Bibata Ouedraogo, Su Changlang, Eren Keskin, Máxima Acuña, Helen Knott sono tutte difensore dei diritti umani che hanno deciso di dedicare la propria vita alla battaglia quotidiana per la realizzazione dei diritti umani di tutte e tutti noi.
In Burkina Faso, nella Repubblica Popolare Cinese, in Turchia, in Perù e in Canada, queste donne coraggiose, vengono minacciate, vessate, insultate, umiliate, censurate, marginalizzate, picchiate, imprigionate, perseguitate penalmente per il loro lavoro in difesa dei diritti umani; per aver sfidato gli stereotipi di genere, le strutture del potere e del profitto, le norme sociali e i valori patriarcali, religiosi e tradizionali; per aver rivendicato i diritti sessuali e riproduttivi e i diritti ambientali e dei popoli nativi.
Loro difendono i nostri diritti, noi dobbiamo difendere il loro spazio d’azione, contribuendo a creare un ambiente sicuro e idoneo in cui sia possibile difendere e promuovere i diritti umani senza timore di punizioni, rappresaglie o intimidazioni.
Perché non ci siano altre donne che muoiono per aver difeso i diritti umani – come la coraggiosa Berta Càceres, uccisa il 2 marzo 2016 per il suo lavoro in difesa della terra e dei diritti della comunità nativa in Honduras – chiediamo che il Governo italiano riconosca il ruolo di coloro che difendono i diritti umani e in particolare quello delle donne, che spesso affrontano rischi aggiuntivi sia per il loro genere che per i diritti contestati che rivendicano e che si adoperi, sia attraverso le sue missioni all’estero, che sul nostro territorio, con azioni concrete a favore delle difensore a rischio, legittimandole, proteggendole e promuovendo il loro lavoro in Italia e all’estero.
Paolo Gentiloni
Presidente del Consiglio dei Ministri
Palazzo Chigi
Piazza Colonna 370
00187 Roma
Angelino Alfano
Ministro degli Affari Esteri
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
Piazzale della Farnesina, 1
00135 Roma
Egregio Presidente,
nel 1999, la comunità internazionale ha adottato la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Difensori dei diritti umani, riconoscendo l’importanza che gli attori della società civile svolgono nella difesa dei valori alla base della dignità umana. La dichiarazione sollecita gli stati a riconoscere l’importante ruolo svolto dai difensori dei diritti umani e a proteggerli nello svolgimento delle loro attività. Tuttavia, quasi due decenni dopo, i difensori dei diritti umani continuano a essere oggetto di minacce, torture, detenzioni arbitrarie e, in alcuni casi, a perdere la vita per aver denunciato violazioni dei diritti umani. Nel 2016, secondo Front Line Defenders, sono stati uccisi 282 difensori dei diritti umani nel mondo, tra cui 39 donne. Le donne che difendono i diritti umani lottano contro gli stereotipi di genere, sfidano le strutture del potere e del profitto, le norme sociali e i valori patriarcali, religiosi e tradizionali. Esse guidano il progresso sociale e si battono per la realizzazione dei diritti umani di tutte e tutti e, a causa di ciò, spesso vengono minacciate, umiliate, censurate, marginalizzate, torturate e imprigionate.
Berta Càceres, coraggiosa difensora dei diritti umani e dell’ambiente, è stata assassinata nella notte tra il 2 e il 3 marzo 2016, in Honduras, conduceva da anni una campagna per la realizzazione dei diritti della sua comunità nativa. Bibata Ouedraogo, Su Changlang, Eren Keskin, Máxima Acuña, Helen Knott sono tutte difensore dei diritti umani, come Berta Càceres, che hanno deciso di dedicare la propria vita alla battaglia quotidiana per la realizzazione dei diritti umani di tutte e tutti noi.
