Narges Mohammadi è una delle più importanti voci del dissenso dell’Iran, sostenitrice della campagna contro la pena di morte e vicepresidente del centro per i difensori dei diritti umani in Iran. Il 6 ottobre 2023 è stata insignita del Premio Nobel per la pace 2023 “per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e la sua lotta per promuovere i diritti umani e la libertà per tutti”.
Da oltre 14 anni, Narges Mohammadi è stata più volte sottoposta a detenzione arbitraria, tortura e maltrattamenti. Ora si trova nella prigione di Evin, a Teheran per scontare un totale di 12 anni e 11 mesi di carcere, 154 frustate e altre sanzioni in quattro processi distinti derivanti dal suo attivismo per i diritti umani.
Narges soffre di serie patologie cardiache e polmonari, ma le stanno deliberatamente negando o ritardando un’assistenza sanitaria adeguata come punizione al suo rifiuto di rispettare la legge sul velo obbligatorio.
Narges deve essere scarcerata immediatamente e senza condizioni. Firma l’appello!
Nel 2012 Narges Mohammadi era stata condannata a sei anni di carcere, ma era stata presto rilasciata a causa delle sue condizioni di salute. Narges è stata nuovamente arrestata a maggio 2015 e condannata a dieci anni di carcere con l’accusa di “fondazione di un gruppo illegale”. Ha ricevuto anche una condanna a cinque anni per aver commesso “crimini contro la sicurezza nazionale” e un altro anno per “diffondere propaganda contro il sistema”. La corte aveva utilizzato come “prova” le interviste rilasciate da Narges ai media internazionali e l’incontro avvenuto a marzo 2014 con l’Alta rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
A settembre 2016 la sezione 26 della Corte d’appello di Teheran ha confermato una condanna a 16 anni di reclusione nei suoi confronti con le accuse di: adesione al Centro dei difensori dei diritti umani, collusione contro la sicurezza nazionale e propaganda contro lo stato. La barbara condanna al carcere arriva dopo anni di persecuzioni intervallate da periodi intermittenti di detenzione, che hanno compromesso notevolmente la salute di Narges.
Il 24 dicembre 2019 alcuni ufficiali iraniani l’hanno sottoposta a maltrattamenti durante il trasferimento dalla prigione di Zanjan, secondo quanto scrive lei stessa in una lettera. Il trasferimento sembra essere stato una rappresaglia per il suo impegno in prigione a favore delle famiglie delle persone uccise durante le proteste del novembre 2019. Provata e in cattive condizioni di salute ma felice, finalmente la mattina dell’8 ottobre 2020 Narges Mohammadi aveva lasciato la prigione di Zanjan. La sua libertà è durata troppo poco.
La sua più recente incarcerazione è iniziata il 16 novembre 2021. Le autorità carcerarie la tengono in condizioni crudeli e disumane presso il carcere di Evin, Teheran.
Capo della magistratura, Gholamhossein Mohseni Ejei
c/o Ambasciata dell’Iran presso l’Unione Europea
Avenue Franklin Roosevelt n. 15
1050 Bruxelles
Belgio
Egregio signor Gholamhossein Mohseni Ejei,
le autorità iraniane, comprese le autorità giudiziarie e carcerarie, stanno sottoponendo Narges Mohammadi, 51 anni, difensora dei diritti umani in carcere e insignita del Premio Nobel per la pace 2023, a tortura e altri maltrattamenti. Hanno deliberatamente negato o, in alcuni casi, gravemente ritardato il suo accesso a cure sanitarie adeguate, anche per gravi patologie cardiache e polmonari, mettendo a grave rischio la sua salute. Il rifiuto delle cure mediche viene utilizzato come punizione per aver rifiutato di rispettare l’obbligo del velo durante i trasferimenti verso le strutture mediche.
