Ogni giorno per Zeinab potrebbe essere l’ultimo.
Dopo essere scampata all’esecuzione della pena capitale prevista lo scorso 14 ottobre, la vita di Zeinab Sekaanvand è ancora a rischio. Ha solo 22 anni.
Zeinab è accusata dell’uccisione di suo marito, che l’ha presa in sposa quando aveva solo 15 anni. Dopo un processo ingiusto e una prima confessione, che ha ritrattato perché sostiene sia stata estorta con la violenza, è in carcere in attesa di essere messa a morte.
I matrimoni precoci sono una pratica ancora molto diffusa in Iran. Zeinab è stata costretta a sposarsi a solo 15 anni. Da quel momento violenze e abusi sessuali sono entrati prepotentemente nella sua vita: oltre al marito, a picchiarla e ad abusare di lei era anche il fratello dello sposo.
Un processo ingiusto
Nel febbraio del 2012, all’età di 17 anni, Zeinab è stata arrestata con l’accusa di aver ucciso suo marito. Ha confessato dopo essere stata trattenuta per 20 giorni in una stazione di polizia, dove – secondo quanto ha denunciato – è stata picchiata dagli agenti. Anche il processo è stato gravemente irregolare: Zeinab ha incontrato il suo avvocato, quello assegnatole di ufficio, solo nell’ultima udienza del processo. In quell’occasione ha ritrattato la “confessione” resa quando era priva di assistenza legale, denunciando che l’assassino era stato il fratello del marito. Dichiarazioni ignorate dai giudici che il 22 ottobre 2014 l’hanno condannata a morte.
Secondo una revisione del Codice penale islamico, divenuta legge nel maggio 2013, l’esecuzione di persone che hanno commesso crimini quando erano ancora minorenni è prevista per qesas (retribuzione) e hodoud (reati per i quali la pena contemplata dalla legge islamica non può essere cambiata).
Tuttavia, per i minori all’epoca del reato, l’articolo 91 del Codice civile islamico attualmente in vigore, esclude la pena di morte per crimini che ricadono sotto qesas o hodoud nei casi in cui si ritiene che il minore non sia consapevole della natura del crimine e delle sue conseguenze o se ci sono dubbi sulla sua capacità di intendere e di volere.
L’applicazione della pena di morte nei casi di minorenni all’epoca del reato è vietata dal diritto internazionale in base all’articolo 6(5) del Patto internazionale sui diritti civili e politici e all’articolo 37 della Convenzione dei diritti dell’infanzia. L’Iran ha ratificato entrambi i documenti.
Gli articoli 37(d) e 40(20(b)(ii) della Convenzione garantiscono ai minori che sono stati privati della libertà o che sono sospettati di aver commesso reati, il diritto a un legale rappresentante e ad altre forme appropriate di assistenza, per preparare e presentare la propria difesa, a cui devono aver accesso rapidamente. Il superiore interesse del minore dovrebbe essere garantito in ogni procedimento legale, richiedendo – tra l’altro – particolare attenzione nell’evitare confessioni forzate o autocondanne. La Commissione sui diritti dell’Infanzia ha interpretato il divieto alla coercizione e costrizione in maniera ampia, sottolineando la possibilità che i minori siano più facilmente indotti a confessare o ad autoaccusarsi a causa della loro età e condizione di sviluppo, della privazione della libertà, dell’incapacità di intendere, della paura di conseguenze ignote o della promessa di sanzioni più leggere o del rilascio.
In ragione della natura irreversibile della pena di morte, i procedimenti che contemplano la sua applicazione devono attenersi scrupolosamente ai principali standard internazionali di equo processo, incluso l’accesso a servizi di difesa competenti in ogni fase del procedimento penale, anche nella fase di indagini preliminari.
Jahanbakhsh Mozaffari
Ambasciatore Iran (Repubblica Islamica dell’)
Via Nomentana, 361/363 – 00162 Roma
Fax 0686328492
E-mail: iranemb.rom@mfa.gov.ir
Eccellenza,
Sono un sostenitore di Amnesty International, l’organizzazione non governativa che dal 1961 lavora indifesa dei diritti umani, ovunque siano violati.
Le autorità iraniane devono fermare immediatamente l’esecuzione di Zeinab Sekaanvand e garantire che la sua condanna a morte venga annullata, che le sia concesso un nuovo processo equo, senza ricorso alla pena di morte e in conformità con i principi di giustizia minorile.
Esse dovrebbero condurre una indagine rapida, indipendente e approfondita sulle accuse di tortura e altri maltrattamenti che Zeinab Sekaanvand ha denunciato, e garantire che tutte le dichiarazioni ottenute da lei sotto tortura, con la coercizione o senza presenza di un avvocato, non siano utilizzate come prove contro di lei in tribunale.
Più in generale, le autorità devono rispettare il divieto assoluto sull’uso della pena di morte per i reati commessi da persone minori di 18 anni come stabilito sia del Patto internazionale sui diritti civili e politici sia dalla Convenzione sui diritti dei minori, entrambi ratificati dall’Iran.
La ringrazio per l’attenzione.