AGGIORNAMENTO 13/11/2023: il 6 novembre Narges Mohammadi ha iniziato uno sciopero della fame nel carcere di Evin, dov’è detenuta per protestare contro i ritardi e la negligenza delle autorità nel fornire cure mediche alle persone detenute e contro la legge sull’obbligo del velo. L’8 novembre è stata portata in ospedale tra grandi misure di sicurezza, senza che le venisse chiesto di rispettare le degradanti norme sull’obbligo d’indossare il velo. Dopo essere stata stata visitata in ospedale è riportata in carcere il giorno stesso.
Le autorità giudiziarie iraniane, su istruzione degli agenti del Ministero dell’intelligence, stanno sottoponendo la difensora dei diritti umani Narges Mohammadi a tortura e maltrattamento.
Narges Mohammadi, 50 anni, è detenuta arbitrariamente nella prigione di Shahr-e Rey (nota anche come Gharchak) nella città di Varamin, provincia di Teheran. Le stanno deliberatamente negando assistenza sanitaria adeguata come rappresaglia per le sue campagne pubbliche, come quella contro l’uso dell’isolamento nelle carceri e per aver cercato la responsabilità per le centinaia di omicidi illegali avvenuti durante le proteste del novembre 2019.
Secondo quanto riportato da suo marito, il 23 giugno 2022 Narges Mohammadi è stata trasferita in ospedale, fuori dal carcere, dopo aver avvertito difficoltà respiratorie e battito cardiaco irregolare. Da quando è tornata in prigione dall’ospedale le sono stati negati alcuni farmaci specifici prescritti dal medico specialista.
Le autorità le avevano precedentemente trattenuto i farmaci dal 21 aprile all’11 maggio 2022.
Narges Mohammadi ha riferito che il 3 febbraio 2022, a seguito di un attacco di cuore, il medico del carcere le ha negato un’assistenza sanitaria adeguata, mentre i funzionari dell’accusa le hanno impedito il trasferimento in ospedale fuori dal carcere per cure mediche urgenti, mettendo a rischio la sua vita. Solo dopo aver subito una serie di attacchi di cuore il 16 febbraio 2022, Narges Mohammadi è stata trasferita in ospedale, dove ha subito un intervento chirurgico al cuore d’urgenza. Contro il parere del medico e prima che si riprendesse, dopo tre giorni le autorità l’hanno riportata in prigione, ma il 22 febbraio ha ottenuto un congedo medico.
Narges Mohammadi è stata condannata ad un totale di 11 anni e 11 mesi di carcere, 154 frustate e altre sanzioni in due casi separati derivanti esclusivamente dal suo lavoro per i diritti umani. Alla fine di aprile 2022, le autorità inquirenti hanno aperto un nuovo caso.
La detenzione di Narges Mohammadi è ripresa il 21 aprile 2022 ed è stata mandata a Gharchak per continuare a scontare la pena. Lì, le autorità carcerarie la tengono in condizioni crudeli e disumane.
Narges Mohammadi è detenuta esclusivamente per il suo lavoro per i diritti umani. Firma per chiedere il suo rilascio immediato.
Il 16 novembre 2021, Narges Mohammadi è stata arrestata brutalmente mentre partecipava a una cerimonia commemorativa nella città di Karaj, nella provincia di Alborz, in occasione del secondo anniversario della morte di Ebrahim Ketabdar, ucciso dalle forze di sicurezza iraniane durante le proteste a livello nazionale nel novembre 2019. Il giorno dopo il suo arresto, mentre era detenuta in isolamento nella sezione 209 della prigione Evin di Teheran, che è sotto il controllo del Ministero dell’Intelligence, le autorità l’hanno informata che avrebbe iniziato a scontare una pena detentiva di due anni e sei mesi dopo una condanna del 2021 e hanno anche minacciato di eseguire la sua condanna alla fustigazione di 80 frustate immanentemente. Ha raccontato di essere stata tenuta in isolamento prolungato per 64 giorni nella sezione 209, durante il quale agenti del Ministero dell’Intelligence l’hanno sottoposta a tortura e altri maltrattamenti. Gli agenti hanno mantenuto le luci accese 24 ore al giorno; hanno limitato il suo accesso all’aria fresca e alla luce naturale solo tre volte a settimana per 20 minuti ogni volta ed è stata tenuta in isolamento quasi totale senza contatti significativi con altri prigionieri; ha visto solo le guardie che l’hanno portata in bagno o portato cibo: tutto ciò le ha causato grave angoscia e sofferenza, inclusa difficoltà respiratoria.
