Il Governo italiano sta continuando a fornire armi all’Arabia Saudita e agli altri membri della coalizione da utilizzare contro lo Yemen, violando il diritto nazionale ed internazionale.
Tra le norme violate, ci sono quelle stabilite nel Trattato sul commercio delle armi a cui l’Italia ha aderito proprio per prevenire la sofferenza umana dovuta ad uno commercio sconsiderato e senza regole, oltre alla legge italiana 185 del 1990 che vieta espressamente la vendita di armi a paesi coinvolti in conflitti armati.
Anche bombe prodotte in Italia sono state utilizzate in questi due anni di violento conflitto, come confermato dal Rapporto delle Nazioni Unite sul conflitto nello Yemen dello scorso 27 gennaio dove si mostrano le prove dell’utilizzo di bombe targate RWM da parte della coalizione araba nella capitale Sana’a. Ad oggi (25 marzo 2017) si calcolano più di 12.000 tra morti e feriti tra i civili, 18 milioni le persone che necessitano di assistenza umanitaria e oltre 3 milioni quelle costrette a lasciare le proprie case.
Abbiamo bisogno della vostra voce per chiedere al nostro governo di fermare la vendita di armi!
Firma ora per non essere più complice di questi crimini.
A partire dal 25 marzo 2015 una coalizione internazionale guidata dall’Arabia Saudita, supportata da Stati Uniti e Gran Bretagna, ha iniziato i bombardamenti contro il gruppo armato Huthi in Yemen.
I civili sono stati i più colpiti da questo conflitto sanguinario, intrappolati fra i combattimenti di terra fra gli Huthi e le forze governative e gli incessanti bombardamenti aerei delle forze della coalizione. Uomini, donne e bambini sono stati vittime di terribili crimini di guerra perpetrati da ogni fazione coinvolta.
Due anni di violento conflitto hanno prodotto più di 12.000 tra morti e feriti tra i civili, e hanno esacerbato una situazione umanitaria già disastrosa. Sono 18.8 milioni le persone che necessitano di assistenza umanitaria e oltre 3 milioni quelle costrette a lasciare le proprie case.
Scuole, ospedali, moschee, funerali: sembra che nulla sia più al sicuro dagli attacchi aerei della coalizione guidata dall’Arabia Saudita.
Dal nostro Paese continuano a partire carichi di bombe aeree per rifornire la Royal Saudi Air Force. L’ultimo carico, con migliaia di bombe, è partito in gran segreto alcuni giorni fa da Cagliari. Riteniamo si tratti anche questa volta di bombe aeree del tipo MK80 prodotte dalla RWM Italia, azienda del gruppo tedesco Rheinmetall, con sede legale a Ghedi (Brescia) e fabbrica a Domusnovas in Sardegna.
La conferma dell’utilizzo delle bombe italiane nel conflitto in Yemen arriva anche dal “Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen”, trasmesso lo scorso 27 gennaio al Presidente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Alcuni organizzazioni specializzate, riportano la possibilità concreta di almeno sei invii di carichi di bombe dall’Italia verso l’Arabia Saudita.
Lo scorso ottobre l’allora Ministro degli Esteri Paolo Gentiloni per la prima volta ha ammesso, in risposta ad una interrogazione parlamentare, che alla RWM Italia sono state rilasciate licenze di esportazione per l’Arabia Saudita.
La responsabilità del rilascio delle licenze di esportazione ricade sull’Unità per le Autorizzazioni di Materiali d’Armamento (UAMA), incardinata presso il Ministero degli Esteri e della Cooperazione e che fa riferimento direttamente al Ministro. Ma nel percorso di valutazione per tale rilascio incidono con ruoli stabiliti dalla legge i pareri di vari Ministeri, tra cui soprattutto il Ministero della Difesa.
Va inoltre ricordata la presenza di un accordo di cooperazione militare sottoscritto dall’Italia con l’Arabia Saudita (firmato nel 2007 e ratificato con la Legge 97/09 del 10 luglio 2009) che prevede un rinnovo tacito ogni 5 anni, e grazie al quale si garantisce una via preferenziale di collaborazione tra i due Paesi in questo settore, comprese le forniture di armi.
La legge italiana 185 del 1990 che regolamenta questa materia afferma infatti che le esportazioni di armamenti sono vietate non solo come è già automatico verso le nazioni sotto embargo internazionale ma anche ai Paesi in stato di conflitto armato e la cui politica contrasti con i principi dell’articolo 11 della Costituzione della Repubblica.
Il 22 giugno 2017, abbiamo presentato una proposta di Mozione parlamentare alla Camera insieme ad alcune organizzazioni e reti della società civile italiana. La richiesta principale è quella di fermare le forniture militari verso l’Arabia Saudita e i suoi alleati.
Al governo chiediamo di porre fine a questa vendita e di rivedere le autorizzazioni alle esportazioni di sistemi militari verso Ryad.
“Ho sentito un ronzio e sapevo che era un razzo che stava arrivando. Mi sono buttato a terra e ho pregato a voce alta. Poi ho visto il mio corpo completamente ricoperto di sangue.” Sana’a, sopravvissuto ad un attacco aereo del settembre 2015 nella Radfan Ceramics Factory.
Durante le 5 missioni nel paese dall’inizio della guerra, i ricercatori di Amnesty International hanno documentato almeno 34 incursioni aeree della coalizione saudita in Yemen in violazione del diritto internazionale umanitario – le norme internazionali che si applicano durante un conflitto, a volte anche chiamate “leggi di guerra” – che hanno provocato 494 morti civili (inclusi almeno 148 bambini) e 359 civili feriti. Questi includono attacchi che sembra abbiano deliberatamente mirato civili e strutture civili come ospedali, scuole, mercati e moschee, che dovrebbero considerarsi come crimini di guerra.
La coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha anche utilizzato munizioni a grappolo, armi letali esplosive proibite dal diritto internazionale. Quando lanciate, le bombe a grappolo rilasciano dozzine – a volte centinaia – di piccole “bombe”, che spesso rimangono inesplose e possono causare terribili ferite molto tempo dopo l’attacco iniziale. Ad ora, i nostri ricercatori hanno documentato l’uso di 6 tipi diversi di munizioni a grappolo, comprese la versione brasiliana, inglese e statunitense.
Il bombardamento aereo sull’ospedale di Medici Senza Frontiere (MSF) del 15 agosto 2016 ha ucciso almeno 19 persone e ne ha ferite 24. Ayman Issa Bakri, l’autista sedicenne dell’ambulanza, è stato fra quelli uccisi da una bomba fabbricata negli Stati Uniti. Quando il suo corpo è stato ritrovato, stava ancora stringendo il corpo di una donna che stava trasportando con l’ambulanza.
In un attacco precedente, il 9 luglio 2015, sono state uccise 10 persone della famiglia Faraa, inclusi 4 bambini e 5 donne. Altre 10 sono state ferite nel bombardamento di una scuola dove si stavano rifugiando una dozzina di famiglie, nel villaggio Tahrur, nel nord dell’Aden. Le persone disperse che erano nella scuola appartenevano alla (marginalizzata) comunità “muhammashin” – cittadini yemeniti di origine africana, una delle comunità più povere e vulnerabili del paese.
“Siamo venuti qui per scappare alla guerra in Huta (un kilometro a ovest di Tahrur). Non avevamo nessun altro posto dove andare. Non abbiamo nulla. Come potevo immaginare che stavamo venendo incontro alla morte? Le mie figlie sono state uccise e io vorrei essere morto con loro. Non ho più nulla nella vita”. Salama ha perso tre figlie nei bombardamenti, Yursa, 21, Shadia, 19 e Naama, 20 mesi.
Egregio Ministro Alfano,
Le scrivo in occasione del secondo anniversario del conflitto in Yemen, un conflitto che ha già portato a 12.000 fra morti e feriti nella popolazione civile e ha esacerbato una situazione umanitaria già molto complessa.
Sono preoccupato dal fatto che l’Italia stia continuando a fornire armi che alimentano il conflitto all’Arabia Saudita e ai membri della sua coalizione, nonostante diversi rapporti attendibili dimostrino la sconsiderata violazioni dei diritti umani da parte della coalizione.
Amnesty International e altre organizzazioni hanno documentato dozzine di attacchi aerei devastanti che sembrano in violazione del diritto umanitario e del diritto dei diritti umani, attacchi che hanno portato alla morte e al ferimento di migliaia di civili, inclusi centinaia di bambini. Alcuni di questi attacchi sembra abbiano deliberatamente preso di mira civili e strutture civili come ospedali, scuole, mercati e moschee, e dovrebbero configurarsi come crimini di guerra.
La coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha anche utilizzato munizioni a grappolo, letali armi esplosive proibite dal diritto internazionale. Quando lanciate, le bombe a grappolo rilasciano dozzine – a volte centinaia – di piccole “bombe”, che spesso rimangono inesplose e possono causare terribili ferite molto tempo dopo l’attacco iniziale.
Continuando a fornire armi alla coalizione guidata dall’Arabia Saudita, nonostante il rischio sostanziale che siano usate per commettere o facilitare violazioni, l’Italia sta violando sia il diritto internazionale che quello interno.
Il Trattato sul commercio delle armi è una di queste norme. Una delle ragioni principali per l’adozione del trattato da parte dell’Italia è stata quella di prevenire la sofferenza umana dovuta ad uno sconsiderato trasferimento di armi.
Per queste ragioni, La esortiamo a:
- Porre fine immediatamente il trasferimento di armi alla coalizione guidata dall’Arabia Saudita finché non ci sarà più il rischio di commettere o facilitare serie violazioni del diritto umanitario e dei diritti umani in Yemen;
- Condannare l’uso di munizioni a grappolo nel conflitto in Yemen e a fare pressione affinché anche l’Arabia Saudita ratifichi il trattato internazionale sulle munizioni a grappolo e distrugga quelle che ancora possiede;
- Sollecitare l’istituzione di una indagine internazionale indipendente per esaminare le violazioni da tutte le parti in conflitto, al fine di assicurare la giustizia, le responsabilità e il risarcimento per le vittime.
La ringrazio per l’attenzione.