Stringer/Anadolu Agency via Getty Images
Tempo di lettura stimato: 5'
In un rapporto diffuso oggi, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura (Cpt) del Consiglio d’Europa ha dichiarato che le autorità europee hanno fatto ricorso a pratiche qualificate come tortura nei confronti di migranti e rifugiati che tentavano di attraversare le frontiere.
Nel rapporto si parla di un diffuso ricorso alla violenza, alle intimidazioni e alla detenzione per lunghi periodi di tempo e si identifica un “chiaro schema di maltrattamenti fisici” durante le operazioni di respingimento, insieme al costante diniego delle garanzie basilari e del diritto d’accesso all’asilo.
“Questo sconvolgente rapporto si aggiunge al sempre più grande cumulo di prove di gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani perpetrate dalle autorità europee alle loro frontiere”, ha dichiarato Eva Geddie, direttrice dell’Ufficio europeo di Amnesty International.
“È la conferma delle testimonianze di migliaia di persone che hanno subito violenza alle frontiere marittime e terresti dell’Europa”, ha aggiunto Geddie.
Il rapporto del Cpt identifica una tendenza generale alle frontiere europee, senza fare cenno a specifici stati. Cita casi in cui agenti di polizia, guardie di frontiera e altri funzionari hanno preso persone a manganellate, hanno esploso colpi di pistola sopra le loro teste, le hanno spinte – spesso ammanettate – nei fiumi, le hanno costrette a camminare a piedi nudi e in mutande e, in alcuni casi, ad attraversare le frontiere completamente nude e le hanno minacciate o aggredite con cani privi di museruola.
Queste prassi brutali e illegali, spesso eseguite nel contesto di ritorni illegali o di respingimenti, sono usate dalle autorità per impedire alle persone in cerca di protezione di raggiungere i loro confini. Le conclusioni del Cpt circa la loro natura sistemica sono corroborate dalle ricerche svolte da Amnesty International lungo le frontiere europee, tra cui quelle recenti in Spagna, Croazia, Polonia, Lituania e Lettonia.
Il rapporto è stato reso noto proprio mentre il parlamento lituano sta esaminando una proposta di legge che intende rendere legali i respingimenti. Se venisse approvata, priverebbe le persone entrate irregolarmente in Lituania di ogni possibilità di chiedere protezione internazionale e causerebbe il ritorno forzato di molte di esse in luoghi dove rischierebbero di subire torture.
Dall’estate del 2021 Lituania, Polonia e Lettonia hanno utilizzato lo stato d’emergenza per legalizzare i ripetuti respingimenti alle frontiere con la Bielorussia, esponendo molte persone alla violenza fisica, ai ritorni sommari e ad agghiaccianti condizioni di detenzione. Da allora almeno 37 persone hanno perso la vita alla frontiera polacca e molte altre sono morte lungo quelle della Lettonia e della Lituania.
Confermando anche in questo caso le prove raccolte da Amnesty International, il rapporto del Cpt afferma che generalmente le autorità non indagano sulle denunce di torture, maltrattamenti e altre violenze avvenute nel contesto delle operazioni alle frontiere.
“Il drammatico elenco di violenze e intimidazioni contenuto nel rapporto è purtroppo abbondantemente familiare. La mancanza di provvedimenti per le gravi violazioni dei diritti umani alimenta un ciclo di violenza incontrastata e rivela un profondo disprezzo degli stati europei per la vita delle persone in cerca di protezione”, ha commentato Geddie.
“C’è urgente bisogno che vengano avviate indagini immediate e indipendenti, che i responsabili siano chiamati a risponderne e che siano istituiti forti meccanismi indipendenti di monitoraggio alle frontiere”, ha concluso Geddie.
Ulteriori informazioni
I rapporti di Amnesty International citati in questo comunicato stampa sono disponibili ai seguenti link: