La crisi profonda dell’Afghanistan dei talebani

Foto di BULENT KILIC/AFP via Getty Images

Da quando hanno preso il potere in Afghanistan, i talebani hanno gettato il paese in una gravissima crisi dei diritti.

Era il 15 agosto del 2021 e da quel giorno la vita di donne, voci libere, minoranze etniche e religiose, persone della comunità Lgbtqia+ è diventata sempre più difficile.

Attraverso il nostro lavoro di ricerca, abbiamo documentato la repressione violenta delle proteste pacifiche, esecuzioni extragiudiziali, sparizioni forzate, la sistematica persecuzione contro le donne e le ragazze.

 

L’APPELLO

Dal 15 agosto 2021, quando hanno preso il potere in Afghanistan, i talebani hanno avviato una nuova era di violenze e violazioni dei diritti umani. Oggi, due anni dopo, il paese è sull’orlo di una rovina irreversibile.

I talebani, che sono le autorità di fatto del paese,  hanno commesso un’infinità di violenze e violazioni dei diritti umani in totale impunità. 

In due anni, hanno sistematicamente smantellato le istituzioni chiave per la protezione dei diritti umani e represso la libertà di espressione, associazione, il diritto a un processo equo e altri diritti umani.

I diritti fondamentali delle donne e delle ragazze sono stati soppressi. Migliaia di persone sono state arbitrariamente arrestate, torturate, rapite e persino uccise: esponenti del giornalismo, dello sport e dell’arte, attiviste, difensori dei diritti umani, accademici e accademiche, minoranze religiose ed etniche restano particolarmente a rischio.

I diritti umani sono sotto attacco su tutti i fronti. Mentre la popolazione afgana continua a sfidare questa tempesta, noi dobbiamo essere al suo fianco e difendere il suo diritto a vivere in libertà, dignità e uguaglianza.

34724 persone hanno firmato

99.211428571429% Complete
OPPURE

Confermo di avere letto l'informativa sulla privacy e la connessa privacy policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali, anche sensibili (in quanto idonei a rivelare opinioni politiche o convinzioni di altro genere) per l'adesione all'appello proposto. Cliccando sul bottone "Firma l'appello" dichiaro di essere maggiorenne e acconsento alla comunicazione dei dati sensibili ai destinatari della petizione. Diversamente non sarà possibile procedere alla firma.

Hai già firmato questo appello

 

La persecuzione delle donne

“Per le donne donne afgane è una morte lenta” –  Adila, giornalista

La campagna di persecuzione dei talebani ha ristretto sempre di più lo spazio sociale, culturale e di vita delle donne. Fin da subito, le donne sono state escluse dai ruoli politici e dalla maggior parte degli impieghi nel settore pubblico.

Dal 17 settembre 2021 le ragazze sopra i 12 anni non possono più studiare

Molte donne non possono più uscire di casa o viaggiare senza la supervisione di un uomo. Nel 2022 le restrizioni aumentano a dismisura: le donne non possono più frequentare l’università, i parchi, le palestre, persino i bagni femminili. Alle giornaliste viene imposto il divieto di mostrare il volto, le donne non possono più lavorare nelle Ong locali o internazionali. Nel 2023 chiudono anche i saloni di bellezza: viene così chiuso uno dei pochi settori lavorativi rimasti accessibili alle donne.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Amnesty Italia (@amnestyitalia)

cifre

 

La libertà di stampa: un diritto inesistente

Nel 2023, l’Afghanistan è stato classificato al 156° posto su 180 paesi nell’Indice mondiale della libertà di stampa di Reporter senza frontiere. 

Molti giornalisti sono stati arrestati, picchiati e torturati, solo per aver cercato di raccontare quello che stava succedendo nel paese. 

“Sono stato trattenuto per diversi giorni. Sono stato picchiato e frustato così forte sulle gambe che non riuscivo a stare in piedi. La mia famiglia aveva sentito da passanti che ero stato rapito dai talebani ma non avevano idea di dove fossi.” – Yunis (pseudonimo), giornalista e attivista della società civile.

Foto di Marcus Yam/Los Angeles Times

Uno dei primi casi di violenza contro i media si è verificato contro due giornalisti del quotidiano Etilaat Roz che stavano coprendo le proteste delle donne a Kabul il 9 settembre 2021. Nonostante lo scandalo internazionale che ne è derivato, le violenze non si sono fermate e fare giornalismo nel paese è più pericoloso che mai.

“I media erano la voce della democrazia e della libertà di parola in Afghanistan, ma questa voce è stata spezzata sotto la legge dei talebani”, Khatera Nejat, giornalista in esilio. 

Foto di Wakil Kohsar/AFP

 

SOSTIENI IL NOSTRO LAVORO

 

30 €

Al mese

ci aiuti a inviare i nostri ricercatori sul campo per documentare le violazioni dei diritti

Dona

20 €

Al mese

fornisci alle vittime un supporto internazionale contro processi iniqui e sentenze di morte.

Dona

15 €

Al mese

ci aiuti a indagare, svelare e documentare violazioni monitorando zone ad alto rischio.

Dona

Scelta libera

70 €

contribuisci a organizzare campagne per difendere i diritti umani nel mondo.

Dona

50 €

ci aiuti a inviare un ricercatore sul campo per indagare le violazioni dei diritti.

Dona

35 €

contribuisci a promuovere un'azione urgente in difesa di chi vede violati i propri diritti.

Dona

Scelta libera

Il tuo sostegno conta: ogni giorno lavoriamo per cambiare il mondo, ma non possiamo farlo da soli. Per riuscirci dobbiamo essere in tanti. Per riuscirci abbiamo bisogno di te.


Puoi donare anche con:

  • bonifico bancario intestato Amnesty International – Sezione Italiana, via Goito 39, 00185 Roma.
    IT 69 Y 05018 03200 000010000032 – presso Banca Popolare Etica
  • bollettino postale sul conto corrente postale n° 552000 intestato a
    Amnesty International – Sezione Italiana, via Goito 39, 00185 Roma