Aggiornamento del 27/10/2021 – Dopo un incubo durato quasi 10 anni, il 27 ottobre 2021 è tornato in libertà Ali al-Nimr, nipote del leader della minoranza sciita dell’Arabia Saudita Nimr al-Nimr, messo a morte nel gennaio 2016.
Ali al-Nimr era stato arrestato nel febbraio 2012 per presunti reati collegati alle proteste degli sciiti nella Provincia orientale. All’epoca aveva 17 anni. Insieme a lui erano stati arrestati altri due minorenni, Dawood al-Marhoun e Abdullah al-Zaher, rispettivamente di 17 e 15 anni.
I tre ragazzi erano stati condannati a morte nel 2014. Poi, nel 2020, un decreto reale aveva ordinato che le condanne a morte emesse nei confronti di rei minorenni venissero commutate. Il 7 gennaio 2021 le tre sentenze erano state sostituite con la pena di 10 anni di carcere. Considerati i nove anni già trascorsi in cella, le scarcerazioni avrebbero dovuto aver luogo nel febbraio 2022.
Ali al-Nimr è uscito dal carcere con qualche mese di anticipo. Amnesty International continuerà a inviare appelli alle autorità saudite affinché anche al-Marhoun e al-Zaher siano scarcerati.
Aggiornamento – La condanna a morte di Ali al-Nimr è stata commutata in 10 anni di prigione e, considerati i nove anni già trascorsi in carcere, la scarcerazione dovrebbe aver luogo entro il 2022.
Ali al-Nimr, nipote del leader della minoranza sciita Nimr al-Nimr messo a morte nel gennaio 2016, era stato arrestato nel febbraio 2012 per reati relativi alle proteste degli sciiti nella Provincia orientale. All’epoca aveva 17 anni.
Era stato condannato a morte nel 2014, insieme ad altri due minorenni, Dawood al-Marhoun e Abdullah al-Zaher, rispettivamente 17 e 15 anni all’epoca del reato.
Nel 2020 un decreto reale aveva ordinato che le condanne a morte emesse nei confronti di rei minorenni venissero commutate. Intorno alla metà del 2021 la Procura dello Stato aveva disposto la revisione di tutte le condanne a morte di questo genere.
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La Corte penale speciale e la Corte suprema dell’Arabia Saudita hanno confermato la sentenza capitale nei confronti di Ali Mohammed Baqir al-Nimr, giovane attivista sciita condannato a morte per reati presumibilmente commessi all’età di 17 anni.
È accusato di “partecipazione a manifestazioni antigovernative”, attacco alle forze di sicurezza, rapina a mano armata e possesso di un mitra. La condanna sarebbe stata emessa sulla base di una confessione estorta con torture e maltrattamenti.
Ali al-Nimr è nipote di un eminente religioso sciita – Sheikh Nimr Baqir al-Nimr, messo a morte il 2 gennaio 2016.
Ali al-Nimr ha esaurito ogni possibilità di appello e può essere messo a morte appena il re ratifica la condanna.
Chiedi con Amnesty l’annullamento della sentenza, indagini sulle torture e che l’Arabia Saudita rispetti i diritti umani.
Il 14 febbraio 2012, Ali Mohammed Baqir al-Nimr, 17 anni, viene arrestato e condotto presso la Direzione generale delle indagini (Gdi) del carcere di Dammam. Non può vedere il suo avvocato e, secondo quanto riferisce, viene torturato da ufficiali della Gdi affinché firmi una “confessione”.
Resta detenuto nel centro di riabilitazione giovanile Dar al-Mulahaza per un anno e, a 18 anni, riportato nella Gdi di Damman.
Il 27 maggio 2014, il tribunale penale speciale di Gedda lo condanna a morte per reati che comprendono la “partecipazione a manifestazioni antigovernative”, attacco alle forze di sicurezza, rapina a mano armata e possesso di un mitra. Il tribunale si sarebbe basato sulla “confessione” estorta con la tortura e maltrattamenti e su cui si è rifiutato di indagare.
