vergine Maria con un’aureola nei colori dell’arcobaleno della bandiera dell’orgoglio Lgbti.
La polizia ha arrestato Elżbieta e l’ha detenuta per diverse ore, confiscando le sue apparecchiature elettroniche, tra cui il computer portatile, telefono e schede di memoria. È stata accusata di “offendere il credo religioso“.
Avere, creare o distribuire poster come questi non dovrebbe essere un crimine. Tutti hanno il diritto di esprimersi perché siamo tutti protetti dal diritto alla libertà di espressione. Ma Elżbieta ora rischia fino a due anni di carcere se giudicata colpevole di queste accuse assurde. Viene sottoposta a diversi procedimenti giudiziari e questo è solo un altro esempio delle continue molestie che affronta semplicemente per aver portato avanti il suo pacifico attivismo.
Elżbieta non si lascerà fermare da questi continui attacchi e non sarà messa a tacere.
Unisciti a noi ora, sollecitando il ministro degli Interni polacco a garantire che le accuse contro Elżbieta Podleśna vengano immediatamente eliminate e che Elżbieta possa portare avanti le sue azioni pacifiche senza attacchi e rappresaglie da parte delle autorità.
Minister of Interior
Mr Joachim Brudziński
Ministerstwo Spraw Wewnętrznych i Administracji
ul. Stefana Batorego 5
02-591, Warszawa, Polska
E-Mail: kancelaria.glowna@mswia.gov.pl; biuroministra.BM@mswia.gov.pl
Twitter: @jbrudzinski
Facebook: https://www.facebook.com/JoachimBrudzinski/
Fax: 0048 (22) 601 39 88
Gentile ministro dell’interno,
Scrivo per esprimere la mia preoccupazione per le indagini in corso contro la difensora dei diritti umani Elżbieta Podleśna accusa di “offendere il credo religioso” dopo che la polizia ha fatto irruzione nella sua casa il 6 maggio e presumibilmente ha trovato copie di manifesti raffiguranti la Vergine Maria con un’aureola sulle spalle con i colori dell’arcobaleno della bandiera dell’orgoglio LGBTI.
Avere, creare o distribuire poster come questi non dovrebbe essere un reato penale ed è protetto dal diritto alla libertà di espressione.
Elżbieta Podleśna sta già affrontando numerosi procedimenti legali derivanti esclusivamente dal suo attivismo pacifico. Il modo in cui è presa di mira con accuse assurde in questo caso è in linea con gli attacchi portati avanti contro i difensori dei diritti umani.
La esorto pertanto a garantire che l’inchiesta nei confronti di Elżbieta Podleśna per “offese al credo religioso” venga immediatamente interrotta, che la polizia le restituisca tutti i suoi beni e che possa svolgere il suo pacifico attivismo senza attacchi e rappresaglie da parte delle autorità.
La ringrazio per l’attenzione.
Negli ultimi due anni, successivamente alle elezioni vinte dal partito Diritto e Giustizia, il governo polacco ha intrapreso significative modifiche legislative e politiche che hanno compromesso i diritti umani nel paese.
Tra le modifiche legislative, l’adozione di norme che minacciano l’indipendenza del Tribunale costituzionale, consolidano il potere nelle mani dell’esecutivo a spese di una magistratura indipendente e libera da interferenze politiche, stabiliscono restrizioni al diritto di libertà di riunione e di espressione e tentano di limitare i diritti delle donne.
In diverse città si sono registrate proteste contro l’adozione di questa legge. Ciononostante, prendere parte ad una protesta in Polonia richiede impegno, tempo, il contatto di un legale e la determinazione ad affrontare le conseguenze (che possono variare dalle molestie alle aggressioni fisiche e verbali, dalle sanzioni pecuniarie alla detenzione fino ai procedimenti penali).
Amnesty International ha ripetutamente espresso la propria preoccupazione riguardo alla criminalizzazione e alla severa repressione del diritto di protesta.
