Celle sovraffollate, sporche, prive di fonti esterne di aria e di luce: questa è la drammatica situazione in cui versano i detenuti nelle carceri in Madagascar dove la tubercolosi è tra le prime cause di morte.
Molti detenuti, a causa di un sistema giudiziario inefficiente, restano in attesa di un processo per anni.
La prolungata detenzione preventiva, applicata senza eccezioni né per donne incinte né per bambini, viola il diritto alla libertà, il diritto alla presunzione di innocenza e ad essere trattati con umanità e nel rispetto della dignità intrinseca della persona umana.
I detenuti, rilasciati dopo tanti mesi di detenzione preventiva, faticano a “reinserirsi” nella società. Molti di loro si ritrovano senza lavoro e in stato di povertà e, a causa delle terribili condizioni di detenzione, in uno stato fisico e mentale molto più debole.
Le autorità del Madagascar devono prendere misure immediate per garantire che la detenzione preventiva costituisca un’eccezione, piuttosto che la regola. Devono inoltre garantire che tutti i detenuti siano trattati umanamente e che i loro altri diritti umani siano rispettati e protetti.
In base agli ultimi dati pubblici disponibili, solo nel 2017 nelle prigioni del Madagascar sono morte 129 persone, 52 delle quali erano in attesa di processo.
La detenzione preventiva può durare anni, anche quando le persone sotto indagine sono sospettate di piccoli reati: un uomo accusato di aver rubato del bestiame era in attesa del processo da tre anni e mezzo.
Le donne in gravidanza non ricevono cure mediche adeguate, i bambini non hanno spazio per giocare e non seguono programmi educativi, le razioni di cibo sono così scarse da poter stare, nelle parole di un detenuto, “nel palmo di una mano”.
Gabinetti e docce non funzionano adeguatamente e alcune carceri hanno latrine a cielo aperto, una situazione che espone i reclusi a un alto rischio di malattie.
La maggior parte dei penitenziari del paese non viene adeguatamente ristrutturata da almeno 60 anni. Le infrastrutture sono fatiscenti, in alcuni casi al punto da mettere a rischio l’incolumità dei reclusi. Nel luglio 2018, quattro detenuti sono rimasti uccisi sotto le macerie causate dal crollo di un muro nel carcere di Antsohihy, nel nord del paese.
Nel penitenziario di Antanimora, nella capitale Antananarivo, la più grande struttura di detenzione a livello nazionale, durante la missione di Amnesty nel 2017, c’erano circa 2.850 detenuti, pari al triplo della capacità massima per la quale è stato costruito. Il sovraffollamento è principalmente dovuto all’enorme numero di detenuti in attesa di giudizio, alle carenze del sistema giudiziario e alla lentezza dei processi. Alcuni detenuti attendono di essere processati anche da cinque anni.
In violazione degli standard internazionali, i prigionieri passati in giudicato e i detenuti in attesa di giudizio sono tenuti tutti insieme. A luglio 2018, il carcere di massima sicurezza di Tsiafahy, vicino ad Antananarivo, ospitava 396 detenuti in attesa di giudizio insieme a prigionieri già condannati, in condizioni disumane, malgrado secondo la legge 2006-015 la struttura avrebbe dovuto ospitare soltanto ergastolani o in ogni caso solo reclusi considerati pericolosi. In tutti gli istituti di pena non era rispettata l’esigenza di tenere i minori separati dagli adulti.
Nelle nostre missioni di ricerca, abbiamo visitato nove prigioni riscontrando in tutte problemi di sovraffollamento, sporcizia e assenza di fonti esterne di aria e di luce.
In queste carceri le malattie dilagano: la tubercolosi è tra le prime cause di morte nelle carceri dell’isola. Nel corso della nostra visita abbiamo potuto verificare che il 55% della popolazione carceraria (oltre 11.000 persone) era detenuta in attesa di processo. Le percentuali aumentano se si considerano le donne (70 per cento) e i minori (80 per cento).
Ad ottobre 2017, il Madagascar deteneva 785 bambini nelle carceri. Di questi, 622 bambini (80%) erano in detenzione preventiva: 591 ragazzi e 31 ragazze.
Sedera,17 anni, aveva trascorso 14 mesi in attesa del suo processo nel carcere di Antanimora quando Amnesty International gli aveva parlato nell’agosto 2017. È stato arrestato nel novembre 2015 e ha detto di non aver capito perché è stato accusato dell’omicidio di sua zia:
“Un giorno sono andato a casa di mia zia, la sua porta è accanto alla nostra. Ho chiamato il suo nome ma nessuno ha risposto. Sono entrato al piano terra, quando un uomo è entrato in casa e mi ha chiesto “dov’è tua zia?”. Ho detto che non lo sapevo e sono tornato a casa. Pochi minuti dopo, è venuto a casa nostra e stava piangendo. Ha detto: “Tua zia è morta”. Ha chiamato la polizia e quando è arrivata la polizia mi ha interrogato. Ho iniziato a piangere. Mi hanno portato alla stazione di polizia e dopo quattro giorni mi hanno portato in prigione”. Sedera era in attesa di processo già da 14 mesi, ma il suo mandato di detenzione continuava a essere esteso: “Dopo la mia prima apparizione in tribunale, sono rimasto in carcere per nove mesi. Poi sono tornato e mi hanno detto di firmare qualcosa. Il giudice mi ha detto di ”firma e ci prenderemo cura di te”. Ma da allora, non sono tornato in tribunale”.
