Ahmed Mansoor, attivista per i diritti umani degli Emirati Arabi Uniti, sta scontando una condanna a 10 anni di carcere, emessa nel maggio 2018 per il reato di “offesa allo status e al prestigio degli Emirati Arabi Uniti e dei suoi simboli, compresi i suoi leader“, unicamente in relazione al suo attivismo per i diritti umani. Prima del suo arresto era l’unica voce indipendente, non ancora in carcere, a parlare attraverso il suo blog e account Twitter delle violazioni dei diritti umani all’interno del paese.
Ahmed Mansoor si trova nella prigione di al-Sadr ad Abu Dhabi, in condizioni drammatiche. Dal suo arresto, risalente al 20 marzo 2017, è in isolamento e gli è stato consentito di lasciare la sua piccola cella solo per pochissime visite familiari e in una sola occasione per respirare aria fresca nel cortile destinato agli esercizi ginnici. Per protestare contro questo trattamento, ha intrapreso per due volte lo sciopero della fame. Azioni coraggiose, ma che hanno compromesso le sue condizioni di salute.
Nel febbraio del 2020, in occasione dell’Hay Festival, oltre 60 organizzazioni della società civile, scrittori e premi Nobel hanno chiesto alle autorità emiratine di rilasciare i tutti i difensori dei diritti umani.
Mansoor è stato insignito nel 2015 del premio Martin Ennals per i difensori dei diritti umani e ha a lungo collaborato col Centro per i diritti umani del Golfo e Human Rights Watch.
Chiediamo alle autorità, il rilascio immediato di Ahmed Mansoor, è un prigioniero di coscienza, in carcere solo per aver difeso i diritti umani.
Ahmed Mansoor era l’unica voce indipendente, non ancora in carcere, a parlare attraverso il suo blog e account Twitter delle violazioni dei diritti umani all’interno del paese. Ha subito ripetute minacce di morte, intimidazioni e vessazioni da parte delle autorità degli Emirati Arabi Uniti o dei suoi sostenitori. Il suo computer, il telefono, l’email e l’account Twitter sono stati tutti più volte violati.
Sposato e con quattro figli, Mansoor è membro del comitato consultivo della divisione Medio Oriente e Nord Africa per conto della ong Human Rights Watch e del consiglio di amministrazione dell’organizzazione Centro del Golfo per i diritti umani.
Ha documentato le violazioni registrate negli Emirati Arabi Uniti dal 2006 e ha parlato sul suo blog e attraverso i social media in difesa dei diritti umani.
Il 3 marzo 2011, insieme ad altre 132 figure di primo piano negli Emirati Arabi Uniti, tra cui avvocati e accademici, è stato tra i firmatari di una petizione rivolta al presidente in cui chiedeva riforme politiche.
Il mese successivo, le autorità lo hanno arbitrariamente arrestato e incarcerato insieme ad altri quattro attivisti. Il 27 novembre 2011, a seguito di un processo iniquo, sono stati tutti condannati per “aver offeso pubblicamente il presidente degli Emirati Arabi Uniti, vice-presidente e il principe ereditario di Abu Dhabi” attraverso commenti inviati su un forum online. Il giorno dopo, lui e gli altri quattro attivisti hanno ricevuto una grazia presidenziale.
Mansoor ha continuato a subire intimidazioni e rappresaglie anche dopo questo primo arresto. Nel settembre 2012 è stato aggredito due volte presso l’università di ‘Ajman, dove studiava legge; l’incidente lo ha costretto a interrompere i suoi studi.
Dal giorno dell’arresto nel 2011 gli è stato confiscato il passaporto e da allora non può abbandonare il paese.
Il 6 ottobre 2015, proprio per questo motivo, non ha potuto ritirare personalmente a Ginevra, in Svizzera, il premio Martin Ennals, assegnato ai difensori dei diritti umani.
Sia il divieto di viaggio sia la confisca del suo passaporto violano il suo diritto alla libertà di circolazione e sono misure adottate dalle autorità per punirlo del suo pacifico attivismo.
Da sempre i governi e le forze militari si spiano a vicenda. Ma nel corso degli ultimi cinque anni, l’attività si è allargata anche ong, giornalisti e attivisti per i diritti umani.
Hackerare i dispositivi di queste persone è diventata pratica comune per i governi di tutto il mondo: basti ricordare la reazione dei governi del mondo arabo nel 2011 in risposta alle rivoluzioni e alle rivolte.
Tra le vittime di questa nuova frontiera del “controllo” anche Ahmed Mansoor che ha denunciato pubblicamente l’azienda italiana Hacking Team, accusata di essersi intrufolata nel suo computer nel 2012.
Grazie all’invio di un documento infetto, Hacking Team era riuscita ad installare uno spyware sul computer che consentiva alle autorità locali di monitorare i suoi movimenti e di leggere la posta elettronica.
Gli Emirati Arabi Uniti ospiteranno il prossimo vertice delle Nazioni Unite sul clima COP28, ma la macchina ben oliata delle pubbliche relazioni non deve distogliere l’attenzione dalle misure repressive delle autorità e dai piani di espansione della produzione di combustibili fossili, una delle principali cause della crisi climatica.
Dal 2011, gli Emirati Arabi Uniti hanno sistematicamente messo a tacere le voci critiche e represso il dissenso al punto che la società civile locale indipendente è ormai inesistente nel Paese.
Decine di persone sono state arrestate in relazione al pacifico esercizio dei loro diritti alla libertà di espressione e associazione. Nel 2012, un processo di massa gravemente ingiusto contro 94 imputati, noto come “UAE94”, ha condannato 63 persone a pene detentive comprese tra sette e dieci anni per le loro richieste di riforma e democrazia. Oggi, almeno 55 di questi uomini rimangono detenuti arbitrariamente per mesi o anni dopo aver scontato la loro pena detentiva. Almeno 26 prigionieri di coscienza sono in carcere.
La COP28 sarà un appuntamento estremamente importante per proteggere i diritti umani e promuovere la giustizia climatica. Non deve essere un’altra occasione persa.
Vicepresidente e Primo ministro
HH Sheikh Mohammed Bin
Rashid al-Maktoum
Ufficio del primo Ministro
PO Box: 212000
Dubai, United Arab Emirates
Fax: +971 4 330 4044
email: info@pmo.gov.ae
Twitter: @HHShkMohd
Sua altezza,
Le scrivo in quanto sostenitore di Amnesty International, l’organizzazione non governativa che dal 1961 lavora in difesa dei diritti umani, ovunque essi siano violati.
La esorto a rilasciare immediatamente e senza condizioni Ahmed Mansoor, essendo un prigioniero di coscienza detenuto solo per aver esercitato pacificamente i propri diritti alla libertà di espressione e per le sue attività in favore dei diritti umani.
In attesa il suo rilascio, le chiedo di rivelare il luogo di detenzione e di garantire egli sia protetto dalla tortura e altri maltrattamenti.
La esorto a garantirgli che abbia accesso immediato e regolare ad un avvocato di sua scelta, alla sua famiglia e qualsiasi a qualsiasi trattamento medico di cui possa aver bisogno.
Grazie per l’attenzione.