Tatyana Revva, dottoressa di un’unità di terapia intensiva di Kalach-on-Don, Russia meridionale, continua a subire rappresaglie per aver esposto il problema della carenza dei dispositivi di protezione individuale (DPI) e altri problemi all’interno della pandemia da Covid-19.
Sta portando avanti un appello contro una decisione del tribunale del 23 luglio che ha respinto la sua rivendicazione civile contro l’ospedale per aver imposto richiami disciplinari contro di lei. A luglio ha anche appreso di essere a rischio di procedimenti penali: l’ufficio del pubblico ministero distrettuale ha annullato la decisione di non avviare un procedimento contro di lei, in particolare le accuse di diffamazione connesse alle sue denunce.
In Russia abbiamo raccolto diverse segnalazioni di rappresaglie subite da operatori sanitari, attivisti della società civile e difensori dei diritti umani nel contesto della pandemia da Covid-19. Alcuni attivisti e informatori sono stati perseguitati per aver sollevato preoccupazioni sulla carenza di attrezzature necessarie, mancanza di formazione, bassa retribuzione o condizioni di lavoro non sicure. Altri semplicemente per aver cercato di aiutare.
Tatyana Revva rischia un processo per aver fatto il suo dovere. Difendila ora.
All’inizio di marzo, la dottoressa Tatyana Revva ha riferito le sue preoccupazioni in merito alla carenza di DPI e altri problemi di gestione della pandemia da Covid-19 a un sindacato indipendente, la Federazione dei dottori. In un video ha descritto le problematiche affrontate dal personale del suo ospedale. Da allora la sua lettera al sindacato e il suo video sono stati resi pubblici.
Subito dopo che il video è stato diffuso, la direzione dell’ospedale ha adottato misure disciplinari contro Tatyana, sostenendo che le sue affermazioni sono infondate e prendendola di mira per le sue critiche. In base a quanto riportato, in un mese Tatyana ha ricevuto due rimproveri formali e un ammonimento scritto da parte della direzione, e in sei occasioni ha dovuto fornire spiegazioni scritte su presunte irregolarità nel suo lavoro.
Uno dei procedimenti disciplinari contro Tatyana Revva è stato avviato per la sua presunta violazione della riservatezza di un paziente. Il paziente in questione è suo padre, ricoverato al pronto soccorso dell’ospedale con un sospetto attacco di cuore. Tatyana lo ha visitato immediatamente all’arrivo e ha ricevuto un rimprovero ufficiale sulla base del fatto che avrebbe dovuto completare i moduli di registrazione del paziente. Tatyana sostiene che questa è stata una visita privata – a un membro della famiglia – e non era un consulto medico. Inoltre, la presunta malattia del padre non rientrava nemmeno nella sua area di competenza e quindi non aveva nulla a che fare con la cartella clinica del paziente in questo caso.
Tatyana ha solo menzionato questo incidente in una lettera al sindacato e in un’intervista con un giornalista. Non ha rivelato i dati personali o la diagnosi di suo padre e quindi non ha violato la riservatezza del paziente. Tuttavia, questo è diventato il motivo per il procedimento disciplinare a suo carico che può portare al suo licenziamento.
In base al diritto internazionale sui diritti umani, i governi hanno l’obbligo di proteggere il diritto alla libertà di espressione, incluso il diritto di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee di ogni tipo. Restrizioni al diritto alla libertà di espressione per motivi di salute pubblica sono consentiti, tuttavia devono essere chiaramente previsti dalla legge ed essere necessari e proporzionati per la protezione salute pubblica, non discriminatori.
Le autorità non devono limitare l’accesso e la diffusione di informazioni sulla situazione sanitaria pubblica. Devono garantire che le persone abbiano facilmente accesso alle informazioni attraverso i media e Internet, nonché l’accesso ufficiale ad informazioni e documenti essenziali affinché le persone possano proteggersi e rispettare misure adottate dal governo per tutelare la salute pubblica.
La persecuzione di Tatyana Revva non è un caso isolato.
A fine marzo Anastasia Vasilyeva, medico a capo di un sindacato di operatori sanitari della Russia, aveva lanciato un appello tramite YouTube a tutti i medici e gli infermieri della Russia: “Non lavorate senza mezzi di protezione!“. Il 31 marzo era stata convocata per interrogatori.
Il 2 aprile l’hanno arrestata insieme ad alcuni colleghi e a giornalisti. Il gruppo era appena arrivato nel villaggio di Okulovka (nella regione di Novgorod) per consegnare mascherine e altri strumenti protettivi al personale medico dell’ospedale locale.
Per tutti è stata elevata l’accusa di “mancato rispetto delle norme di condotta per prevenire e risolvere una situazione d’emergenza“. Ma, a differenza degli altri, Anastasia Vasilyeva non è stata rilasciata. Anzi, all’interno della stazione di polizia del villaggio le hanno stretto le mani al collo e picchiata allo stomaco fino a quando non è svenuta.
