Aggiornamento del 18/11/2021 – Il 16 novembre 2021 la nota difensora dei diritti umani iraniana Narges Mohammadi è stata arrestata a Karaj, nella provincia dell’Alborz, mentre partecipava alla commemorazione di Ebrahim Ketabdar, ucciso dalle forze di sicurezza durante le proteste nazionali del novembre 2019.
Il giorno dopo ha telefonato ai familiari per informarli che era stata portata al carcere di Evin, nella capitale Teheran, per scontare la condanna a due anni e mezzo, emessa nel maggio 2021 insieme alla pena aggiuntiva di 80 frustate, per “propaganda contro il sistema”.
In un post del 24 maggio sul suo account Instagram Narges Mohammadi, difensora dei diritti umani e prigioniera di coscienza in Iran, racconta di essere stata condannata ad un periodo di reclusione, alla fustigazione e a una multa per avere svolto attività pacifiche sui diritti umani, mentre si trovava ingiustamente in carcere. La sezione 1188 del secondo Tribunale penale l’ha condannata a due anni e mezzo di prigione, 80 frustate e a ben due multe per accuse come “diffondere propaganda contro il sistema”. Nel post di Instagram Narges Mohammadi ha scritto che il 23 maggio il tribunale aveva emesso la condanna per alcune “accuse”, tra cui partecipazione tra il 21 e il 24 dicembre 2019 a un sit-in con le altre prigioniere della sezione femminile del carcere di Evin a Teheran, per protestare contro le uccisioni di manifestanti avvenute durante le proteste scoppiate in tutto il paese nel novembre 2019. L’attivista ha rilasciato dichiarazioni contro la pena di morte e ha denunciato di essere stata sottoposta a torture e altri maltrattamenti dagli agenti penitenziari e da funzionari giudiziari e di sicurezza, durante e subito dopo il sit-in pacifico.
Amnesty International chiede alle autorità iraniane di annullare la sentenza e la condanna di Narges Mohammadi, che si fonda esclusivamente sul legittimo esercizio dei suoi diritti alla libertà di espressione a e di assemblea. L’organizzazione chiede inoltre alle autorità iraniane di togliere il divieto di viaggiare, impostole ingiustamente, in quanto è stata punita solo per avere esercitato i suoi diritti. Le autorità iraniane devono condurre un’indagine immediata, indipendente e imparziale sulle accuse di tortura e di altri maltrattamenti subiti durante l’ingiusta detenzione.
Narges Mohammadi è una delle più importanti attiviste per i diritti umani dell’Iran. Il 24 dicembre 2019 alcuni ufficiali iraniani hanno sottoposto a maltrattamenti la difensora per i diritti umani in Iran durante il trasferimento dalla prigione di Zanjan, secondo quanto scrive lei stessa in una lettera. Il trasferimento sembra essere stato una rappresaglia per il suo impegno in prigione a favore delle famiglie delle persone uccise durante le proteste del novembre 2019. Non è la prima volta che la difensora dei diritti umani in Iran viene condannata e subisce il carcere.
Narges Mohammadi è una sostenitrice della campagna contro la pena di morte e vicepresidente del centro per i difensori dei diritti umani in Iran. Era stata arrestata a maggio 2015 e condannata a dieci anni di carcere con l’accusa di “fondazione di un gruppo illegale”. Ha ricevuto anche una condanna a cinque anni per aver commesso “crimini contro la sicurezza nazionale” e un altro anno per “diffondere propaganda contro il sistema”. La corte aveva utilizzato come “prova” le interviste rilasciate da Narges ai media internazionali e l’incontro avvenuto a marzo 2014 con l’Alta rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
Nel 2012 Narges Mohammadi era stata condannata a sei anni di carcere, ma era stata presto rilasciata a causa delle sue condizioni di salute. Proprio per questo motivo, non avrebbe mai dovuto trascorrere un giorno in più in carcere. Invece, nel 2016 le è stata inflitta un’altra condanna, stavolta a 16 anni.
A settembre 2016 infatti, la sezione 26 della Corte d’appello di Teheran ha confermato una condanna a 16 anni di reclusione nei suoi confronti con le accuse di: adesione al Centro dei difensori dei diritti umani, collusione contro la sicurezza nazionale e propaganda contro lo stato. La barbara condanna al carcere arriva dopo aver sofferto per anni di molestie intervallate da periodi intermittenti di detenzione, che hanno peggiorato notevolmente la salute di Narges.
