Dal 15 agosto 2021, quando hanno preso il potere in Afghanistan, i talebani hanno avviato una nuova era di violenze e violazioni dei diritti umani. Oggi il paese è sull’orlo di una rovina irreversibile.
Non solo i talebani, che sono le autorità di fatto del paese, hanno infranto la loro promessa di proteggere i diritti della popolazione afgana, in particolare i diritti delle donne, ma hanno ripreso il ciclo di violenze e commesso un’infinità di violenze e violazioni dei diritti umani in totale impunità.
In due anni, hanno sistematicamente smantellato le istituzioni chiave per la protezione dei diritti umani e represso la libertà di espressione, associazione, il diritto a un processo equo e altri diritti umani.
I diritti fondamentali delle donne e delle ragazze sono stati soppressi. Migliaia di persone sono state arbitrariamente arrestate, torturate, rapite e persino uccise: esponenti del giornalismo, dello sport e dell’arte, attiviste, difensori dei diritti umani, accademici e accademiche, minoranze religiose ed etniche restano particolarmente a rischio.
I diritti umani sono sotto attacco su tutti i fronti. Mentre la popolazione afgana continua a sfidare questa tempesta, noi dobbiamo essere al suo fianco e difendere il suo diritto a vivere in libertà, dignità e uguaglianza.
Da quando hanno preso il potere, i talebani hanno sottoposto le donne e le ragazze a una violenza sempre crescente. In alcuni casi, è un modo per punire loro familiari.
Lida, la moglie di un ex membro delle forze di sicurezza, è stata uccisa a colpi d’arma da fuoco da due talebani a bordo di una motocicletta. Aveva 22 anni ed era all’ottavo mese di gravidanza. Con lei sono stati uccisi due figli di due e quattro anni.
Decine e decine di donne sono state arrestate e torturate per aver preso parte a manifestazioni pacifiche in favore dei loro diritti e contro le crescenti restrizioni che stanno privandole della loro libertà.
I talebani hanno soppresso il diritto all’istruzione, oscurando così il futuro di milioni di bambine. Se il 17 settembre le scuole elementari sono state riaperte, i talebani hanno vietato alle alunne dal sesto grado in su di tornare a scuola, sostenendo che si trattava di un provvedimento temporaneo in attesa di assumere un maggior numero di donne insegnanti e di assicurare condizioni “appropriate” per la segregazione di genere nel campo dell’istruzione. A oggi, nessuna di queste misure è stata attuata.
Meena* un’insegnante di 29 anni di Kabul, ha confessato ad Amnesty International di essere disperata per il futuro di sua figlia:
“La storia si ripete. Guardo la mia uniforme, ricordo i giorni in cui si stava a scuola tutte insieme, noi insegnanti e le alunne. Ora non ho altra scelta che stare a casa”
*Il vero nome è celato per motivi di sicurezza
Chiedi alle autorità talebane di rispettare e garantire la protezione dei diritti umani in Afghanistan.
Agisci ora ed esorta i talebani a:
- porre immediatamente fine alle gravi violazioni dei diritti umani in atto in Afghanistan, comprese rappresaglie e attacchi a minoranze etniche e religiose, donne e bambine, persone Lgbtqia+, difensori/e dei diritti umani, attivisti/e della società civile, giudici, avvocati/e, ex funzionari/e del governo, giornalisti/e;
- garantire alle donne e alle ragazze tutti i loro diritti, compreso l’accesso all’istruzione per le ragazze di tutte le età, riaprendo immediatamente tutte le scuole e le università, garantendo l’accesso all’assistenza sanitaria e consentendo alle donne di tornare al lavoro;
- garantire i diritti della popolazione afgana alla libertà di espressione e di associazione. I rapimenti, le detenzioni arbitrarie e le percosse contro giornalisti/e ai danni di/delle manifestanti pacifici devono finire;
- istituire meccanismi efficaci e trasparenti di indagine e di accertamento delle responsabilità che garantiscano giustizia per le violazioni dei diritti umani e i crimini di guerra inclusi – a titolo esemplificativo, ma non esaustivo, sparizioni forzate, arresti arbitrari, detenzioni illegali, omicidi extragiudiziali – attraverso processi equi, senza ricorso alla pena di morte.