Ad agosto 2015 il caso viene inviato al ministro dell’Interno per dare attuazione alla sentenza.
A settembre la famiglia diffonde la notizia appresa: i giudici di appello presso la Corte penale speciale (Scc) e della Corte suprema confermano la sentenza.
Ali al-Nimr è un attivista scita e nipote dell’eminente religioso sciita Sheikh Nimr Baqir al-Nimr, di al-Awamiyya in Qatif, nella zona orientale dell’Arabia Saudita. Lo sceicco è stato messo a morte il 2 gennaio 2016.
Una storia dal braccio della morte in Arabia Saudita raccontata da una madre
12 febbraio 2016
Quando ho sentito per la prima volta il verdetto di condanna del mio bambino, mi sono sentita come se un fulmine mi stesse colpendo in testa. Era come essere a lutto e di colpo ho perso le cose più care e belle che ho.
La sua assenza mi ha sfinito il cuore. I miei occhi versano lacrime continuamente, desiderandolo ardentemente. Sono sopraffatta dalla mancanza dei suoi lineamenti angelici. Il suo sorriso non lascia mai la mia mente e i ricordi mi spingono alle lacrime ogni volta che lo vedo in una foto.
Tutto ciò che era bello
Prima dell’arresto di Ali, la mia famiglia conduceva una vita normale. Era un bambino bellissimo e gentile che non smetteva mai di diventare ancora più bello crescendo. La sua bellezza nasceva dal suo buon cuore, dal suo amore per gli altri e dai suoi meravigliosi principi morali. Amava tutto ciò che era bello: Allah, la virtù, la natura, il mare, il sole, gli alberi e gli animali.
Non c’è posto per la disperazione nel cuore di Ali. Lui è sempre stato ottimista e sorridente. Gli piacevano la lettura e la fotografia e passava la gran parte della giornata curando, pulendo e cibando degli uccelli. Non gli piaceva tenerli in gabbia: li liberava per farli volare intorno al giardino senza che nessuno desse loro fastidio.
Suo padre lo portava con sé nei suoi viaggi d’affari e presto si rese conto della passione di suo figlio per i viaggi e la conoscenza. Era sempre lì a fare domande sulle origini delle differenze negli alimenti e nei costumi tra i popoli. Era solito interrogarsi sulle differenze tra le fedi. Si chiedeva: “I cristiani adorano Dio, i musulmani adorano Allah, quindi perché sono diversi gli uni dagli altri?”.
Il sapore amaro del carcere
Ho pianto tanto quando è stato preso, ma non mi sarei mai aspettata che sarei andata avanti a piangere per quattro lunghi anni. È stato strappato via dal calore della nostra casa e costretto ad essere detenuto nel freddo intenso di prigioni oscure. È stato allontanato dalla sua casa e dalle persone a lui care per gustare l’insipido sapore amaro della vita in cella.
Nessuna situazione mi è stata più dolorosa di quando ho visto mio figlio in carcere. Desideravo ardentemente vederlo, ma ho dovuto girare la faccia perché non l’avevo riconosciuto. Non aveva il suo aspetto normale né la sua voce perché era stato torturato.
Non ebbe bisogno di dirmi quello che era successo perché il suo volto, le mani, i piedi e il corpo parlavano per lui. Sul suo corpo erano chiaramente visibili ferite e gonfiori da contusioni. Era debole e sciupato, ma anche evidentemente molto giallastro e fragile. Tutto questo era il risultato dei calci e delle percorse subite.
Generosità, passione e cuore gentile
Con l’assenza di Ali, mi mancano molte cose e molte cose nella vita soffrono la sua mancanza. Mancano la sua presenza e la sua generosità. A tutto quello che c’è in casa manca il suo tocco, la sua passione e il suo cuore gentile.
