Aggiornato il 2 marzo 2022 – Un tribunale dei Paesi Bassi ha dato torto alla difensora dei diritti umaniEsther Kiobel nella causa intentata contro il gigante petrolifero Shell, accusato di complicità nell’esecuzione del marito, nel 1995, da parte della giunta militare nigeriana. Esther Kiobel ha dedicato 27 anni, e continuerà a dedicarne altri, alla ricerca della giustizia per l’impiccagione di suo marito, Barinel Kiobel e di altri otto uomini che avevano denunciato l’inquinamento da petrolio nella regione del Delta del fiume Niger.
Aggiornato il 12 febbraio 2019 – Sono oltre 20 anni che Esther Kiobel si batte coraggiosamente contro la Shell, il gigante del petrolio, per ottenere giustizia per l’uccisione del marito, Barinem Kiobel, impiccato nel 1995 insieme a Ken Saro Wiwa e altri sette leader ogoni.
Barinem ha speso la vita per difendere i diritti della propria terra, l’Ogoniland, in Nigeria, devastata dalle perforazione petrolifere e saccheggiata delle sue risorse. Devastazione in cui la Shell ha più volte mostrato di essere complice.
La morte dell’uomo – avvenuta per opera della giunta militare nigeriana – ha rappresentato il culmine di una brutale campagna per ridurre al silenzio le proteste del Movimento (Mosop) per la sopravvivenza del popolo ogoni.
Barinem Kiobel è morto il 10 novembre 1995 insieme ad altri otto uomini in quello che è passato alla storia come il caso dei “nove Ogoni”. Le esecuzioni provocarono uno sconcerto mondiale.
“Provo ancora paura nel mio cuore per la morte di mio marito, ma ho bisogno di giustizia, per lui, e per la mia gente”, racconta la moglie in una toccante intervista video.
Il 12 febbraio Esther, insieme a Victoria Bera, Blessing Eawo e Charity Levula hanno portato in giudizioShell di fronte al tribunale olandese per il ruolo svolto nell’arresto illegale, nell’imprigionamento e nell’impiccagione dei loro rispettivi mariti, al termine della brutale repressione nei confronti delle proteste degli ogoni contro il devastante inquinamento causato da Shell nella loro regione.
Stiamo sostenendo le ricorrenti e il loro team di avvocati e abbiamo documentato in modo indipendente il ruolo di Shell nelle uccisioni, negli stupri e nelle torture di cui si rese responsabile il governo nigeriano durante la repressione delle proteste.
Firma ora e fai sapere alla Shell che Esther non è sola.
Esther Kiobel è rimasta vedova di Barinem Kiobel il 10 novembre 1995, quando l’uomo venne impiccato insieme ad altri otto uomini.
Da allora la donna si batte con coraggio affinché la morte del marito non sia stata vana.
Le tappe della battaglia
La prima denuncia risale al 2002 e venne presentata a un tribunale di New York, negli Usa, dove nel 1998 la vedova aveva ottenuto asilo politico.
Nel 2013 la Corte suprema federale, senza esaminare il merito della denuncia, stabilì che gli Usa non avevano giurisdizione sul caso. Amnesty International e altre organizzazioni per i diritti umani hanno sempre dichiarato che si era trattato di un processo politico e di parte.
La Shell sapeva che il governo nigeriano stava sopprimendo brutalmente le proteste nell’Ogoniland, ma ha sempre negato un suo coinvolgimento.
L’inquinamento causato dalle fuoriuscite e dal gas flaring aveva causato “il totale degrado dell’ambiente”: l’Ogoniland era ormai un terra depredata delle sue risorse.
L’inizio delle violenze
Nel gennaio 1993, il Mosop dichiarò che le attività della Shell nell’Ogoniland non erano più gradite.
La giunta militare reagì con la forza commettendo numerose gravi violazioni dei diritti umani.
Riuscire a fermare le proteste era motivo di grande preoccupazione sia per la Shell che per il governo nigeriano, che erano partner nelle attività petrolifere nel delta del fiume Niger.
1995, l’anno dei soprusi
Nell’anno delle impiccagioni la Shell era di gran lunga la più importante compagnia petrolifera operante in Nigeria, con una produzione di circa un milione di barili al giorno, corrispondenti a quasi la metà della produzione quotidiana della Nigeria.
Le vendite di petrolio rappresentavano il 96 per cento dei ricavi da esportazione del paese.
Poche settimane prima che i nove attivisti venissero arrestati, il presidente di Shell Nigeria aveva incontrato l’allora presidente nigeriano, il generale Sani Abacha, per parlare del “problema degli ogoni e di Ken Saro-Wiwa”.
E non era neanche la prima volta che la Shell, nei suoi rapporti con le forze militari e di sicurezza nigeriane, si riferiva alle proteste nell’Ogoniland come a un “problema”.
Il 31 ottobre 1995, un tribunale nigeriano condannava a morte i nove ogoni.
La sentenza veniva eseguita il 10 novembre e i corpi gettati in una fossa comune.
Sono scioccato dal fatto che la ricerca della Shell di petrolio e profitti abbiano aiutato il dilagare di abusi e violazioni dei diritti umani in Nigeria. Tra questi, l’uccisione nel 1995 di nove uomini nigeriani, tra cui il dott. Barinem Kiobel, marito di Esther Kiobel.
Esther sta compiendo un passo coraggioso nell’affrontare la Shell in tribunale.
Sono qui per dire che il tentativo della Shell di tenere la storia di Esther lontano dai riflettori non andrà a buon fine e che noi siamo al suo fianco.
Faremo tutto il possibile per condividere la sua storia in modo che l’azienda sia costretta a rendere conto del suo ruolo nell’esecuzione del marito di Esther.
Un tribunale dei Paesi Bassi ha dato torto alla difensora dei diritti umani Esther Kiobel nella causa intentata contro il gigante petrolifero Shell, accusato di complicità nell’esecuzione del marito, nel 1995, da parte della giunta militare nigeriana.
Il 29 gennaio la Corte d’Appello dell’Aja, nei Paesi Bassi, ha giudicato il gigante petrolifero Shell responsabile dell’inquinamento da idrocarburi causato dalla sua sussidiaria Shell Nigeria nella regione del delta del fiume Niger.
Oggi, martedì 8 ottobre, riprenderà in Olanda il processo Kiobel contro Shell sul ruolo avuto dalla compagnia petrolifera nell’esecuzione di nove attivisti nigeriani negli anni Novanta.
Un tribunale dei Paesi Bassi ha dato torto alla difensora dei diritti umani Esther Kiobel nella causa intentata contro il gigante petrolifero Shell, accusato di complicità nell’esecuzione del marito, nel 1995, da parte della giunta militare nigeriana.
Il 29 gennaio la Corte d’Appello dell’Aja, nei Paesi Bassi, ha giudicato il gigante petrolifero Shell responsabile dell’inquinamento da idrocarburi causato dalla sua sussidiaria Shell Nigeria nella regione del delta del fiume Niger.
Oggi, martedì 8 ottobre, riprenderà in Olanda il processo Kiobel contro Shell sul ruolo avuto dalla compagnia petrolifera nell’esecuzione di nove attivisti nigeriani negli anni Novanta.