Manahel al-Otaibi ha 29 anni, è un’istruttrice di fitness e da anni è anche un’attivista per i diritti delle donne. Il 9 gennaio 2024 è stata condannata a 11 anni di carcere per “reati di terrorismo” in un processo segreto.
Era stata arrestata due anni prima e accusata di aver violato la legge contro i reati informatici. Le prove dei suoi “crimini” erano dei tweet a sostegno dei diritti delle donne e delle sue foto su Snapchat mentre era al centro commerciale senza l’abaya, la tunica tradizionale che devono usare le donne saudite per coprirsi il corpo. Manahel al-Otaibi è stata sottoposta a sparizione forzata tra il 5 novembre 2023 e il 14 aprile 2024, giorno in cui ha finalmente potuto contattare la sua famiglia e raccontare di essere stata tenuta in isolamento nella prigione di al-Malaz, di essersi rotta una gamba dopo essere stata brutalmente picchiata mentre era in custodia e di non avere accesso a cure mediche. La donna è riuscita a ricontattare la famiglia il 1° settembre e ha affermato di essere stata tenuta nuovamente in isolamento e di aver subito violenze fisiche da parte delle guardie del carcere.
Manahel deve essere liberata. Firma l’appello, fermiamo questa ingiustizia.
Waleed Mohammed Al Smani
Minister of Justice
Riyadh, Saudi Arabia
Postal Code 11472, P.O.Box 7775
Email: minister-office@moj.gov.sa
Eccellenza,
ho appreso con angoscia che Manahel al-Otaibi, 30 anni, istruttrice di fitness e attivista per i diritti delle donne, è stata sottoposta a torture e altri maltrattamenti nel carcere di al-Malaz. Dopo un mese in isolamento, Manahel al-Otaibi è riuscita a contattare la sua famiglia e ha dichiarato di essere stata sottoposta a percosse da parte delle guardie carcerarie e delle compagne di detenzione. Ha anche raccontato di essere stata costretta a pulire i bagni e di essere stata minacciata.
Il 9 gennaio 2024, il Tribunale penale speciale ha dichiarato Manahel al-Otaibi colpevole ai sensi degli articoli 43 e 44 della Legge del regno per la lotta al terrorismo e al suo finanziamento. La famiglia di Manahel al-Otaibi non ha avuto accesso ai documenti del tribunale né alle prove presentate contro di lei.
Manahel al-Otaibi è stata arrestata il 16 novembre 2022, accusata di aver violato la legge contro i crimini informatici per aver twittato hashtag a sostegno dei diritti delle donne e aver postato su Snapchat foto di sé al centro commerciale con abiti “immodesti”. Il suo caso è stato esaminato per la prima volta dal Tribunale penale di Riyadh il 23 gennaio 2023, che l’ha rinviata al Tribunale penale speciale.
Secondo i documenti del tribunale esaminati da Amnesty International, Manahel al-Otaibi è stata accusata di “pubblicare e diffondere contenuti che riguardano la commissione di peccati pubblici, l’incitamento di individui e ragazze della società a rinunciare ai principi religiosi e ai valori sociali e a violare l’ordine pubblico e la morale pubblica sul suo account Twitter”, in violazione della Legge sui reati informatici. Le accuse contro di lei si basano sui suoi post sui social media che si opponevano “a regolamenti e leggi che riguardano le donne”, tra cui l’appello a #EndMaleGuardianship.
Le autorità saudite hanno fatto sparire con la forza Manahel al-Otaibi tra il 5 novembre 2023 e il 14 aprile 2024. Il 14 aprile 2024, dopo oltre cinque mesi di sparizione forzata, la donna ha chiamato la sua famiglia per informarla che era tenuta in isolamento nella prigione di al-Malaz con una gamba rotta, dopo essere stata brutalmente picchiata e senza avere accesso a cure mediche.
La sorella Fawzia al-Otaibi ha dichiarato ad Amnesty International di ritenere che l’unico motivo per cui a Manahel al-Otaibi è stata finalmente concessa una telefonata è stato per trasmettere alla sua famiglia il messaggio di smettere di parlare pubblicamente della sua detenzione.
La invito a ordinare la scarcerazione immediata e incondizionata di Manahel al-Otaibi, condannata solo per aver esercitato pacificamente il suo diritto alla libertà di espressione. In attesa della liberazione le deve essere garantito l’accesso immediato alle cure mediche e le sue accuse di tortura e altri maltrattamenti devono essere indagate in modo imparziale.
La ringrazio per l’attenzione.
Il caso di Manahel al-Otaibi è stato esaminato per la prima volta dal Tribunale penale di Riad. Il 23 gennaio 2023 il Tribunale si è dichiarato non competente sul caso e lo ha rinviato al Tribunale penale speciale (SCC) della capitale. Queste corti si avvalgono delle vaghe disposizioni delle leggi anticrimine e antiterrorismo ed equiparano l’espressione pacifica al “terrorismo”. Amnesty International ha documentato come ogni fase del processo giudiziario dell’SCC sia invalidata da violazioni dei diritti umani. Dal 2018, le autorità saudite hanno arrestato arbitrariamente attiviste per i diritti delle donne che si battevano per la fine del sistema di tutela maschile e per il diritto di guidare in Arabia Saudita. Le attiviste per i diritti delle donne hanno denunciato di aver subito molestie sessuali, torture e altri maltrattamenti durante gli interrogatori. Quelle scarcerate sono soggette a divieti di viaggio e a restrizioni della libertà di espressione.
Anche le due sorelle di Manahel al-Otaibi hanno dovuto affrontare accuse legate alle loro campagne per i diritti delle donne. Nello stesso procedimento contro Manahel al-Otaibi, presentato dalla pubblica accusa al Tribunale penale di Riad, il pubblico ministero ha accusato la sorella Fawzia di aver condotto “una campagna di propaganda per incitare le ragazze saudite a denunciare i principi religiosi e a ribellarsi ai costumi e alle tradizioni della cultura saudita” e di aver usato un hashtag “che promuove la liberazione e la caduta della tutela maschile”. Il documento del tribunale, esaminato da Amnesty International, afferma che sarà emesso un ordine separato per l’arresto di Fawzia. L’altra sorella Mariam, un’importante attivista contro la tutela maschile nel Regno, è stata precedentemente accusata e detenuta per il suo attivismo ed è attualmente sottoposta a divieto di viaggio.
In un caso simile a quello di Manahel al-Otaibi, il 25 gennaio 2023 al termine di un processo gravemente iniquo l’SCC ha condannato nuovamente Salma al-Shehab, dottoranda dell’Università di Leeds e madre di due figli, a 27 anni di carcere, seguiti da un divieto di viaggio di 27 anni in appello per reati legati al terrorismo e per aver pubblicato dei tweet a sostegno dei diritti delle donne.
Quasi tutti i difensori dei diritti umani, gli attivisti per i diritti delle donne, giornalisti indipendenti e scrittori del paese sono stati arrestati arbitrariamente, sottoposti a processi prolungati e iniqui – il più delle volte da parte dell’SCC – o scarcerati, ma con condizioni che includono divieti di viaggio e altre restrizioni arbitrarie.