Il 4 gennaio 2022, mentre era ancora in isolamento, Narges Mohammadi è stata portata davanti alla Sezione 26 del Tribunale rivoluzionario di Teheran per essere processata in un secondo caso. Questo processo è stato gravemente iniquo: è durato solo cinque minuti e in seguito ha rivelato che le era stato negato l’accesso a un avvocato sia prima che durante il processo. Il 15 gennaio 2022 è stata informata che il Tribunale l’ha condannata a otto anni e due mesi di reclusione; due anni di “esilio” interno fuori della città di Teheran dove vive normalmente; un divieto di appartenenza per due anni a partiti, gruppi o collettivi politici e sociali; un divieto di due anni all’impegno nello spazio online, nei media e nella stampa e 74 frustate. La condanna e la sentenza del gennaio 2022 si aggiungono a una precedente condanna della sezione 1177 del tribunale penale 2 di Teheran, che, secondo il post Instagram di Narges Mohammadi del 24 maggio 2021, l’ha condannata a due anni e sei mesi di carcere, 80 frustate e due multe per accuse che includevano “diffusione di propaganda contro il sistema”. È stata condannata per “reati” derivanti dalla sua partecipazione, durante un precedente periodo di reclusione, a un sit-in con altre detenute nel reparto femminile del carcere di Evin tra il 21 e il 24 dicembre 2019 per protestare contro le uccisioni illegali durante le proteste a livello nazionale del novembre 2019 e fare dichiarazioni di condanna della pena di morte. Ha anche parlato contro la prigione, la sicurezza maschile e gli ufficiali giudiziari che l’hanno sottoposta a tortura e altri maltrattamenti, poco dopo il pacifico sit-in, anche attraverso ripetute percosse su tutto il corpo, tirandola brutalmente giù per una scala e scagliandola contro un parete. L’ufficio del procuratore di Teheran ha rifiutato di elaborare la denuncia presentata da Narges Mohammadi alla fine di dicembre 2019 in relazione a queste accuse di tortura e altri maltrattamenti.
A Narges Mohammadi sono state negate le cure sanitarie in corso di cui ha bisogno a seguito di attacchi di cuore e successivo intervento chirurgico al cuore che aveva subito all’inizio del 2022, incluso il monitoraggio dello stent inserito, i farmaci, la dieta specializzata raccomandata dai suoi medici e il mantenimento di bassi livelli di stress. Oltre a questo, Narges Mohammadi ha una malattia polmonare preesistente, caratterizzata da difficoltà respiratorie, per la quale deve usare un inalatore e assumere regolarmente farmaci anticoagulanti che impediscano la formazione di coaguli di sangue nei suoi polmoni.
Il 19 gennaio 2022, Narges Mohammadi è stata trasferita dalla sezione 209 della prigione di Evin alla prigione di Shahr-e Rey e rinchiusa in un reparto con donne condannate per gravi crimini in violazione sia della legge iraniana che degli standard internazionali, che richiedono alle autorità di mantenere prigionieri condannati per reati non violenti separati dai prigionieri condannati per reati violenti. Alla fine di maggio 2022 il suo avvocato ha riferito che una prigioniera aveva minacciato di uccidere Narges Mohammadi e un’altra prigioniera trattenute per motivi politici. Queste condizioni insicure avevano precedentemente contribuito a un deterioramento del benessere mentale di Narges Mohammadi, in particolare perché aveva riferito di aver ricevuto minacce di morte da altri prigionieri nell’aprile e nel luglio 2020.