Perché le difensore e i difensori dei diritti umani possano portare avanti il loro lavoro, chiediamo che il Governo italiano si adoperi, in Italia e all’estero, attraverso le sue rappresentanze diplomatiche, affinché:
sia riconosciuta la legittimità dei difensori dei diritti umani, facilitando e supportando pubblicamente il loro lavoro e riconoscendo il loro contributo alla realizzazione dei diritti umani;
siano riconosciuti i particolari rischi che affrontano le donne che difendono i diritti umani e che queste siano protette dalla discriminazione e dalla violenza di genere;
si fornisca un ambiente sicuro per i difensori dei diritti umani, in cui non debbano temere punizioni, rappresaglie o intimidazioni;
siano costruiti, in consultazione con difensori dei diritti umani e con le organizzazioni della società civile, meccanismi di protezione nazionale per i difensori dei diritti umani a rischio;
sia data attuazione ai relativi Orientamenti dell’Unione Europea in maniera trasparente, attraverso l’elaborazione e la pubblicazione di Linee guida per il personale diplomatico italiano, affinché monitori e sostenga il lavoro dei difensori del diritti umani all’estero, dando adeguata pubblicità alle possibilità di protezione a loro disposizione.
La ringrazio per l’attenzione.
Realizza un fiore di carta come gesto simbolico di solidarietà con le difensore dei diritti umani.
Ogni origami racconta la storia di una donna coraggiosa: Bibata Ouedraogo, educatrice del Burkina Faso, Su Changlan, attivista cinese per i diritti delle donne, Eren Keskin, avvocata turca, Máxima Acuña, contadina peruviana che si batte per difendere la sua terra, Helen Knott, portavoce delle comunità native canadesi.
Come realizzare un origami
Come inviare il tuo origami ad Amnesty International
Componi il tuo origami e invialo entro il 10 maggio a Amnesty International – Sezione italiana, via Magenta, 5, 00185 Roma.
A chi consegneremo gli origami
Consegneremo i fiori di carta al Presidente del Consiglio per chiedere che il Governo si adoperi con azioni concrete a favore delle donne che difendono i diritti umani, legittimandole, proteggendole e promuovendo il loro lavoro in Italia e all’estero.
In occasione dell’8 marzo collaboriamo al progetto “Insieme creiamo un altro vivere” iniziativa di Altromercato nata per spingere la società civile a un’azione forte, radicale e concreta che dimostri che un altro vivere è possibile. #unaltrovivere si concentra in occasione della Giornata mondiale della donna su alcune storie di donne che si sono unite per lottare per i propri diritti e innescare processi di emancipazione nelle proprie comunità.
Cioccolato in piazza
Dall’8 al 12 marzo in 50 città italiane Altromercato sarà accanto ad Amnesty International Italia con un prodotto simbolo: il cioccolato biologico ed equosolidale Mascao.
Acquistando le tavolette di cioccolato Mascao Altromercato bio al latte e fondente 70% si potranno così sostenere concretamente le cause di Amnesty International.
Le iniziative in piazza
In Burkina Faso, le mutilazioni dei genitali femminili, i matrimoni precoci e forzati e la violenza domestica sono molto diffusi. Solo il 17% delle donne usa metodi contraccettivi e oltre 2000 donne all’anno muoiono durante il parto.
Bibata Ouédraogo, ex insegnante, è una difensora dei diritti umani impegnata, con la sua associazione (AFEDEB), nella promozione e protezione dei diritti delle donne, inclusi i diritti sessuali e riproduttivi e il diritto alla salute materna. Il suo lavoro è quello di sensibilizzare la comunità rurale sui temi dell’HIV/AIDS, la salute materna, la violenza e la discriminazione contro le donne, le mutilazioni dei genitali femminili e i matrimoni precoci e forzati.
“Siamo noi che portiamo a termine la gravidanza, noi da sole che dobbiamo decidere se vogliamo restare incinte o no!” Bibata Ouedraogo
Sono passati 100 anni da quando il bisnonno di Helen Knott, portavoce di una delle comunità native della Peace River Valley, nella provincia della British Columbia, in Canada, firmò il trattato con il Governo per proteggere lo stile di vita della sua comunità. Invece di onorare quella promessa, il Governo, sebbene sia a conoscenza del danno permanente che causerà alle popolazioni native di quell’area, ha autorizzato la costruzione di grande diga idroelettrica che minaccia la cultura dei nativi.
