Negli ultimi anni casi di repressione delle proteste attraverso l’uso di armi meno letali sono stati segnalati in numerosi stati nel mondo.
In Thailandia, nel 2020 e nel 2021, la polizia ha fatto ricorso alla forza eccessiva contro i manifestanti usando in modo improprio e ingiustificato manganelli, proiettili di gomma e cannoni ad acqua combinata con irritanti chimici, con getti di liquido da distanza ravvicinata su manifestanti, osservatori e giornalisti spesso impossibilitati a muoversi o a trovare riparo.
In Francia, negli ultimi anni, centinaia di manifestanti e agenti delle forze di polizia sono rimasti feriti nel corso delle proteste. Molte delle ferite sono state causate da armi meno letali intrinsecamente abusive (come granate pungenti e granate esplosive GM2L) o dall’uso improprio di proiettili a impatto cinetico (proiettili di gomma) e da candelotti di gas lacrimogeno lanciati ad altezza di persona. Nel 2018, una donna di 80 anni è morta dopo essere stata colpita da un gas lacrimogeno sparato dalla polizia francese attraverso la finestra del suo appartamento al quarto piano.
Anche in Italia, a volte, i gas lacrimogeni sono stati utilizzati in modo improprio causando gravi danni ai manifestanti. Ad esempio l’8 dicembre 2011, durante una manifestazione del movimento No-Tav, un candelotto di gas lacrimogeno sparato ad altezza di persona ha colpito alla testa Yuri Justesen, che ha perso per sempre parte dell’udito.
Il diffuso uso improprio di armi meno letali solleva interrogativi sulla mancanza di regolamenti, sui discutibili processi decisionali di coloro che sovrintendono alle operazioni di polizia e sulla mancanza di addestramento di molti agenti che le usano. In molti stati, l’uso e il commercio di armi meno letali sono scarsamente regolamentati e la polizia non è adeguatamente addestrata, beneficiando così di un’ampia impunità.
Chiedi, insieme a noi, l’adozione di un trattato internazionale che regoli il commercio delle armi meno letali in dotazione delle forze di polizia impegnate in azioni di ordine pubblico!
Abbiamo raccolto le testimonianze di Yuri Justesen e dell’avvocata Valentina Colletta che ci hanno raccontato quanto accaduto nel 2011.
Le armi meno letali (come i dispositivi antisommossa, tra i quali manganelli, spray al peperoncino, gas lacrimogeni, granate stordenti, cannoni ad acqua e proiettili di gomma) hanno lo scopo di consentire alle forze di polizia di usare un livello minimo di forza di fronte a un particolare minaccia. Se impiegate correttamente e in linea con gli standard internazionali sull’uso della forza, il loro impiego è legittimo. Tuttavia, tali strumenti si prestano a essere usati in modo illegale e possono provocare lesioni gravi e persino la morte, se non utilizzati in conformità con gli standard sui diritti umani.
Tra le armi più frequentemente usate in modo improprio nel contesto delle proteste ci sono i manganelli con cui le forze di polizia picchiano i manifestanti, per intimidirli e punirli, anche se sono già stati fermati. Questi strumenti possono essere usati anche per infliggere tortura o altri maltrattamenti, ad esempio per soffocare le persone con prese al collo illegali e persino per commettere violenze sessuali.
Un’altra arma molto comune, anch’essa considerata meno letale, utilizzata per controllare l’ordine pubblico, e in particolare le manifestazioni, è il gas lacrimogeno. L’utilizzo dei gas lacrimogeni può impedire alla polizia di dover ricorrere ad armi più dannose per disperdere la folla. In realtà, le forze di polizia di tutto il mondo hanno usato e usano i gas lacrimogeni in modo improprio, spesso lanciandone una gran quantità in spazi ristretti e/o sparandoli direttamente contro chi manifesta.
Negli ultimi anni c’è stata un’impennata globale delle proteste pubbliche, motivate da varie rimostranze, dalla corruzione endemica, dalla discriminazione così come dalle minacce ai diritti e alle libertà. A queste proteste, le forze di polizia rispondono con una violenta repressione.
Le forze di polizia utilizzano in modo del tutto inappropriato tutta una serie di attrezzature e armi meno letali, in particolare irritanti chimici (gas lacrimogeni e spray al peperoncino), proiettili a impatto cinetico (come proiettili di gomma e plastica) e manganelli.
In molti casi documentati da Amnesty International l’uso di tali armi costituisce tortura o altri maltrattamenti: prendere di mira manifestanti pacifici con proiettili di gomma o di plastica e altri proiettili potenzialmente letali; usare a scopo irritanti chimici come spray al peperoncino contro persone in stato di fermo o che non rappresentano una minaccia; picchiare coi manganelli persone in stato di fermo o che tentano di allontanarsi dai luoghi delle proteste; lanciare grandi quantità di gas lacrimogeni in spazi ristretti.