Dal maggio 2021, le autorità iraniane hanno ingiustamente condannato Narges Mohammadi a un totale di 12 anni e 11 mesi di carcere, 154 frustate e altre sanzioni in quattro processi distinti derivanti dal suo attivismo per i diritti umani, tra cui la difesa delle famiglie in cerca di verità e giustizia per i propri cari uccisi illegalmente dalle forze di sicurezza durante le proteste nazionali, la denuncia pubblica delle violenze sessuali contro le donne in carcere e il sostegno alla rivolta “Donna Vita Libertà”. Il 12 novembre 2023, Narges Mohammadi è stata convocata presso l’ufficio del procuratore in relazione a un nuovo processo, ma gli agenti penitenziari hanno rifiutato il suo trasferimento a meno che non si conformasse alle leggi discriminatorie sul velo obbligatorio, cosa che lei ha rifiutato.
Le chiedo di scarcerare immediatamente e incondizionatamente Narges Mohammadi, in quanto prigioniera di coscienza detenuta esclusivamente per il suo pacifico attivismo per i diritti umani, di annullare le sue condanne e sentenze ingiuste e di far cadere ogni nuova accusa contro di lei legata all’esercizio pacifico dei suoi diritti. In attesa del suo rilascio, di fornirle un’adeguata assistenza sanitaria specialistica, anche per le cure non disponibili in carcere, e di proteggerla da ulteriori torture e altri maltrattamenti.
Deve essere condotta un’indagine rapida, indipendente, efficace e imparziale sulle sue accuse di tortura e altri maltrattamenti e coloro che sono sospettati di responsabilità penale devono essere portati davanti alla giustizia in processi equi. Tutte le leggi sul velo obbligatorio devono essere abolite.
La ringrazio per l’attenzione.
Per oltre 14 anni, Narges Mohammadi ha dovuto affrontare rappresaglie da parte delle autorità iraniane per il suo lavoro a favore dei diritti umani.
La sua più recente incarcerazione è iniziata il 16 novembre 2021, quando è stata violentemente arrestata mentre partecipava a una cerimonia commemorativa a Karaj, nella provincia di Alborz, in occasione del secondo anniversario della morte di Ebrahim Ketabdar, ucciso dalle forze di sicurezza iraniane durante le proteste a livello nazionale nel novembre 2019.
Il giorno dopo il suo arresto le autorità l’hanno informata che avrebbe iniziato a scontare una pena detentiva di due anni e sei mesi e hanno anche minacciato di eseguire la sua condanna a 80 frustate immanentemente. Ha raccontato di essere stata tenuta in isolamento prolungato per 64 giorni nella sezione 209, durante il quale agenti del Ministero dell’Intelligence l’hanno sottoposta a tortura e altri maltrattamenti. Gli agenti hanno mantenuto le luci accese 24 ore al giorno; hanno limitato il suo accesso all’aria fresca e alla luce naturale a sole tre volte a settimana per 20 minuti e ogni volta ed è stata tenuta lontana dalle altre detenute.
Il 4 gennaio 2022, mentre era ancora in isolamento, Narges Mohammadi è stata portata davanti alla Sezione 26 del Tribunale rivoluzionario di Teheran per essere processata in un secondo caso. Questo processo è stato gravemente iniquo: è durato solo cinque minuti e le è stato negato l’accesso a un avvocato sia prima che durante il processo. Il 15 gennaio 2022 il Tribunale l’ha condannata a otto anni e due mesi di reclusione; due anni di “esilio” interno fuori della città di Teheran dove vive normalmente; un divieto di appartenenza per due anni a partiti, gruppi o collettivi politici e sociali; un divieto di due anni all’impegno nello spazio online, nei media e nella stampa e 74 frustate.
In un altro procedimento aperto contro di lei mentre era detenuta, nell’ottobre 2022, la sezione 26 del Tribunale rivoluzionario di Teheran l’ha processata per “diffusione di propaganda contro il sistema” e l’ha condannata a un ulteriore anno e tre mesi di reclusione, al divieto di lasciare il Paese per due anni, al divieto di aderire a partiti, gruppi o collettivi politici per due anni e a pulire i rifiuti in aree disabitate per quattro ore al giorno, tre giorni alla settimana, per tre mesi.
All’inizio di agosto 2023, la sezione 29 del Tribunale rivoluzionario di Teheran l’ha nuovamente condannata per “diffusione di propaganda contro il sistema” per i suoi scritti pubblici dall’interno del carcere che descrivevano le violenze sessuali contro le donne manifestanti detenute durante la rivolta “Donna Vita Libertà” e l’ha condannata a un’ulteriore pena detentiva di un anno.