La comunità che vive nella regione ha già perso molto della propria terra a causa delle perforazioni svolte in cerca di gas e petrolio e si è rivolta a un tribunale. Se il progetto multimilionario della diga andrà avanti, perderanno le loro ultime terre ancestrali in cui ancora pescano, cacciano e portano avanti le loro cerimonie. Chiediamo che Helen possa condurre la battaglia per la sua terra in tutta sicurezza!
“Questa è la mia casa. Qui è dove voglio crescere i miei figli e i miei nipoti… (se ce la portano via ndr) cosa ci resta?” Helen Knott
Su Changlan è una nota difensora dei diritti umani della Repubblica Popolare Cinese, detenuta numerose volte per aver organizzato proteste pacifiche a difesa dei diritti delle donne, in particolare sui temi della pianificazione familiare e sulla violenza domestica. Su potrebbe essere condannata a 15 anni di prigione per “incitamento a sovvertire i poteri dello stato” per aver usato i social media ripubblicando articoli online in cui veniva contestato il Partito Comunista Cinese. Chiediamo che le donne come Su non siano imprigionate, ma protette.
“Alla vigilia del processo, non c’è traccia di paura. Naturalmente, mi auguro che dopo l’udienza sarò in grado di tornare a casa il più presto possibile, per riunirmi alla mia famiglia e vedere i miei amici! Tuttavia, ancora di più, spero che tutti i prigionieri di coscienza saranno liberati il più presto possibile!” Su Changlan
Il Governo turco non apprezza il fatto che Eren Keskin, avvocata, difende i diritti della minoranza curda nel paese. Eren è stata portata in tribunale oltre 100 volte, accusata di insultare lo stato e il presidente. Ha già trascorso sei mesi in prigione – solo perché ha usato la parola “Kurdistan” in un articolo. Eren è una coraggiosa difensora dei diritti umani. Porta avanti battaglie per la realizzazione dei diritti di altre persone nonostante venga spesso minacciata e, in alcuni casi, aggredita fisicamente. Ora si trova a rischio di tornare in prigione, e per lungo tempo, per un discorso pubblico fatto 11 anni fa in cui accusava lo stato di aver “massacrato” Uğur Kaymaz, un bambino di 12 anni. Per Eren, l’uccisione di questo bambino da parte delle forze armate nel 2004 è una delle tante macchie della storia della Turchia e che qualcuno deve rispondere di questo crimine. Chiediamo che Eren non sia imprigionata per aver denunciato un crimine e per aver chiesto giustizia ma che sia ascoltata!
“Lo Stato è in grado di “macellare” un bambino di 12 anni. E’ questo il contesto selvaggio di questo stato. La Turchia deve rispondere di ciò. La storia della Turchia è una storia sporca” Eren Keskin
Máxima è in causa con la Yanacocha, una delle miniere d’oro e di rame più grandi del mondo, di proprietà della società statunitense Newmont. La Yanacocha vuole appropriarsi della sua terra. La polizia ha aggredito la sua famiglia, picchiando lei e i suoi figli, danneggiando la casa e distruggendo l’ampliamento in costruzione. Inoltre, agenti armati della sicurezza privata della Yanacocha hanno devastato i suoi raccolti. Si tratta di una campagna intimidatoria volta a renderle la vita impossibile, in modo che Máxima rinunci alla battaglia e se ne vada. Ma lei non ha nessuna intenzione di arrendersi, perché teme che la miniera a cielo aperto contaminerà le riserve idriche e ridurrà di molto l’acqua a disposizione delle migliaia di persone della zona, che sopravvivono coltivando e allevando bestiame. Il suo coraggio le ha fatto vincere il Premio Goldman 2016, il più prestigioso premio internazionale per l’ambiente. La sua comunità la considera una leader e ha unito le forze per proteggerla. Insieme, dobbiamo garantire che la sua famiglia possa vivere in pace sulla sua terra fino a che il tribunale non pronuncerà una sentenza definitiva. Chiediamo che Máxima resti nella sua terra e che sia protetta da minacce e intimidazioni.
“Non ho mai avuto la possibilità di andare a scuola e nemmeno quella di imparare a scrivere, ma so come si resiste, so come si combatte e questo è il motivo per cui le imprese estrattive non mi sconfiggeranno”