Ad oggi non esistono normative globali sulla produzione e sul commercio delle armi meno letali. Le norme vigenti a livello regionale e nazionale, pur fondamentali, non sono sufficienti a garantire che forze di polizia già note per compiere torture e altri maltrattamenti non continuino a importare/esportare armi meno letali e altre attrezzature da stati privi di efficaci controlli nazionali su tali commerci; né saranno in grado di eliminare la produzione e il commercio, a livello globale, di attrezzature intrinsecamente atte a violare i diritti umani.
Un Trattato internazionale sul commercio libero dalla tortura introdurrebbe, quindi, divieti e controlli commerciali globali legalmente vincolanti sulle attrezzature in dotazione delle forze di polizia e utilizzate per commettere torture o altri maltrattamenti. Il suo scopo sarebbe quello di: a) vietare la produzione e il commercio di quelle attrezzature utilizzate per l’ordine pubblico e durante la custodia che non hanno alcun uso pratico se non quello di infliggere tortura o altri maltrattamenti (“attrezzature intrinsecamente atte a violare i diritti umani”); b) stabilire efficaci salvaguardie sui diritti umani.
Amnesty International, in collaborazione con altre realtà della società civile, sta sostenendo il tentativo di presentare una forte risoluzione all’Assemblea generale delle Nazioni Unite per avviare, nel 2023, il processo di negoziazione del Trattato.
Antonio Tajani,
Ministro degli Affari Esteri
Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
Piazzale della Farnesina, 1
00135 Roma
In tutto il mondo, la polizia e le forze armate utilizzano gas lacrimogeni, proiettili di gomma, spray al peperoncino e manganelli per reprimere le proteste pacifiche. Negli ultimi anni migliaia di manifestanti hanno subito ferite gravi, che hanno cambiato la loro vita o addirittura sono morti.
Le forze di sicurezza libanesi, ad esempio, hanno utilizzato in modo improprio una varietà di armi di fabbricazione francese per reprimere le proteste, sparando incautamente gas lacrimogeni e proiettili di gomma direttamente sulla folla. Tra i tanti feriti c’erano Jean George Prince, che ha avuto bisogno di un intervento di chirurgia ricostruttiva dopo che il 18 gennaio 2019 era stato colpito al volto da un proiettile di gomma, e Jad che l’8 agosto 2020 è stato colpito al volto da un candelotto di gas lacrimogeno che gli ha rotto il naso.
Anche in Italia, a volte, i gas lacrimogeni sono stati utilizzati in modo improprio causando gravi danni ai manifestanti. Ad esempio. l’8 dicembre 2011, durante una manifestazione del movimento No-Tav, un candelotto di gas lacrimogeno sparato ad altezza di persona ha colpito alla testa Yuri Justesen, che ha perso per sempre parte dell’udito. E ancora, il 17 aprile 2021, durante un’altra manifestazione indetta dal movimento No-Tav, un’attivista è rimasta ferita a un occhio dal lancio di un lacrimogeno ed è stata costretta a sottoporsi a diversi interventi chirurgici che tuttavia non sono serviti a restituirle completamente la vista.
Un trattato che stabilisca un meccanismo di controllo in materia di diritti umani[1] del commercio di queste armi e che ne vieti l’addestramento a scopo di tortura o altri maltrattamenti, potrebbe impedire che altre persone vengano ferite in questo modo!
Le chiediamo, quindi, di sostenere l’adozione di un trattato globale, forte e legalmente, vincolante che vieti gli strumenti intrinsecamente atti a violare i diritti umani[2] e che sottoponga il commercio delle armi cosiddette meno letali, destinate all’uso della forza in contesti di ordine pubblico o di custodia, a controlli in materia di diritti umani.
La ringraziamo per l’attenzione.
[1] Gli stati membri dell’Unione europea già vietano gli strumenti intrinsecamente atti a violare i diritti umani e quelli usati per la pena di morte e sottopongono a controlli gli strumenti e le sostanze chimiche che potrebbero essere usati a scopo di tortura o altri maltrattamenti, anche letali (Regolamento UE 1236/2005).
[2] Per strumenti intrinsecamente atti a violare i diritti umani si intende bastoni acuminati, cinture elettriche stordenti e altri dispositivi a scarica elettrica che vengono fatti indossare, così come dispositivi inutilmente dolorosi, lesivi o umilianti usati per immobilizzare le persone, come ceppi, manette da muro, manette serrapollici e serra dita.