Crimini contro l'umanità

Abbiamo pubblicato una dettagliata analisi giuridica delle drastiche limitazioni imposte dai talebani nei confronti delle donne e delle ragazze afgane in collaborazione con la Commissione internazionale dei giuristi. Queste, insieme all’imprigionamento, alle sparizioni forzate, alle torture e ai maltrattamenti, potrebbero costituire il crimine contro l’umanità di persecuzione di genere, ai sensi dell’articolo 7.1.h dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale.

Bandite dagli spazi pubblici, dall’istruzione e dal lavoro, impossibilitate a muoversi liberamente, torturate e fatte sparire per aver denunciato quelle restrizioni e aver opposto resistenza all’oppressione. Questa campagna di persecuzione è di una dimensione, di una gravità e di una sistematicità tali i talebani sono riusciti a creare un sistema repressivo per soggiogare ed emarginare le donne e le bambine in tutto l’Afghanistan.

Punizione collettiva contro i civili

Esecuzioni extragiudiziali, torture, presa di ostaggi, arresti illegali, incendi di abitazioni civili: questo il macabro elenco delle violazioni che abbiamo documentato nel Panshir.

Nell’agosto 2021, i membri delle forze di sicurezza dell’ex governo sono fuggiti nella provincia orientale con armi ed equipaggiamenti e si sono uniti al Fronte di resistenza nazionale (Frn). I talebani hanno reagito non soltanto catturando combattenti, ma prendendo di mira la popolazione civile per sottometterla e obbligarla all’obbedienza.

Sia prima che dopo l’agosto 2021, la popolazione dell’Afghanistan ha subito crimini di diritto internazionale e altre gravi violazioni dei diritti umani, rimasti ampiamente impuniti. La mancanza di meccanismi credibili d’indagine a livello nazionale significa che le prove di tali crimini rischiano fortemente di sparire o di essere distrutte.

La situazione dei rifugiati

Migliaia di persone sono scappate all’indomani della presa del potere da parte dei talebani. Molte altre sono fuggite negli anni a seguire. Cosa hanno trovato sulla loro strada? In tanti casi, delle frontiere chiuse e violenze.

Già poco dopo l’inizio della crisi, Iran, Pakistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan avevano chiuso le frontiere a chi era privo di passaporto o di altro documento di viaggio, nonostante il rischio di subire rappresaglie da parte dei talebani in caso di rimpatrio.

Abbiamo documentato nel 2022 come in Iran e Turchia le forze di sicurezza locali abbiano sparato alle persone che cercavano di attraversare le frontiere. Chi è riuscito a entrare, spesso è stato arrestato e sottoposto a maltrattamenti e torture prima di essere rimpatriato illegalmente e con la forza.

L’Europa non ha fatto altro che rafforzare le frontiere, tollerando respingimenti alle frontiere esterne come abbiamo denunciato in molteplici momenti e come continueremo a fare.

Violenza di genere

Nel nostro rapporto “Morte al rallentatore” abbiamo documentato e denunciato lo smantellamento del già fragile sistema di assistenza per le donne e le ragazze sopravvissute alla violenza di genere.

Prima dell’agosto 2021, esisteva una rete nazionale di rifugi e servizi, tra cui rappresentanza legale, assistenza medica e sostegno psicosociale. Procure e tribunali specializzati si occupavano di casi di violenza contro donne e ragazze. Quei servizi ora semplicemente non esistono più. I rifugi sono stati chiusi e molti sono stati saccheggiati e requisiti dai talebani. In alcuni casi, i talebani hanno molestato o minacciato il personale. Con la chiusura dei rifugi, il personale è stato costretto a rimandare alle loro famiglie molte donne e ragazze sopravvissute alla violenza.