Violenza di genere: conoscerla per affrontarla

Dalla legge sul consenso alle nuove forme di violenza online

La violenza di genere è una epidemia globale che colpisce in maniera importante donne e ragazze, individui di genere non conforme e persone con diverse identità di genere e orientamenti sessuali. 

Nella maggior parte degli stati esistono leggi per contrastare la violenza di genere ma secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ad esempio, circa un terzo delle donne (dai 15 anni in su) di tutto il mondo è stato oggetto di violenza di genere almeno una volta nella vita.

Numeri che con altissima probabilità sono sottostimati perché esistono numerosi motivi per cui le persone sopravvissute non arrivano a denunciare la violenza subita.

Quanti tipi di violenza di genere esistono? Come riconoscere  e contrastare la violenza di genere? Che cosa significa costruire la cultura del consenso? Quali sono le cause profonde della violenza sulle donne e ragazze?

In questa pagina indicheremo possibilità di attivazione, ma anche numerose risorse per comprendere nel profondo questi concetti e per affrontare e contrastare la violenza di genere nei suoi vari aspetti. Troverete risorse educative per le scuole, corsi online, gratuiti, proposte di attivazione e approfondimenti.

CHE COS’È IL GENERE?

Partiamo dalle basi e cerchiamo di capire cosa si intende quando si parla di genere. Il genere si riferisce a un insieme di idee e norme stereotipate su ruoli sociali, comportamenti, attività e attributi che una determinata società collega al sesso di una persona. Queste norme e idee sono costrutti sociali e si apprendono coi processi di socializzazione, in famiglia, nelle amicizie e a scuola, e sono spesso riprodotte dai media. Nel corso del tempo, vengono considerate “naturali” o “normali”, influenzando quindi il modo di vedere e relazionarsi alla propria persona e alle altre, il modo di comportarsi e le aspettative verso chi ci circonda. Queste norme e idee costituiscono la base degli stereotipi di genere e del sessismo che portano a considerare un genere superiore a un altro.

cifre

 

LA VIOLENZA DI GENERE

La violenza di genere comprende una vasta gamma di violenze, tra cui violenza fisica, sessuale, economica e psicologica, minacce, abusi e coercizione che sono radicati e riproducono disuguaglianza di genere, asimmetria di potere e pericolose norme di genere.

La violenza di genere ha un impatto sproporzionato su donne e ragazze, ma può colpire anche altre persone in base al loro orientamento sessuale reale e/o percepito, alla loro identità e/o espressione di genere.

Miti e stereotipi che pervadono la società, minimizzazione, mancata considerazione della volontà altrui, generale accettazione di rappresentazioni svilenti e fallaci alimentano una pericolosa cultura dello stupro che accusa le sopravvissute e perpetua l’impunità.

 

COSTRUIRE UNA CULTURA DEL CONSENSO

Gli stereotipi legati alla violenza e alle differenze di genere spesso non ci permettono di vivere rapporti interpersonali positivi dove ciascuna persona ha il diritto di decidere del proprio corpo e dove i limiti e i confini sono definiti da un consenso chiaro e dichiarato. 

Serve una maggiore attenzione al significato del mutuo consenso affinché non sia più un argomento sul quale dibattere, ma una norma accettata e condivisa.

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Cinque obiezioni per delegittimare la campagna

No, non è assolutamente necessario. Si può lasciare tranquillamente l’avvocato nel suo ufficio. Né una App né un contratto hanno senso.  Questo perché il consenso a un atto sessuale deve essere revocabile in qualsiasi momento – cosa che ovviamente non può essere fatta con una App. Inoltre, questo non sarebbe comunque l’approccio giusto: si tratta di comunicazione, sia verbale che non verbale. Niente cambia nel gioco erotico tra partner adulti. Se entrambi (o più) i partner tacciono prima o durante il rapporto, ma vi partecipano pienamente, si parla di un comportamento che segnala un tacito accordo. A quel punto, le persone coinvolte vogliono fare sesso e non si può parlare di aggressione. Se una delle persone cambia idea durante l’atto, deve comunicarlo in un modo o nell’altro al proprio partner e dimostrare che il suo “sì” iniziale non è più valido.

Il punto essenziale – che dovrebbe essere dato per scontato – è che solo il sesso pienamente consentito è accettabile. Fortunatamente, per la maggior parte delle persone, questo è già abbastanza chiaro e la cosa più normale del mondo. Ma purtroppo ci sono delle eccezioni. Uno studio condotto nell’Ue ha rilevato che più di un intervistata/o su quattro ritiene che il rapporto sessuale senza consenso reciproco possa essere giustificato in determinate circostanze – ad esempio, quando la vittima è ubriaca o sotto l’effetto di droghe, ritorna volontariamente a casa con qualcuno, è vestita in abiti succinti, non dice chiaramente “no” o non resiste fisicamente. Per questo motivo abbiamo bisogno di un cambiamento di mentalità nella società e di un diritto penale moderno che fissi chiari limiti.

L’accusato non ha nulla da dimostrare. Spetta al Pubblico ministero provare la colpevolezza dell’autore. Ogni persona è considerata innocente finché il tribunale non ne dimostra la colpevolezza. Il principio “in dubio pro reo” (il dubbio va a vantaggio dell’accusato) non è messo in discussione. Se ci sono dubbi sul corso degli eventi, l’accusato viene assolto. Nessuno chiede di rinunciare alla presunzione di innocenza. La riforma mira semplicemente a garantire che possa essere comminata una pena adeguata nei casi in cui il tribunale ritenga che sia dimostrato che l’imputato ha agito contro la volontà della vittima. Attualmente non è sempre così.