L’8 ottobre del 2020, Narges Mohammadi è stata rilasciata dal carcere dopo essere stata ingiustamente incarcerata per oltre cinque anni in un caso sempre esclusivamente derivante dal suo lavoro per i diritti umani. Ha riferito che dal momento del suo rilascio fino al suo arresto e detenzione arbitrari il 16 novembre 2021, ha ricevuto minacce di morte dalle forze di sicurezza ed è stata arrestata arbitrariamente in almeno cinque occasioni ed ogni volta detenuta per almeno un giorno. Ogni volta, è stata arrestata mentre svolgeva il suo lavoro pacifico per i diritti umani, incluso il sostegno a coloro che sono detenuti ingiustamente, cercando di attirare l’attenzione del pubblico sulle violazioni umane alle quali le autorità iraniane sottoponevano i partecipanti ad un raduno per il popolo afghano. In alcune di queste occasioni, Narges Mohammadi ha affermato che gli agenti del Ministero dell’Intelligence l’hanno sottoposta a torture e altri maltrattamenti, incluso strapparle brutalmente i capelli e picchiandola ripetutamente su tutto il corpo.
Capo della magistratura, Gholamhossein Mohseni Ejei
c/o Ambasciata dell’Iran presso l’Unione Europea
Avenue Franklin Roosevelt n. 15
1050 Bruxelles
Belgio
Egregio Gholamhossein Mohseni Ejei,
Le autorità giudiziarie su istruzione degli agenti del Ministero dell’intelligence stanno sottoponendo la difensora dei diritti umani Narges Mohammadi, 50 anni, detenuta arbitrariamente nella prigione di Shahr-e Rey (nota anche come Gharchak) nella città di Varamin, provincia di Teheran, a tortura e maltrattamento. Le stanno deliberatamente negando assistenza sanitaria adeguata come rappresaglia per la sua campagna pubblica contro l’uso dell’isolamento nelle carceri iraniane e per aver cercato la responsabilità per le centinaia di omicidi illegali avvenuti durante le proteste a livello nazionale del novembre 2019.
Narges Mohammadi è stata condannata ad un totale di 11 anni e 11 mesi di carcere, 154 frustate e altre sanzioni in due casi separati derivanti esclusivamente dal suo lavoro per i diritti umani; e alla fine di aprile 2022, le autorità inquirenti hanno aperto un nuovo caso. La detenzione di Narges Mohammadi è ripresa il 21 aprile 2022, quando gli agenti del Ministero dell’intelligence l’hanno arrestata mentre era uscita dal carcere per congedo medico, iniziato il 22 febbraio 2022, e l’hanno mandata a Gharchak per continuare a scontare la pena. Lì, le autorità carcerarie la tengono in condizioni crudeli e disumane. Nelle ultime settimane, i prigionieri di Gharchak hanno riferito che le acque reflue traboccanti hanno provocato sporcizia e cattivi odori, mettendo le persone detenute a rischio di malattie e peggiorando le condizioni igieniche nei reparti e nei servizi igienici.
Vi invito a rilasciare immediatamente e incondizionatamente Narges Mohammadi poiché è prigioniera di coscienza detenuta esclusivamente per le sue attività pacifiche in materia di diritti umani, annullare le sue ingiuste condanne e ritirare qualsiasi procedimento penale contro di lei in relazione al pacifico esercizio dei suoi diritti umani. In attesa del suo rilascio, le devono essere fornite cure sanitarie adeguate non disponibili in carcere e tutte le medicine di cui ha bisogno. Deve anche essere protetta da ulteriori torture e maltrattamenti. Deve essere condotta un’indagine tempestiva, indipendente, efficace e imparziale sulle accuse di tortura e altri maltrattamenti, al fine di assicurare i responsabili alla giustizia in processi equi.
La ringrazio per l’attenzione.
Narges Mohammadi è una delle più importanti attiviste per i diritti umani dell’Iran. Il 24 dicembre 2019 alcuni ufficiali iraniani hanno sottoposto a maltrattamenti la difensora per i diritti umani in Iran durante il trasferimento dalla prigione di Zanjan, secondo quanto scrive lei stessa in una lettera. Il trasferimento sembra essere stato una rappresaglia per il suo impegno in prigione a favore delle famiglie delle persone uccise durante le proteste del novembre 2019. Non è la prima volta che la difensora dei diritti umani in Iran viene condannata e subisce il carcere.
