Janna Jihad, 17 anni, sta subendo minacce di morte e intimidazioni per il suo lavoro in difesa dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati. Firma la petizione e chiedi protezione per Janna.
“Voglio sapere cosa significa libertà nel mio paese, cosa significano giustizia e pace ed uguaglianza senza dover affrontare una sistematica discriminazione.”
Da molto tempo Janna Jihad rischia la vita per denunciare il sistema oppressivo di Israele nei Territori palestinesi occupati. Quando aveva sette anni, l’esercito israeliano uccise suo zio di fronte ai suoi occhi. Janna, filmando l’omicidio e condividendolo con il mondo, all’età di 13 anni è stata riconosciuta come una delle più giovani giornaliste al mondo. Con i suoi video, ha documentato il trattamento oppressivo e spesso mortale dell’esercito israeliano nei confronti dei palestinesi. Da quel momento, Janna Jihad riceve minacce di morte e intimidazioni a causa del suo lavoro.
Ogni giorno migliaia di bambini palestinesi subiscono discriminazioni. Ogni anno Israele processa tra 500 e 700 bambini palestinesi nei tribunali militari. Questi tribunali non rispettano gli standard internazionali sul giusto processo. Anche se Israele ha firmato la Convenzione sui diritti dell’infanzia, i bambini palestinesi in Cisgiordania sono rimasti esclusi da tali protezioni. I bambini israeliani che vivono negli insediamenti illegali vicino a Janna sono protetti, ma lei no.
Janna Jihad vuole solo un’adolescenza normale. Le devono essere garantiti gli stessi diritti di qualsiasi adolescente. Firma la petizione e chiedi alle autorità israeliane di porre fine alla discriminazione che adolescenti come Janna e tutti i bambini palestinesi subiscono ogni giorno.
Gli ordini militari israeliani controllano e limitano tutti gli aspetti della vita dei palestinesi in Cisgiordania: i loro mezzi di sussistenza, il loro status, gli spostamenti e l’accesso alle risorse naturali. I diritti umani delle persone palestinesi sono gravemente compromessi, come il diritto alla libertà di espressione, associazione e riunione pacifica, in particolare quando protestano contro l’occupazione.
Nel corso del tempo, Israele ha arrestato centinaia di migliaia di palestinesi, specialmente chi protesta contro le leggi e le politiche militari di Israele. Secondo una ricerca pubblicata da Addameer, dal 1967 le autorità israeliane hanno arrestato più di 800.000 palestinesi, spesso considerati prigionieri in regime di sicurezza. Portati di fronte a un tribunale militare, oltre il 99% dei casi si conclude con una condanna, privando così i palestinesi del diritto fondamentale ad avere un processo equo. All’interno delle prigioni, le persone vivono in condizioni precarie, senza tutela per i propri diritti.
I palestinesi, nel corso degli anni, si sono mobilitati e organizzati in una resistenza popolare non violenta contro l’occupazione militare. Nel 2002, Israele ha iniziato a costruire un muro di separazione, espropriando il terreno dalle comunità palestinesi vicino alla recinzione, che hanno iniziato a organizzarsi per protestare contro l’accaparramento delle terre e l’occupazione militare.
Il villaggio di Nabi Saleh vicino a Ramallah è stato al centro di manifestazioni e attivismo. Le forze israeliane hanno ripetutamente usato una forza eccessiva in risposta alle proteste, causando, dal 2009, la morte di quattro persone nel villaggio. L’esercito, durante incursioni notturne nel villaggio, arresta frequentemente attivisti e difensori dei diritti umani, arrivando persino ad arrestare bambini. Si tratta di una punizione collettiva che penalizza l’intera popolazione, anche chi non prende parte all’attivismo contro l’occupazione israeliana. La punizione collettiva di persone protette in un territorio occupato è proibita dal diritto internazionale umanitario e costituisce un crimine di guerra, oltre che una grave violazione dei diritti umani.
Chair, Committee for the Rights of the Child
The Knesset
Committee for the Rights of the Child
Kiryat Ben Gurion
Jerusalem, Israel 9195016
Egregio Presidente del Comitato,
Janna Jihad vorrebbe solo un’infanzia normale. Ma la quindicenne vive nella Cisgiordania occupata da Israele, dove la discriminazione e l’oppressione sistematiche sono la norma. Dopo aver visto il proprio zio ucciso dall’esercito israeliano, Janna è stata spinta a entrare nel mondo del giornalismo, documentando ed esponendo il trattamento oppressivo e spesso mortale dell’esercito israeliano nei confronti dei palestinesi, compresi i bambini. Israele ha firmato la Convenzione sui diritti dell’infanzia, ma non estende tali protezioni ai bambini palestinesi che vivono nei Territori palestinesi occupati.
Oggi, il giornalismo di Janna le ha procurato molestie e minacce di morte. La esortiamo a voler porre fine alla discriminazione contro Janna e ad adempiere ai vostri obblighi ai sensi della Convenzione proteggendo lei e gli altri bambini palestinesi.
La ringraziamo per l’attenzione.