Iran: “La nuova legge sul velo obbligatorio rafforza l’oppressione contro donne e ragazze”

11 Dicembre 2024

Lione, Francia 2023 - ©JEAN-PHILIPPE KSIAZEK/AFP via Getty Images

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Aggiornamento 15/12/2024 Rinviata l’entrata in vigore della nuova legge sull’hijab a seguito delle proteste. Sabato 14 dicembre, il Consiglio supremo di sicurezza nazionale dell’Iran ha inviato una lettera al parlamento richiedendo di sospendere il processo di attuazione della legge al fine di permettere al governo di presentare un disegno di legge modificato, secondo quanto dichiarato da un membro dell’ufficio di presidenza del parlamento.


Le autorità iraniane hanno adottato una nuova legge draconiana che, secondo quanto dichiarato da Amnesty International, nega ulteriormente i diritti umani delle donne e delle ragazze, introducendo la pena di morte, le frustate, pene detentive e gravi sanzioni per reprimere la resistenza al velo obbligatorio.

Il parlamento iraniano ha annunciato che la “Legge per la protezione della famiglia tramite la promozione della cultura della castità e dell’hijab” entrerà in vigore il 13 dicembre 2024.

In un’escalation pericolosa, la legge consente l’applicazione della pena di morte per l’attivismo pacifico contro le leggi discriminatorie sull’obbligatorietà del velo in Iran.

La legge, composta da 74 articoli, prevede anche pene come frustate, multe esorbitanti, dure condanne detentive, divieti di viaggio e restrizioni all’istruzione e all’occupazione per le donne e le ragazze che si oppongono al velo obbligatorio. Essa penalizza inoltre gli enti privati che non fanno rispettare l’obbligo del velo, garantendo al contempo impunità a funzionari e polizia morale che aggrediscono le donne e le ragazze che osano sfidare tale legge.

“Questa legge vergognosa intensifica la persecuzione di donne e ragazze che osano rivendicare i propri diritti, a seguito della protesta del movimento Donna Vita Libertà. Le autorità stanno cercando di rafforzare un sistema di repressione già soffocante contro donne e ragazze, rendendo la loro vita quotidiana ancora più intollerabile”, ha dichiarato Diana Eltahawy, vicedirettrice regionale di Amnesty International per il Medio Oriente e il Nord Africa.

“La comunità internazionale non può restare a guardare mentre le autorità iraniane codificano ulteriormente la repressione e arrivano persino a utilizzare la pena di morte per soffocare il dissenso contro l’obbligatorietà del velo. Deve esercitare pressione sulle autorità iraniane affinché ritirino questa legge e aboliscano l’obbligo del velo, sia a livello legislativo che nella prassi. È inoltre necessario esplorare percorsi legali per chiamare le autorità iraniane a rispondere delle sistematiche e diffuse violazioni dei diritti umani commesse contro donne e ragazze tramite l’applicazione della legge sul velo obbligatorio”, ha proseguito Diana Eltahawy.

La nuova legge è stata redatta dal sistema giudiziario nel maggio 2023, in risposta alla diffusa disobbedienza delle donne e delle ragazze all’obbligatorietà del velo, a seguito della morte in custodia di Mahsa Jina Amini, che nel settembre 2022 ha dato origine alla rivolta del movimento Donna Vita Libertà.

Il Consiglio dei guardiani ha approvato la legge all’inizio dell’anno. Secondo la stampa, sebbene la legge non sia stata ancora ratificata, il 27 novembre il presidente del parlamento Mohammad Ghalibaf ha annunciato che la legge entrerà in vigore il 13 dicembre.

Pena di morte, frustate, multe esorbitanti e dure pene detentive

La nuova legge criminalizza e introduce severe sanzioni per comportamenti definiti come “nudità, indecenza, mancato uso del velo e abbigliamento inappropriato”.

La legge definisce il “mancato uso del velo” come l’atto di donne e ragazze che non coprono il capo con un hijab, chador o foulard (articolo 50).

L’“abbigliamento inappropriato” è descritto come l’esposizione di qualsiasi parte del corpo al di sotto del collo, con l’esclusione di mani e piedi, o l’uso di indumenti che “contribuiscano o incitino altri a commettere peccato” (articolo 48).

I termini “nudità” e “indecenza” non sono definiti.