Ogni volta che piango, immagino Ali che mi asciuga le lacrime e mi dà una pacca sulla testa dicendomi: “Non piangere mamma, non rendere triste il mio cuore”. Ho aspettato la luce del giorno durante la notte, ma ora non riesco più a distinguere il giorno dalla notte: si sono entrambi ridotti a buio. Ho mal di testa ogni notte e l’insonnia ha preso il controllo al punto che ora odio l’arrivo della sera.
Ali è la vita, e la vita non può prosperare senza di lui; egli dà vita allo spazio e impulso al tempo. È la luce senza la quale la vita non è bella nei nostri occhi.
Speranza e libertà
Mi affido a tutte le persone di umanità affinché facciano appello ai funzionari perché rilascino mio figlio. Ali dovrebbe essere libero di vivere la vita alla quale aspira in quanto giovane pieno di ambizione e di desiderio di dare. Quanto meno, dovrebbero avere un nuovo processo che sia pubblico ed equo e in conformità con gli standard internazionali, basato su prove piuttosto che su accuse inventate.
Io sono più che sicura che mio figlio è innocente. E ho ancora una profonda speranza che non svanisce mai, nonostante le difficoltà e le sfide. Questa speranza si concretizzerà: Ali riacquisterà la sua libertà e ne verrà fuori più ottimista e altruista che mai.
Nonostante tutto, il morale di Ali è alto, grazie a Dio. Egli dice: “Io sono un uomo che vive di speranza. Se dovesse concretizzarsi, sarò grato ad Allah. Se così non fosse, vivrò felicemente di questa speranza”. Allo stesso modo, io, sua madre, vivo di speranza, per quella che mio figlio crede sia la scelta sensata, in modo che la vita possa continuare.
Il percorso formativo “Pena di morte: parliamone in classe” è pensato per la scuola secondaria di secondo grado. Il percorso è costituito da guida per insegnante e quaderno operativo per lo studente, nasce nella prospettiva di stimolare la riflessione, la ricerca e il confronto su alcuni aspetti fondamentali di un tema quale quello della pena di morte; così delicato e, per alcuni aspetti, così controverso nella percezione dell’opinione pubblica.
Il percorso fornisce utili strumenti per mettere alla prova la conoscenza, ma anche e soprattutto la capacità critica dei ragazzi, attraverso test, giochi di ruolo, laboratori, letture e discussioni di autori che, nel corso dei secoli, si sono confrontati e schierati pro o contro la pena di morte. Fornisce inoltre importanti spunti di riflessione su come la società attuale, attraverso ad esempio il mondo dei mass-media, ma non solo, continui a dibattere e a scontrarsi su questa pratica.
King and Prime Minister
His Majesty Salman bin Abdul Aziz Al Saud
The Custodian of the two Holy Mosques
Office of His Majesty the King
Royal Court, Riyadh
Kingdom of Saudi Arabia
Fax: (via Ministry of the Interior)
+966 11 403 3125 (please keep trying)
Twitter: @KingSalman
Maestà,
le scrivo in qualità di socio e simpatizzante di Amnesty International, l’Organizzazione internazionale che dal 1961 agisce in difesa dei diritti umani, ovunque vengano violati nel mondo.
Le chiedo di:
- annullare la condanna a morte nei confronti di Ali Mohammed Baqir al-Nimr e garantire che sia sottoposto a un processo equo, in linea con il diritto internazionale , e che non si concluda con la pena capitale.
- Aprire un’indagine indipendente sulle torture e maltrattamenti che ha denunciato.
Le ricordo inoltre che l’ Arabia Saudita è stato parte della Convenzione sui diritti dell’infanzia che proibisce il ricorso alla pena di morte per reati commessi da minori di 18 anni.
Infine, la esorto a stabilire immediatamente una moratoria ufficiale su tutte le esecuzioni in vista dell’abolizione della pena di morte in Arabia Saudita.
La ringrazio per l’attenzione.