Attualmente, nel caso di reati a sfondo sessuale, la testimonianza delle sopravvissute è spesso la principale e talvolta anche l’unica prova. Giudicare la credibilità delle dichiarazioni fa parte della quotidianità professionale delle autorità giudiziarie. Le autorità incaricate delle indagini per tali reati hanno stabilito dei metodi per svolgere questo compito. A tal fine, utilizzano le conoscenze e i metodi della psicologia della testimonianza. In casi particolarmente difficili, è anche possibile ricorrere a specialisti. E se non è possibile chiarire a sufficienza cosa sia successo esattamente, si applica ancora il principio del “in dubio pro reo“. Questo significa che il difficile compito di raccogliere le prove non andrà mai a svantaggio dell’imputato. Già attualmente si procede in questo modo: anche l’uso della violenza non sempre lascia tracce evidenti, per non parlare di una minaccia, eppure crediamo che le autorità giudiziarie penali siano in grado di risolvere e perseguire i reati.

Chi si pronuncia in questo senso dovrebbe quindi anche essere del parere che lo Stato di diritto sia stato abolito in paesi come la Gran Bretagna, il Belgio, la Germania e la Svezia. In nove paesi dell’Unione europea, i rapporti sessuali senza il consenso reciproco o contro la volontà del partner sono già definiti come stupro. In altri paesi (tra cui Danimarca e Spagna, tra gli altri), sono in corso riforme analoghe. L’obiettivo di tali riforme è di garantire maggiore giustizia alle sopravvissute di violenza sessuale e di ridurre l’impunità per i reati sessuali. Inoltre, la modifica della legge mira a chiarire che la società non tollera gli atti sessuali non consensuali e li considera una grave ingiustizia.

Anche questa è un’affermazione che non è stata provata empiricamente. Si basa su un falso mito particolarmente persistente basato su stereotipi di genere (“le donne amano la vendetta“) che porta ad una diffidenza quasi sistematica nei confronti delle vittime di violenza sessuale. In realtà, le sopravvissute devono dimostrare molto coraggio e forza per denunciare un’aggressione alla polizia. Il procedimento penale rappresenta spesso un onere enorme per la vittima: non è raro che l’imputato, o addirittura l’autorità giudiziaria, metta in discussione la sua persona, la sua reputazione e la sua credibilità in modo offensivo. Attraverso domande e rimproveri, le sopravvissute a reati sessuali hanno spesso l’impressione di essere esse stesse colpevoli dell’aggressione o almeno corresponsabili. Questo è dovuto in parte alla natura stessa dell’azione penale, ma a volte esercita una pressione inutile sulle sopravvissute a causa dei falsi miti radicati nella nostra società in merito allo stupro.

L’argomento del pericolo di false accuse viene sempre addotto quando si tratta di rivedere il diritto penale in materia di reati sessuali, il più delle volte senza alcun riferimento a basi empiriche a sostegno di tali affermazioni. Sì, ci sono false accuse, non ci sono dubbi al riguardo. Ma questo rischio esiste per tutti i tipi di reati e le dichiarazioni false sono punibili. Il “pericolo” (chiaramente sovrastimato) di false accuse dipende in ogni caso solo in parte dal modo in cui è formulato il reato. Gli studi dimostrano che le (presunte) false accuse sono spesso basate sullo stereotipo dello stupro “reale” e riflettono l’uso della violenza. In altre parole, false accuse descrivono un comportamento che viene considerato stupro anche nei sistemi giuridici più rigorosi. Le false accuse sono sempre possibili, indipendentemente dal fatto che la definizione di reato sia o meno restrittiva.

La testimonianza delle vittime di violenza sessuale dovrebbe essere trattata allo stesso modo della testimonianza delle vittime di altri reati. Non chiediamo che le sopravvissute siano sistematicamente credute, che la presunzione di innocenza sia abolita o che sia stabilita l’inversione dell’onere della prova. Chiediamo semplicemente che le vittime di stupro siano trattate con rispetto. Ciò significa, innanzitutto, ascoltare le persone interessate senza pregiudizi, esaminare attentamente le loro dichiarazioni e accuse, e dare loro il sostegno cui hanno diritto. Niente di più, niente di meno.

 
La violenza sessuale è un fenomeno diffuso e sistemico in tutto il mondo. Le vittime spesso non conoscono i propri diritti e si trovano di fronte a molteplici ostacoli nell’accesso alla giustizia e ai risarcimenti, compresi stereotipi di genere dannosi, idee sbagliate su violenza sessuale, accuse di colpevolezza, dubbi sulla propria credibilità, sostegno inadeguato e legislazione inefficace.

In Italia, in particolare, persiste il pregiudizio che addebita alla donna la responsabilità della violenza sessuale subita.

Un pregiudizio che trova conferma nel codice penale italiano, dove all’articolo 609-bis, si prevede che il “reato di stupro” sia necessariamente collegato agli elementi della violenza, o della minaccia o dell’inganno, o dell’abuso di autorità.

Tuttavia, come stabilito dalla Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2013, lo stupro è un “rapporto sessuale senza consenso“. L’articolo 36, paragrafo 2, della Convenzione specifica che il consenso “deve essere dato volontariamente, quale libera manifestazione della volontà della persona, e deve essere valutato tenendo conto della situazione e del contesto“.

Per questi motivi chiediamo al Ministro della Giustizia la revisione dell’articolo 609-bis del codice penale, in linea con gli impegni presi nel 2013, affinché qualsiasi atto sessuale non consensuale sia punibile.
 

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