L’articolo 37 della legge stabilisce che “promuovere o propagandare nudità, indecenza, mancato uso del velo o abbigliamento inappropriato” in collaborazione con enti stranieri, inclusi organi di stampa e organizzazioni della società civile, può essere punito con una pena detentiva fino a dieci anni e una multa fino all’equivalente di 11.430 euro. Lo stesso articolo prevede che, se tali comportamenti vengono considerati come “corruzione sulla terra”, possono essere puniti con la pena di morte ai sensi dell’articolo 286 del codice penale islamico. Questa disposizione implica che donne e ragazze che inviano video di sé stesse senza velo alla stampa non iraniana o che partecipano all’attivismo pacifico rischiano la pena di morte.

In base all’articolo 48, le donne e le ragazze sorprese con un “abbigliamento inappropriato” possono essere multate con multe che vanno dall’equivalente di 152 euro per la prima infrazione fino all’equivalente di 3.800 euro per la quarta infrazione. Le infrazioni successive possono comportare una multa equivalente a 7.600 euro, fino a cinque anni di carcere, un divieto di viaggio di due anni e un divieto di utilizzo delle piattaforme social della stessa durata (articoli 48 e 38).

Secondo l’articolo 49, la “nudità” di donne e ragazze in pubblico o online comporta la detenzione immediata, un processo penale e una pena fino a 10 anni di carcere o una multa equivalente a 11.430 euro. Le persone “recidive” possono essere punite con una pena detentiva fino a 15 anni o con una multa equivalente a 20.900 euro.

Le donne e le ragazze che non sono in grado di pagare le multe saranno escluse dalla possibilità di riavere veicoli sequestrati, registrare mezzi di trasporto, ottenere o rinnovare patenti di guida, rinnovare passaporti e lasciare il paese. Potranno inoltre subire il sequestro dei beni o rischiare il carcere (articolo 56).

L’articolo 67 specifica che le pene previste dall’articolo 638 del codice penale islamico, incluse le frustate, continueranno ad applicarsi a chiunque “compia pubblicamente atti proibiti” e/o “offenda la decenza pubblica”, una disposizione già utilizzata per frustare le donne che sfidano l’obbligatorietà del velo.

In base all’articolo 38, “insultare o ridicolizzare l’hijab” o “promuovere nudità, indecenza, mancato uso del velo e abbigliamento inappropriato” sono reati punibili con il carcere fino a cinque anni, un divieto di viaggio e/o una multa.

La legge vieta inoltre l’importazione e la vendita di abbigliamento, statue, bambole, manichini, quadri, dipinti, libri e riviste che “promuovono nudità, indecenza, mancato uso del velo e abbigliamento inappropriato”.

“La complessa rete di multe, pene detentive e altre gravi punizioni, fino alla pena di morte, dimostra la politica di controllo da parte dello stato su donne e ragazze, attraverso la paura e la precarietà economica. Questa legge avrà conseguenze particolarmente devastanti per le fasce più svantaggiate della società”, ha aggiunto Eltahawy.

Codificare l’impunità e incoraggiare la violenza contro le donne

La legge amplia i poteri delle forze di sicurezza e dei servizi segreti, inclusi la polizia, il ministero dell’Intelligence, i servizi d’intelligence dei Guardiani della rivoluzione e le forze paramilitari basiji, per imporre l’obbligo del velo.

Fornisce inoltre impunità totale alla polizia morale, che ha “l’obbligo religioso” di far rispettare l’obbligatorietà del velo (articolo 59). Chiunque cerchi di impedire arresti, molestie o aggressioni violente contro donne e ragazze che sfidano il velo obbligatorio rischia a sua volta il carcere o una multa (articolo 60).

I titolari di attività commerciali possono essere multati, arrestati e sottoposti a restrizioni pubblicitarie se consentono l’ingresso a donne e ragazze senza velo nei propri locali e/o sono accusati di “promuovere” la disobbedienza al velo obbligatorio (articolo 40).

Ulteriori informazioni

Le leggi sul velo obbligatorio violano molti diritti, tra cui quelli all’uguaglianza, alla libertà di espressione, di religione e di credo, alla privacy, all’uguaglianza e alla non discriminazione, all’autonomia personale e corporea, causando dolore e sofferenze gravi che equivalgono a tortura o a trattamenti inumani.

Nel suo rapporto del marzo 2024, la missione di accertamento dei fatti delle Nazioni Unite ha concluso che le autorità iraniane hanno commesso il crimine contro l’umanità di persecuzione basata sul genere. La missione ha rilevato che le autorità hanno “commesso una serie di atti estesi, sostenuti e continui che individualmente costituiscono violazioni dei diritti umani, diretti contro donne [e] ragazze… e che, cumulativamente, rappresentano ciò che la missione valuta come persecuzione”.