Aggiornato il 22 marzo – Ahed Tamimi è diventata in pochi giorni la “Rosa Parks della Palestina“. Ha solo diciassette anni, ma è già impegnata attivamente insieme alla sua famiglia, contro l’occupazione israeliana. Proprio a causa di questo suo impegno politico è stata condannata a otto mesi di carcere e a una multa di 5000 shekel (1150 euro).
Ahed Tamimi, arrestata il 19 dicembre 2017 nel suo villaggio natale di Nabi Saleh dopo aver spinto, schiaffeggiato e preso a calci due soldati israeliani, è stata giudicata colpevole di quattro dei 12 capi d’accusa a suo carico: incitamento, assalto aggravato e impedimento a ciascuno dei due soldati di portare avanti il suo lavoro.
Aiutaci a far pressione sul primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per chiedere di rilasciare immediatamente Ahed Tamimi.
Il 19 dicembre, subito dopo l’arresto, la casa di Ahed è stata saccheggiata da soldati israeliani durante la notte.
Secondo Bassem Tamimi, papà di Ahed, il villaggio e i suoi abitanti sono stati sottoposti a una campagna diffamatoria da parte di funzionari israeliani nel tentativo di delegittimare la loro lotta contro l’occupazione israeliana.
Bassem ha espresso preoccupazione per una dichiarazione del vice ministro israeliano Michael Oren, che ha affermato che la sua è una famiglia di “attori” e li ha definiti “ciò che è noto come Pallywood“.
Bassem ha dichiarato ad Amnesty International che nei giorni successivi al litigio di sua figlia con i soldati israeliani, ha ricevuto minacce di morte tramite il suo account Facebook dopo che questo era stato violato da sconosciuti. Anche Bilal Tamimi, il marito di Manal, ha ricevuto minacce di morte da persone sconosciute attraverso falsi account su Facebook. Anche l’account Facebook di Bilal è stato violato più volte.
Ahed oggi è in carcere e deve affrontare accuse di aggressione aggravata, di aver ostacolato il lavoro dei soldati e di incitamento alla rappresaglia.
Durante la detenzione, ha subito interrogatori aggressivi, a volte di notte, e minacce contro la sua famiglia.
Il suo processo davanti a un tribunale militare israeliano è imminente.
Non c’è nulla che Ahed Tamimi abbia fatto in grado di giustificare la detenzione continuativa di una minore di 17 anni.
Ahed è soltanto uno dei 350 minori palestinesi detenuti nelle carceri israeliane e nei centri di detenzione.
Benjamin Netanyahu
Office of the Prime Minister
3 Kaplan St.
Hakirya,
Jerusalem 91950
Israel
fax +972 2 566 4838, +972 2-6496659
Primo ministro,
mi rivolgo a Lei in quanto sostenitore di Amnesty International, l’organizzazione non governativa che dal 1961 lavora in difesa dei diritti umani, ovunque siano violati.
Le chiedo di rilasciare immediatamente Ahed Tamimi, l’attivista palestinese sedicenne condannata a 8 mesi di carcere.
La sollecito a garantire che i minori palestinesi non siano sottoposti ad arresto o detenzione tranne nei casi in cui sia assolutamente necessario e proporzionato come ultima risorsa e per il periodo di tempo più breve possibile.
La ringrazio per l’attenzione.
Le autorità israeliane hanno detenuto o continuato a trattenere migliaia di palestinesi degli Opt; la maggior parte è rimasta in penitenziari situati in territorio israeliano, in violazione del diritto internazionale.
In numerose occasioni, alle famiglie dei prigionieri, soprattutto quelli di Gaza, non è stato permesso di entrare in Israele per visitare i loro familiari in carcere.
Le autorità israeliane hanno continuato ad arrestare centinaia di minori palestinesi in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est. Molti sono stati vittime di abusi da parte delle forze israeliane, comprese percosse e minacce.
Centinaia di palestinesi, tra cui anche minori, sono rimasti in stato di fermo in applicazione di ordini di detenzione amministrativa rinnovabili, sulla base di informazioni che le autorità non hanno comunicato né agli indiziati né ai loro avvocati.
Il numero delle persone trattenute in applicazione di questi ordini da ottobre 2015 era il più alto mai registrato dal 2007; a fine aprile (i dati successivi non sono disponibili), i detenuti erano oltre 694.
Alcuni hanno iniziato lunghi scioperi della fame in segno di protesta; il detenuto palestinese Bilal Kayed ha continuato lo sciopero della fame per 71 giorni consecutivi. È stato rilasciato senza accusa a dicembre. Il 22 dicembre, Anas Shadid e Ahmad Abu Farah hanno interrotto lo sciopero della fame dopo 90 giorni senza cibo.
Tre ebrei israeliani trattenuti in detenzione amministrativa sono stati rilasciati.
Le autorità hanno imposto all’artista circense Mohammed Faisal Abu Sakha altri due provvedimenti di detenzione amministrativa della durata di sei mesi, a giugno e dicembre, sulla base di prove rimaste segrete. Il primo ordine di detenzione amministrativa di sei mesi gli era stato imposto a dicembre 2015.
I palestinesi della Cisgiordania, che erano stati formalmente accusati di reati legati alle proteste e altre imputazioni, sono stati sottoposti a processi militari iniqui, mentre i tribunali civili israeliani che giudicavano i palestinesi della Striscia di Gaza hanno emesso pesanti condanne, anche per reati minori.
Le autorità hanno negato a Mohammed al-Halabi, un operatore umanitario di Gaza, l’accesso al suo avvocato e lo hanno sottoposto a estenuanti interrogatori per tre settimane, dopo il suo arresto a giugno. È stato formalmente accusato ad agosto del reato di appropriazione indebita di fondi dell’organizzazione umanitaria World Vision e di averli trasferiti ad Hamas, l’amministrazione de facto di Gaza. World Vision ha dichiarato che non aveva riscontrato alcuna prova sostanziale a sostegno dell’accusa.
Nelle manifestazioni palestinesi del 14 maggio, l’esercito israeliano ha ucciso oltre 40 persone, tra cui sei minorenni, e ha causato quasi 2000 feriti.
Il prolungamento della sua detenzione è oltraggiosamente eccessivo rispetto a un reato modesto e costituisce una misura del tutto inappropriata per una minorenne.
Le immagini della ragazza disarmata che aggredisce due soldati armati e dotati di equipaggiamento protettivo mostrano che quell'azione non costituiva alcuna minaccia concreta.
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