Le limitazioni alla libertà di riunione e di espressione delineano in Polonia un ambiente in cui non c’è spazio per esprimere opposizione alla politica e all’azione del governo.
Amnesty International ha criticato l’applicazione di provvedimenti del Codice dei reati minori e del Codice di procedura penale contro persone che stavano esercitando il proprio diritto alla libertà di pacifica riunione e di espressione definendole azioni sproporzionate e inutili ai sensi della legge internazionale sui diritti umani.
Il semplice atto di protesta pacifica per esprimere un dissenso collettivo ha consegnato centinaia di manifestanti alla custodia della polizia costringendoli a lunghi procedimenti legali per potersi difendere dalla persecuzione.
Il numero delle persone coinvolte è eloquente. A partire da marzo 2018, il team di supporto legale di Obywatele RP ha riportato di 549 casi di pacifici protestanti coinvolti nella fase preparatoria del processo ai sensi del Codice dei reati minori e di 62 ordinanze del tribunale. A giugno c’erano almeno 36 casi aperti contro i manifestanti in fase preparatoria del processo e 5 casi contro 9 persone già in fase processuale.
Le contravvenzioni e le azioni penali contro coloro che partecipano a forme di protesta violano il diritto alla libertà di pacifica riunione e rappresentano azioni intimidatorie che spingono le persone a ponderare attentamente prima di esercitare il proprio diritto di protesta. Ciò rappresenta una minaccia diretta a qualunque voce critica, alla libertà di espressione e al diritto di protestare e ha già avuto un effetto raggelante sulla società polacca.
Le azioni delle autorità hanno generato preoccupazioni relativamente al diverso atteggiamento tenuto nei confronti dei differenti tipi di manifestazione.
Ai sensi di legge, in Polonia, “le adunanze cicliche” ovvero organizzate ripetutamente dalla stessa associazione e nello stesso luogo, hanno la priorità rispetto ad altre che risultano, invece, occasionali. La marcia dell’Indipendenza è considerata un raduno ‘ciclico’. Essenzialmente, questa disposizione riconosce la priorità ad una forma di raduno rispetto ad altre il che, nella pratica, ha condotto a proibire numerosi raduni nel 2017 e nel 2018. Dare priorità ad una forma di espressione su un’altra, senza alcun tentativo da parte delle autorità di dar spazio ad entrambe, rappresenta una violazione della normativa internazionale e degli standard sulla libertà di raduno ed espressione.
Un tale duplice criterio si riflette sul modo in cui il corpo di polizia agisce. Amnesty International ha documentato casi in cui la polizia non è riuscita a fermare gli assalti o le violenze da parte di gruppi nazionalistici o di estrema destra quando rivolti ai danni di contro-manifestanti. Questo tipo di sorveglianza appare deliberato e fa nascere la preoccupazione che gli attori delle forze dell’ordine statali favoriscano le dimostrazioni filo-governative e nazionalistiche rispetto ad altri tipi di raduno.
Ad oggi, le corti hanno svolto un ruolo critico nella salvaguardia dei diritti umani, inclusi i diritti di libertà di raduno. Ciononostante, le leggi adottate negli ultimi due anni stanno seriamente minando l’indipendenza della magistratura avendola assoggettata al controllo politico del governo e avendo fornito l’esecutivo di nuovi strumenti di esercizio del potere atti a scavalcarla. Con i magistrati vulnerabili alle pressioni politiche, ci sono crescenti apprensioni che gli attivisti, i difensori dei diritti umani e gli altri perdano uno dei pilastri della garanzia di protezione e rispetto dei diritti umani, cioè la presenza di corti indipendenti.
Amnesty International sta documentando pressioni continue sulla magistratura e ha già verificato i primi casi di molestie e pressione politica subite dai magistrati che hanno respinto le accuse contro protestanti pacifici.