Anastasia Vasilyeva ha trascorso la notte tra il 2 e il 3 aprile in una cella di polizia. Rischia di essere processata per “disubbidienza agli ordini di un agente di polizia“.
La Russia e tutti gli stati devono astenersi da qualsiasi tentativo di censura o intimidazione, azioni di ritorsione e/o azioni disciplinari nei confronti di giornalisti, organizzazioni della società civile, attivisti, cittadini reporter, operatori sanitari o chiunque altro intenda diffondere informazione.
Imporre indebite limitazioni al diritto alla libertà di espressione e alla capacità delle persone di cercare informazioni non solo violano gli obblighi della Russia in materia di diritti umani, ma mettono anche a repentaglio l’efficacia della stessa risposta di salvaguardia della salute pubblica.
Quando le risposte degli stati al Covid-19 si basano su restrizioni di informazioni, mancanza di trasparenza e censura, rischiano di minare i diritti di tutti.
In questo modo gli stati ostacolano chi vuole adeguatamente proteggersi dalla pandemia perché influenzano un’immagine distorta della realtà.
Gli operatori sanitari sono in prima linea di questa epidemia perché continuano a fornire servizi nonostante i rischi personali per loro e le loro famiglie. I rischi che affrontano includono la possibilità di contrarre il Covid-19 mentre si fa il proprio lavoro, orari di lavoro lunghi, disagio psicologico e stanchezza.
Sebbene non ci siano statistiche ufficiali in Russia sul numero di operatori sanitari contagiati o morti da Covid-19, le pubblicazioni dei media menzionano centinaia di persone infette tra gli operatori sanitari del paese e oltre 600 operatori deceduti combattendo la pandemia.
Dozzine di professionisti sanitari hanno lamentato la mancanza di dispositivi di protezione individuale sufficienti o adeguati, condizioni di lavoro e di retribuzione inadeguati.
Sale a 7.000 il numero di operatori sanitari morti nel mondo a causa del Covid-19. A metà luglio i decessi erano oltre 3000.
Gli stati col maggior numero di morti da Covid-19 tra gli operatori sanitari sono Messico (1320), Usa (1077), Regno Unito (649), Brasile (634), Russia (631), India (573), Sudafrica (240), Italia (188), Perù (183), Iran (164) ed Egitto (159).
Questi dati sono probabilmente assai sottostimati a causa delle incomplete informazioni disponibili in molti degli stati oggetto della ricerca.
Non è possibile inoltre fare comparazioni tra i vari stati, a causa delle diverse modalità di registrazione dei dati e delle definizioni non omogenee della categoria professionale.
Prosecutor of Volgograd Region
Denis Alekseevich Kostenko
Prosecutor’s office of Volgograd region
Ul. Istoricheskaya, 124, Volgograd, 400075
Russian Federation
Egregio procuratore della regione di Volgograd,
La dottoressa Tatyana Revva, una dottoressa di un’unità di terapia intensiva di Kalach-on-Don, deve affrontare rappresaglie dopo riportato ripetute lamentele alla direzione del suo ospedale in merito alla carenza di dispositivi di protezione individuale (DPI) per gli operatori sanitari nel contesto della pandemia da Covid-19.
Sono sconvolto nell’apprendere che il 23 luglio un tribunale ha respinto la sua richiesta civile contro l’ospedale per averle imposto misure disciplinari. Sono a conoscenza del suo ricorso in appello a questa decisione.
Tatyana Revva ha ricevuto una lettera dal suo ufficio a luglio in cui affermava che alcuni dei problemi da lei segnalati erano stati confermati dall’ispezione ospedaliera condotta dall’ufficio del procuratore regionale. Tuttavia, la stessa lettera affermava anche che l’ufficio del procuratore del distretto di Kalachevsky aveva ribaltato la decisione della polizia distrettuale di non avviare un procedimento penale contro di lei ai sensi dell’articolo 128.1 del codice penale russo (ovvero per “diffamazione”). La lettera ha dichiarato che alla polizia era stato ordinato di condurre un ulteriore esame preliminare per stabilire se fosse possibile procedere penalmente contro di lei. L’esame preliminare è stato condotto a seguito di una denuncia del primario dell’ospedale di Tatyana Revva. A quel tempo, la polizia ha rifiutato più volte di aprire un procedimento penale in quanto non avevano identificato motivi a sostegno.
La esorto a prendere tutte le misure necessarie per porre fine alle rappresaglie contro Tatyana Revva. Questi dovrebbero includere la sospensione dell’esame preliminare in corso, assicurando che sia in grado di svolgere i suoi doveri professionali e di esercitare il diritto alla libertà di espressione, senza impedimenti o molestie. La invito anche a prendere provvedimenti per garantire la salute dei lavoratori dell’ospedale di Kalach-on-Don e di altri ospedali nella regione di Volgograd affinché siano adeguatamente protetti nel contesto della pandemia da Covid-19.
Ringrazio per l’attenzione.