Narges è stata più volte ricoverata in ospedale da quando è stata imprigionata. È gravemente malata, soffre di embolia polmonare (un coagulo di sangue nei polmoni) e un disturbo neurologico che le provoca convulsioni e paralisi parziale temporanea.
La sua “colpa” è di aver invocato l’abolizione della pena di morte, aver parlato di diritti umani con rappresentanti di istituzioni internazionali e aver preso parte a manifestazioni pacifiche per i diritti delle donne, in un periodo in cui erano frequenti gli attacchi con l’acido nei loro confronti.
Provata e in cattive condizioni di salute ma felice, finalmente la mattina dell’8 ottobre 2020 Narges Mohammadi, una delle più importanti attiviste per i diritti umani dell’Iran, aveva lasciato la prigione di Zanjan. La sua libertà è durata troppo poco.
Per reprimere le manifestazioni nazionali scoppiate in più di 100 città dell’Iran, le forze di sicurezza hanno fatto uso della forza illegale, uccidendo più di 304 persone tra cui bambini, come riferiscono fonti affidabili. La maggior parte delle morti registrate da Amnesty International sono avvenute in seguito a spari di arma da fuoco alla testa, al cuore, al collo o ad altri organi vitali, ciò suggerisce che sparassero con l’intento di uccidere.
Le autorità hanno arrestato migliaia di manifestanti e ne ha sottoposto alcuni a sparizioni forzate, detenzione in incommunicado, torture e altri maltrattamenti. Le autorità hanno anche minacciato e detenuto in modo arbitrario alcuni familiari di manifestanti uccisi, come punizione per avere parlato con i media e le organizzazioni per i diritti umani o per impedire loro di farlo.
Il 21 dicembre 2019 Narges Mohammadi, con altre detenute nella sezione femminile del carcere di Evin, tra cui Atena Daemi, Mojgan Keshavarz, Monireh Arabshahi, Saba Kordafshari, Samaneh Norouz Moradi, Soheila Hijab and Yasaman Aryani hanno annunciato di volere tenere un sit-in a partire da quel giorno, in segno di solidarietà con le commemorazioni che ricadevano il 40° giorno dalla morte dei manifestanti uccisi dalle forze di sicurezza durante le proteste del novembre 2019.
Il 26 dicembre 2019 Narges Mohammadi aveva pubblicato una lettera aperta nella quale descriveva i maltrattamenti subiti durante il trasferimento alla prigione di Zanjar. Il 27 dicembre 2019, un’agenzia di stampa governativa aveva riferito che il dipartimento per le relazioni pubbliche della prigione di Evin aveva emesso un comunicato per negare ogni accusa.
Nel luglio 2019, Gholamreza Ziaei era stato nominato nuovo direttore della prigione di Evin e da allora, i prigionieri di coscienza detenuti nella prigione di Evin avevano lamentato un peggioramento delle condizioni. I reclami denunciano le autorità per la riduzione della frequenza delle visite da una al mese a una ogni due mesi e mezzo; la cancellazione delle visite aggiuntive per le prigioniere che hanno figli; e perché impediscono ai prigionieri di ricevere i libri portati dalle famiglie. Anche l’accesso alle cure era stato condizionato, i prigionieri dovevano impegnarsi a pagare le cure di tasca propria.
Head of the Judiciary Ebrahim Raisi
e/o Permanent Mission of Iran to the UN in New York:
Permanent Mission of the Islamic Republic of Iran to the United Nations
622 Third Avenue
34th Floor, New York
NY 10017
United States
Eccellenza,
Le scrivo come sostenitore di Amnesty International, l’organizzazione non governativa che dal 1961 lavora in difesa dei diritti umani, ovunque siano violati.
La esorto a ad annullare immediatamente e senza condizioni la sentenza e la condanna inflitte a Narges Mohammadi. Narges difende i diritti umani e non ha fatto nulla se non condurre campagne pacifiche contro l’uso della pena di morte in Iran.
Le chiedo inoltre di rimuovere il nuovo divieto di viaggiare impostole.
Narges è una prigioniera di coscienza imprigionata solo per aver esercitato in modo pacifico il suo diritto alla libertà di espressione, associazione e riunione.
La ringrazio per l’attenzione.