Narges Mohammadi è una sostenitrice della campagna contro la pena di morte e vicepresidente del centro per i difensori dei diritti umani in Iran. Era stata arrestata a maggio 2015 e condannata a dieci anni di carcere con l’accusa di “fondazione di un gruppo illegale”. Ha ricevuto anche una condanna a cinque anni per aver commesso “crimini contro la sicurezza nazionale” e un altro anno per “diffondere propaganda contro il sistema”. La corte aveva utilizzato come “prova” le interviste rilasciate da Narges ai media internazionali e l’incontro avvenuto a marzo 2014 con l’Alta rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
Nel 2012 Narges Mohammadi era stata condannata a sei anni di carcere, ma era stata presto rilasciata a causa delle sue condizioni di salute. Proprio per questo motivo, non avrebbe mai dovuto trascorrere un giorno in più in carcere. Invece, nel 2016 le è stata inflitta un’altra condanna, stavolta a 16 anni.
A settembre 2016 infatti, la sezione 26 della Corte d’appello di Teheran ha confermato una condanna a 16 anni di reclusione nei suoi confronti con le accuse di: adesione al Centro dei difensori dei diritti umani, collusione contro la sicurezza nazionale e propaganda contro lo stato. La barbara condanna al carcere arriva dopo aver sofferto per anni di molestie intervallate da periodi intermittenti di detenzione, che hanno peggiorato notevolmente la salute di Narges.
Narges è stata più volte ricoverata in ospedale da quando è stata imprigionata. È gravemente malata, soffre di embolia polmonare (un coagulo di sangue nei polmoni) e un disturbo neurologico che le provoca convulsioni e paralisi parziale temporanea.
La sua “colpa” è di aver invocato l’abolizione della pena di morte, aver parlato di diritti umani con rappresentanti di istituzioni internazionali e aver preso parte a manifestazioni pacifiche per i diritti delle donne, in un periodo in cui erano frequenti gli attacchi con l’acido nei loro confronti.
Provata e in cattive condizioni di salute ma felice, finalmente la mattina dell’8 ottobre 2020 Narges Mohammadi, una delle più importanti attiviste per i diritti umani dell’Iran, aveva lasciato la prigione di Zanjan. La sua libertà è durata troppo poco.
Per reprimere le manifestazioni nazionali scoppiate in più di 100 città dell’Iran, le forze di sicurezza hanno fatto uso della forza illegale, uccidendo più di 304 persone tra cui bambini, come riferiscono fonti affidabili. La maggior parte delle morti registrate da Amnesty International sono avvenute in seguito a spari di arma da fuoco alla testa, al cuore, al collo o ad altri organi vitali, ciò suggerisce che sparassero con l’intento di uccidere.
Le autorità hanno arrestato migliaia di manifestanti e ne ha sottoposto alcuni a sparizioni forzate, detenzione in incommunicado, torture e altri maltrattamenti. Le autorità hanno anche minacciato e detenuto in modo arbitrario alcuni familiari di manifestanti uccisi, come punizione per avere parlato con i media e le organizzazioni per i diritti umani o per impedire loro di farlo.
Il 21 dicembre 2019 Narges Mohammadi, con altre detenute nella sezione femminile del carcere di Evin, tra cui Atena Daemi, Mojgan Keshavarz, Monireh Arabshahi, Saba Kordafshari, Samaneh Norouz Moradi, Soheila Hijab and Yasaman Aryani hanno annunciato di volere tenere un sit-in a partire da quel giorno, in segno di solidarietà con le commemorazioni che ricadevano il 40° giorno dalla morte dei manifestanti uccisi dalle forze di sicurezza durante le proteste del novembre 2019.
Il 26 dicembre 2019 Narges Mohammadi aveva pubblicato una lettera aperta nella quale descriveva i maltrattamenti subiti durante il trasferimento alla prigione di Zanjar. Il 27 dicembre 2019, un’agenzia di stampa governativa aveva riferito che il dipartimento per le relazioni pubbliche della prigione di Evin aveva emesso un comunicato per negare ogni accusa.
Nel luglio 2019, Gholamreza Ziaei era stato nominato nuovo direttore della prigione di Evin e da allora, i prigionieri di coscienza detenuti nella prigione di Evin avevano lamentato un peggioramento delle condizioni. I reclami denunciano le autorità per la riduzione della frequenza delle visite da una al mese a una ogni due mesi e mezzo; la cancellazione delle visite aggiuntive per le prigioniere che hanno figli; e perché impediscono ai prigionieri di ricevere i libri portati dalle famiglie. Anche l’accesso alle cure era stato condizionato, i prigionieri dovevano impegnarsi a pagare le cure di tasca propria.