Il numero di minori, in particolare di ragazzi, detenuti in attesa di processo è più che raddoppiato negli ultimi 10 anni. Nel 2007, 230 ragazzi sono stati detenuti in attesa di processo. Dieci anni dopo, il numero aveva raggiunto 591.
Secondo le informazioni fornite dal governo, a ottobre 2017, 12 prigioni in Madagascar hanno detenuto solo bambini in custodia cautelare. I nostri ricercatori ne hanno visitate due: a Fianarantsoa, tutti i 28 bambini detenuti erano in attesa di processo, così come tutti i 10 bambini a Manakara. Il bambino più piccolo di Manakara, 12 anni, era tra i tre ragazzi detenuti per furto di un pollo e aveva già trascorso un mese dietro le sbarre. Nessuno dei 10 bambini aveva mai incontrato un avvocato. Solo un bambino su sei detenuto era stato condannato nella prigione di Ihosy, uno su 24 nella prigione di Farafangana, due su 22 nella prigione di Maintirano e tre su 22 nella prigione di Antsirabe. Ad Antanimora, su 113 bambini detenuti nel luglio 2017, quasi l’80% era in attesa di processo: di questi più della metà erano trattenuti per furto o altri piccoli reati.
Come gli adulti, anche i bambini sono tenuti in celle sovraffollate, buie e spesso antigieniche. Le strutture igienico-sanitarie all’interno delle celle, in particolare i servizi igienici e le docce, sono sporche, insufficienti e spesso senza acqua corrente.
Tra tutte le prigioni visitate, le condizioni di detenzione per i bambini nella prigione di Antanimora erano relativamente migliori, grazie al sostegno fornito da ONG e organizzazioni religiose. Nel mezzo del cortile, che era stato decorato con graffiti colorati, i bambini avevano un biliardino con cui giocare, ed era stato dotato di attrezzature fotografiche dall’organizzazione Grandir Dignement per sviluppare nuove capacità di ripresa. Indossavano vestiti migliori dei bambini di altre prigioni. Tuttavia, le loro camere non sono dotate di materassi adeguati, la cucina e i servizi igienici sono in cattivo stato.
Delle otto carceri per detenzione di minori visitate, solo tre forniscono alcune attività ricreative o educative per i ragazzi, grazie a volontari o ONG. Nella prigione di Antsirabe, i bambini hanno detto ad Amnesty International di fare lezione due volte a settimana, dove hanno imparato l’inglese e matematica. Nella prigione di Fianarantsoa, dove tutti i 28 bambini detenuti erano in attesa di processo, il settore dei minori è dotato di una sala ricreativa e di musica, inclusa una batteria, libri e una mappa del mondo sul muro. I volontari forniscono formazione professionale all’agricoltura due volte alla settimana in questo carcere con evidenti benefici per il benessere psicologico dei bambini:
“Ho pensato molto a quello che farò una volta che sarò liberato da questo posto. Voglio usare le tecniche che imparo per guadagnarmi da vivere.” ha detto Armand, 17 anni, che ha trascorso quasi un anno e mezzo nella detenzione preprocessuale nella prigione di Fianarantsoa per incendio doloso.
Le ragazze, tuttavia, (che in tutte le strutture visitate da Amnesty International erano detenute con donne adulte) non hanno accesso a tali attività educative o ricreative. Nelle altre prigioni visitate non c’erano classi o attività su misura per il loro esigenze.
Il 16enne Pascal ha trascorso 10 mesi ad Antanimora, accusato di aver rubato una batteria per auto. Ha detto: “Voglio uscire il più velocemente possibile perché voglio studiare a scuola. Prima di essere in carcere, ero al terzo anno di scuola secondaria. Ho detto a mia nonna che voglio diventare un medico. Se mia nonna può pagare, spero di tornare a scuola. Ho molti amici lì. Sono triste di non poterli più vedere. Non sanno che sono qui. Quando esco, non lo dirò. Ho paura che pensino che sono un criminale”.
La lunga detenzione preventiva di bambini in età scolare interrompe la loro istruzione, rendendo più difficile per alcuni tornare a scuola e trovare un impiego. L’incapacità di fornire servizi educativi ai minori in detenzione viola anche gli obblighi internazionali in materia di diritti umani, tra cui l’ICESCR e la CRC, nonché la costituzione del Madagascar, che stabilisce nell’articolo 23 che ogni bambino ha il diritto all’istruzione e all’educazione.
President of Madagascar
Hery Rajaonarimampianina
Palais d’Etat Iavoloha
102 Iavoloha
Antananarivo
Madagascar
Egregio Presidente,
mi rivolgo a Lei in quanto sostenitore di Amnesty International, l’organizzazione non governativa che dal 1961 lavora in difesa dei diritti umani, ovunque siano violati.
La sollecito a rilasciare tutti i detenuti in attesa di processo la cui carcerazione sia ingiustificata, prolungata o per sospetti reati minori e che non abbiano implicato il ricorso alla violenza.
La invito ad adottare tutte le misure necessarie, nella legge, nelle politiche e nelle pratiche, per porre fine all’utilizzo di detenzioni cautelari ingiustificate, assicurare procedure eque per tutti i sospettati e fornire condizioni di detenzione umane. In particolare, devono essere prese delle misure per garantire l’uguaglianza reale davanti alla legge, in modo che i poveri non vengano colpiti in modo sproporzionato dalla detenzione preventiva.
La ringrazio per l’attenzione