Aggiornato il 13 marzo – Shima Babaee è accusata di essere una minaccia alla sicurezza nazionale per aver aderito alla campagna dei mercoledì bianchi che contesta l’obbligatorietà del velo in Iran.
Arrestata il 1 febbraio insieme a suo marito Dariush Zand, entrambi sono stati rilasciati dopo poco più di un mese (Shima è stata scarcerata il 3 marzo, Dariush il 4 marzo).
In diversi video Shima aveva espresso il suo sostegno alle proteste contro l’obbligatorietà del velo – esortando le donne a condividere foto e video mentre indossano foulard o indumenti bianchi per protestare contro l’obbligo del velo.
Shima e Dariush sono stati arrestati solo per il loro pacifico attivismo in difesa dei diritti umani. Le accuse di essere una minaccia alla sicurezza nazionale non hanno alcun fondamento e per questo devono essere immediatamente ritirate.
In diversi video Shima Babaee aveva espresso il suo sostegno alla campagna dei mercoledì bianchi – esortando le donne a condividere foto e video mentre indossano foulard o indumenti bianchi per protestare contro l’obbligo del velo.
Il 1° febbraio i funzionari del ministero dell’Intelligence hanno arrestato nella città di Behbahan, nella provincia meridionale del Khuzestan, Shima Babaee (o Babaei) e suo marito Dariush Zand, entrambi attivisti per i diritti umani.
Sono stati trattenuti per circa 48 ore in centri di detenzione gestito dal ministero dell’Intelligence a Behbahan e Ahvaz, entrambi nella provincia del Khuzestan, e poi trasferiti alla sezione 209 della prigione di Evin, dove rimangono detenuti senza accesso alle loro famiglie e agli avvocati.
Durante la detenzione hanno sentito la propria famiglia solo il 6 febbraio, quando Shima Babaee è stata autorizzata a fare una telefonata di un minuto.
Secondo la sua famiglia e l’avvocato, che ha più volte visitato l’ufficio del Procuratore nel carcere di Evin per chiedere informazioni sul destino dei due difensori dei diritti umani, i funzionari avevano minacciato che non avrebbero concesso loro l’accesso a un avvocato e non avrebbero riveleto alcuna informazione fino a quando i loro interrogatori non saranno completati.
Shima è stata scarcerata il 3 marzo. Dariush è uscito dal carcere il 4 marzo. Le accuse contro di loro saranno oggetto di un processo.
Shima non è sola in questa battaglia: altre donne come lei stanno manifestando pubblicamente e pacificamente il loro dissenso.
Il 22 febbraio un video, diventato subito virale, mostrava degli agenti di polizia che arrestavano violentemente una donna dopo averla allontanata da una struttura in cemento su cui stava posando senza velo. Il nome diffuso è Maryam Shariatmadari.
Si teme che la caduta abbia provocato lesioni fisiche per le quali le sia stato negato l’accesso a cure mediche adeguate.
Le autorità iraniane, tra cui il Procuratore capo dell’Iran e il capo del tribunale rivoluzionario di Teheran, hanno offeso le donne che si schierano contro il velo obbligatorio definendole “deficienti“, “infantili“, “pervertite” e “malvagie” e ha avvertito che dovranno affrontare dure pene per aver infranto la legge e aver fatto avanzare l’agenda dei “nemici stranieri”.
Nello stesso giorno in cui Shima e Dariush sono stati arrestati, i funzionari del ministero dell’Intelligence hanno detenuto in arresto altre tre giovani difensore dei diritti umani: Saeed Eghbali, Mahmoud Masoumi e Behnam Mousivand. Anche loro sono state detenute in incommunicado nella sezione 209 della prigione di Evin e le autorità hanno comunicato alle loro famiglie che non avrebbero avuto accesso ai loro avvocati fino a quando i loro interrogatori non sarebbero stati completi.
Si teme per la loro incolumità perché potrebbero essere sottoposte a torture e maltrattamenti durante gli interrogatori.
Sulla base delle informazioni fornite da funzionari, avvocati, attivisti indipendenti e mezzi di comunicazione, dal 27 dicembre 2017 le autorità iraniane hanno violentemente attaccato e arrestato almeno 35 donne solo a Teheran per aver protestato pacificamente contro l’obbligo del velo, anche solo per essersi tolto il velo in luoghi pubblici per poi averlo silenziosamente legato ad un bastone e sventolato.
Il numero reale di arrestate è probabilmente molto più alto, in quanto sono molte le donne che si sono impegnate in atti di protesta simili in altre parti del paese.
Tra le arrestate ci sono Vida Movahed, Narges Hosseini e Azam Jangravi, che sono state rilasciate su cauzione dopo aver trascorso un periodo variabile da diversi giorni a diverse settimane di detenzione, e Shaparak Shajarizadeh, che rimane in detenzione e che ha subito pestaggi, secondo il suo avvocato.
Alcune delle donne arrestate sono state trasferite alla prigione di Shahr-e Rey, che detiene donne condannate per reati violenti in condizioni di sovraffollamento e non igieniche, senza accesso ad acqua potabile, cibo adeguato, assistenza sanitaria e aria fresca.
Rapporti dalla prigione indicano alti livelli di violenza verso i detenuti da parte di altri detenuti e funzionari penitenziari, uso dilagante di droghe e malattie infettive.
High Council for Human Rights
Mohammad Javad Larijani
Esfaniar Boulevard, Niayesh Intersection
Vali Asr Avenue
Tehran
Iran
Eccellenza,
mi rivolgo a Lei in quanto sostenitore di Amnesty International, l’organizzazione non governativa che dal 1961 lavora in difesa dei diritti umani, ovunque siano violati.
La sollecito ad annullare tutte le accuse contro Shima Babaee e Dariush Zand poiché non hanno alcun fondamento.
La invito a porre fine alla persecuzione delle donne che protestano pacificamente contro l’obbligo del velo, a rilasciare le persone così detenute e ad abolire le leggi sul velo obbligatorio, che sono discriminatorie e offensive, compreso l’articolo 638 del codice penale.
La ringrazio per l’attenzione.