Algeria, Amnesty International denuncia un aumento degli arresti e l’inasprimento della repressione contro gli attivisti

25 Giugno 2021

© Mousaab Rouibi/Anadolu Agency via Getty Images

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In una dichiarazione pubblicata oggi, Amnesty International ha denunciato che un giro di vite repressivo delle autorità algerine ha portato all’arresto di un grande numero di persone, colpevoli di aver esercitato in maniera pacifica il proprio diritto alla libertà di espressione e riunione nei mesi precedenti le elezioni legislative del 12 giugno.

L’organizzazione ha documentato 37 casi di attivisti che sono stati arrestati ingiustamente per aver preso parte a manifestazioni di protesta o per aver espresso il proprio dissenso tra il 26 marzo e il 26 maggio. Alla data del 23 giugno, sono almeno 273 gli attivisti detenuti ingiustamente, secondo organizzazioni locali e attivisti dei diritti umani.

“Le autorità algerine hanno utilizzato ogni mezzo a loro disposizione per reprimere il dissenso e mettere a tacere il movimento di protesta Hirak, facendo ricorso a un grande numero di arresti e perseguendo attivisti sulla base di accuse false solo per aver preso parte a manifestazioni di protesta o per aver espresso il proprio dissenso politico”, ha dichiarato Amna Guellali, vicedirettrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

“Le autorità algerine devono urgentemente mettere fine a questa stretta repressiva e garantire che vengano rispettati i diritti alla libertà di espressione, associazione e riunione di manifestanti pacifici, giornalisti e attivisti dei diritti umani. Tutti coloro che sono perseguiti e detenuti ingiustamente per aver esercitato i propri diritti devono essere rilasciati e le accuse nei loro confronti ritirate”, ha proseguito Amna Guellali.

Da aprile 2021, le autorità algerine hanno utilizzato sempre più le accuse di “terrorismo” o “cospirazione contro lo stato” per perseguire difensori dei diritti umani e attivisti del movimento Hirak. Hanno etichettato come “terroristiche” due organizzazioni che danno voce a opinioni dissenzienti, il gruppo di opposizione Rachad e il Movimento per l’autonomia della Cabilia.

Secondo la ricerca di Amnesty International, da marzo le autorità giudiziarie hanno accusato almeno 17 attivisti di reati legati al “terrorismo”. Tra loro figurano l’avvocato Abderraouf Arslane e i difensori dei diritti umani Kaddour Chouicha, Jamila Loukil e Said Boudour, insieme ad altri 12 attivisti di Hirak; contro di loro il 28 aprile è iniziato il procedimento per appartenenza a gruppo “terroristico” e “cospirazione contro lo stato”.

L’8 giugno, le autorità hanno adottato degli emendamenti al codice penale che ampliano la definizione di terrorismo per includervi “il tentativo di conquistare potere o cambiare il sistema di governo con mezzi incostituzionali”. Questa definizione eccessivamente ampia potrebbe portare alla criminalizzazione delle richieste pacifiche per un cambio di governo e a dichiarare fuorilegge il movimento di protesta Hirak, che chiede un cambiamento politico radicale in Algeria.

“La mossa delle autorità algerine di etichettare gli attivisti pacifici come terroristi e il frettoloso inserimento di una nuova e più ampia definizione di terrorismo nella propria legislazione è il segnale della loro agghiacciante determinazione a imporre il silenzio di oppositori pacifici e decimare l’opposizione politica”, ha concluso Amna Guellali.

Inoltre, il ministro dell’Interno algerino sta tentando di cancellare società civile e partiti politici. Ad aprile e maggio, ha richiesto la sospensione o lo scioglimento di due partiti politici, l’Unione per il cambiamento e il progresso e il Partito socialista dei lavoratori e lo scioglimento dell’organizzazione della società civile Youth Action Rally.

Il 30 maggio il Consiglio superiore della magistratura algerina, un organismo amministrativo privo di indipendenza perché presieduto dal presidente algerino, ha rimosso il giudice Sadedin Merzoug per le opinioni che aveva espresso a sostegno della democrazia e del movimento Hirak in Algeria. Secondo il diritto internazionale, l’imposizione di sanzioni e punizioni ai giudici per l’espressione pubblica delle proprie opinioni è illegale.