La violenza sessuale è un fenomeno diffuso e sistemico in tutto il mondo. Le vittime spesso non conoscono i propri diritti e si trovano di fronte a molteplici ostacoli nell’accesso alla giustizia e ai risarcimenti, compresi stereotipi di genere dannosi, idee sbagliate su violenza sessuale, accuse di colpevolezza, dubbi sulla propria credibilità, sostegno inadeguato e legislazione inefficace.
In Italia, in particolare, persiste il pregiudizio che addebita alla donna la responsabilità della violenza sessuale subita.
Un pregiudizio che trova conferma nel codice penale italiano, dove all’articolo 609-bis, si prevede che il “reato di stupro” sia necessariamente collegato agli elementi della violenza, o della minaccia o dell’inganno, o dell’abuso di autorità.
Tuttavia, come stabilito dalla Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2013, lo stupro è un “rapporto sessuale senza consenso“. L’articolo 36, paragrafo 2, della Convenzione specifica che il consenso “deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto“.
Per questi motivi chiediamo al Ministro della Giustizia la revisione dell’articolo 609-bis del codice penale, in linea con gli impegni presi nel 2013, affinché qualsiasi atto sessuale non consensuale sia punibile.
23 paesi dell’Unione europea hanno una definizione legale di stupro basata sull’uso della forza, minaccia di uso della forza o coercizione, senza alcun riferimento al principio del consenso. Tra questi 23 paesi c’è anche l’Italia.
Il codice penale italiano punisce come violenza sessuale, all’articolo 609-bis, la condotta di colui che “con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringa taluno a compiere o subire atti sessuali” e quella di colui che “induca un altro soggetto a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto o traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona”.
L’articolo 609-ter c.p., invece, prevede delle circostanze (dette aggravanti) al ricorrere delle quali la pena prevista in generale per la violenza sessuale è aumentata, ad esempio se i fatti sono commessi con l’uso di sostanze alcoliche o stupefacenti.
Il reato di stupro non è definito esplicitamente come un “rapporto sessuale senza consenso” e perché un determinato comportamento sia considerato come stupro, e quindi sia sanzionato in tribunale come un reato, è necessario che concorrano diversi elementi della violenza, o della minaccia o dell’inganno, o dell’abuso di autorità.
In nessuna di tali norme è richiamato l’elemento del consenso o la formula del consenso proposta, da ultimo, dalla Convenzione di Istanbul.
L’Italia ha sottoscritto la Convenzione di Istanbul nel settembre del 2012 e il 27 giugno 2013 il Parlamento l’ha ratificata. La Convenzione è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, in cui la violenza viene riconosciuta come forma di violazione dei diritti umani e di discriminazione. Qui la Convenzione di Istanbul contro la violenza nei confronti delle donne e l’attuazione nel nostro ordinamento interno.
Secondo l’Istat (rilevazione del 2019), persiste in Italia il pregiudizio che addebita alla donna la responsabilità della violenza sessuale subita. Addirittura il 39,3% della popolazione ritiene che una donna è in grado di sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole. Anche la percentuale di chi pensa che le donne possano provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire è elevata (23,9%).
Il 15,1%, inoltre, è dell’opinione che una donna che subisce violenza sessuale quando è ubriaca o sotto l’effetto di droghe sia almeno in parte corresponsabile.
Per il 10,3% della popolazione spesso le accuse di violenza sessuale sono false (più uomini, 12,7%, che donne, 7,9%); per il 7,2% “di fronte a una proposta sessuale le donne spesso dicono no ma in realtà intendono sì“, per il 6,2% “le donne serie non vengono violentate“. Solo l’1,9% ritiene che non si tratta di violenza se un uomo obbliga la propria moglie/compagna ad avere un rapporto sessuale contro la sua volontà.
Nessuno strumento internazionale o regionale per i diritti umani fornisce una definizione esatta di consenso e l’Italia può decidere la specifica formulazione e i fattori da considerare per definire la nozione di consenso dato liberamente.
Tuttavia, l’articolo 36, paragrafo 2, della Convenzione di Istanbul specifica che il consenso “deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto”.
La relazione esplicativa alla Convenzione di Istanbul chiarisce inoltre che i procedimenti giudiziari “richiederanno una valutazione sensibile al contesto delle prove per stabilire, caso per caso, se la vittima abbia liberamente acconsentito all’atto sessuale compiuto.
Tale valutazione deve riconoscere l’ampia gamma di risposte comportamentali alla violenza sessuale e allo stupro che le vittime manifestano, e non deve basarsi su ipotesi di comportamento tipico in tali situazioni.
È altrettanto importante garantire che le interpretazioni della legislazione sullo stupro e il perseguimento dei casi di stupro non siano influenzati dagli stereotipi di genere e dai miti sulla sessualità maschile e femminile.
Va inoltre sottolineato che il consenso è un accordo volontario per impegnarsi in una particolare attività sessuale, può essere revocato in qualsiasi momento e può essere concesso liberamente e sinceramente solo laddove il libero arbitrio di una delle parti consenzienti non sia sopraffatto da circostanze coercitive e quando la persona sia effettivamente in grado di esprimerlo.
Lo stupro e altri reati sessuali costituiscono un grave attacco all’integrità fisica, mentale e all’autonomia sessuale della vittima.
Sono violazioni dei diritti umani e compromettono anche il godimento da parte della vittima di una serie di altri diritti umani, come il diritto alla vita, la salute fisica e mentale, la sicurezza personale, la libertà, l’uguaglianza all’interno della famiglia e davanti alla legge – indipendentemente dall’identità di genere – il diritto di essere liberi da discriminazioni e torture e altri maltrattamenti.
All’attenzione di Alfonso Bonafede
Ministro della giustizia
via Arenula 70
00186 Roma
La violenza sessuale è una grave violazione dei diritti umani. Ciononostante, la gran parte delle aggressioni non viene segnalata alla giustizia. Fattori come la paura, la vergogna e la mancanza di fiducia nel sistema giudiziario dissuadono molte donne e ragazze dal denunciare le aggressioni sessuali subite.
In Italia, ogni donna deve potersi sentire sicura e avere delle relazioni sessuali totalmente consensuali perché il sesso senza consenso è stupro. Sono necessari cambiamenti nei modelli sociali e culturali di comportamento delle persone di tutti i sessi al fine di sradicare gli stereotipi e i miti di genere dannosi che ruotano intorno al concetto di violenza sessuale.
Per questi motivi chiediamo al Ministro della Giustizia la revisione dell’articolo 609-bis del codice penale affinché qualsiasi atto sessuale non consensuale sia punibile, adottando un modello che valorizzi l’elemento del consenso della persona offesa e non la violenza o la minaccia. Adeguando, in questo modo la legislazione italiana agli standard internazionali e, in particolare, alla Convenzione di Istanbul.
La ringrazio per l’attenzione.