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Il 28 settembre la Saudi Press Agency ha dato notizia dell’esecuzione numero 198 dall’inizio dell’anno. Nei soli primi nove mesi del 2024 le autorità saudite hanno superato anche il macabro record delle 196 esecuzioni del 2022.
Le 198 esecuzioni da gennaio a settembre sono il numero più alto mai registrato dal 1990 e, ovviamente, alla fine del 2024 quel numero sarà ancora salito.
Paradossalmente, nel marzo 2022 il principe della Corona Mohammed bin Salman aveva dichiarato che l’Arabia Saudita si stava “sbarazzando” della pena di morte, salvo nei casi in cui le leggi islamiche la considerano obbligatoria.
Le esecuzioni per reati di droga sono state almeno 53, con un picco di una ogni due giorni a luglio. Nel 2023 erano state due.
Un numero imprecisato di esecuzioni ha riguardato prigionieri ufficialmente definiti “terroristi” o “aderenti ad al-Qaida”. Ma negli atti dei processi si possono leggere storie diverse.
Abdulmajid al-Nirm, un vigile urbano in pensione, è stato messo a morte il 17 agosto per “sostegno a proteste contro il governo” nella Provincia orientale a maggioranza sciita. Arrestato nel 2017, tenuto in isolamento per un mese e mezzo e impossibilitato a vedere un avvocato per due anni, nel 2021 era stato condannato a nove anni di carcere per “tentativo di destabilizzare la fabbrica sociale e l’unità nazionale attraverso la partecipazione a manifestazioni, sostenendo rivolte, cantando slogan contro lo stato e i suoi regnanti”, “opposizione all’arresto e al processo di persone ricercate”, nonché per aver fatto parte di una chat di gruppo su Whatsapp in cui c’erano anche alcuni dei ricercati.