Come la legge antiterrorismo viene usata per stroncare la satira e l’espressione di creatività online

13 Marzo 2018

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Come la legge antiterrorismo viene usata per stroncare la satira e l’espressione di creatività online. Un rapporto di Amnesty International.

Un rapporto diffuso oggi da Amnesty International ha denunciato l’aumento esponenziale del numero delle persone che contravvengono alla severa normativa in vigore in Spagna, che vieta l’apologia del terrorismo e la denigrazione delle vittime del terrorismo nel contesto di un continuo attacco alla libertà d’espressione.

Il rapporto, intitolato “Twitta…se hai coraggio: come la legge antiterrorismo limita la libertà d’espressione in Spagna”, denuncia che decine di utenti dei social media, musicisti, giornalisti e persino burattinai sono stati processati per motivi legati alla sicurezza nazionale. Tutto questo ha avuto un effetto paralizzante e ha creato un ambiente in cui si ha sempre più paura di esprimere idee alternative o fare satira controversa.

“Mandare in carcere chi fa musica rap per i testi delle canzoni e mettere fuorilegge la satira politica dimostra quanto in Spagna sia diventato ristretto il perimetro di ciò che è considerato accettabile sui social media”, ha dichiarato Esteban Beltrán, direttore di Amnesty International Spagna.

“Non si dovrebbe finire sotto processo semplicemente per aver detto, twittato o cantato qualcosa che potrebbe essere sgradevole o scioccante. La legge spagnola, di estesa applicazione e formulata in modo vago, sta portando al silenzio la libertà di parola e stroncando l’espressione artistica”, ha proseguito Beltrán.

In base all’articolo 578 del codice penale spagnolo, chi abbia fatto apologia del terrorismo o denigrato le vittime del terrorismo o i loro parenti – in questa vaga formulazione – rischia una multa, il licenziamento dal settore pubblico e persino il carcere. Il numero delle persone incriminate sulla base di questo articolo è cresciuto da tre nel 2011 a 39 nel 2017. Negli ultimi due anni le condanne sono state quasi 70.

Dal 2014, quattro operazioni coordinate di polizia – chiamate “Operazioni Spider” – hanno portato all’arresto di decine di persone che avevano postato messaggi sui social media, in particolare su Twitter e Facebook. L’avvocato Arkaitz Terrón ha denunciato di essere stato “trattato come un terrorista” per nove tweet, uno dei quali spiritoso, sull’assassinio da parte del gruppo armato Eta (Paese basco e libertà) di Luis Carrero Blanco, primo ministro dell’era-Franco, nel 1973. Accusato di apologia del terrorismo, è stato successivamente assolto.

Un altro uomo, J.C.V., è stato condannato a un anno di carcere con sospensione della pena per 13 tweet: “L’obiettivo è di diffondere nella popolazione un clima di autocensura. Con me ci sono riusciti”, ha dichiarato ad Amnesty International.

Nel 2017 Cassandra Vera, una studentessa di 22 anni, è stata condannata a un anno con sospensione della pena per denigrazione delle vittime del terrorismo anche attraverso un tweet ironico sempre sull’assassinio di Carrero Blanco, risalente a 44 anni fa: “L’Eta non solo aveva una politica sulle auto di stato, ne aveva una anche sul programma spaziale”. L’attentato dell’Eta scagliò 20 metri in aria l’automobile su cui era a bordo il primo ministro. A seguito della condanna ha perso la borsa di studio universitaria e le è stato vietato di essere assunta nel settore pubblico per sette anni.

Tra coloro che hanno preso le difese di Cassandra c’è anche la nipote di Carrero Blanco, che ha dichiarato di “aver paura di una società in cui la libertà d’espressione, per quanto sgradevole, potrebbe portare al carcere”. La sua dichiarazione, presentata dalla difesa al processo, non ha avuto alcun effetto, dato che la legge è applicabile a prescindere da cosa pensino le vittime del terrorismo o i loro familiari. Fortunatamente, all’inizio del marzo 2018, la Corte suprema ha annullato la condanna.

Sebbene la minaccia del terrorismo sia assai concreta e per proteggere la sicurezza nazionale possa in alcune circostanze costituire motivo per limitare la libertà d’espressione, la normativa ampia e formulata in modo vago contro l’apologia del terrorismo e la denigrazione delle vittime sta stroncando la libertà artistica.

Nel dicembre 2017 12 rapper del collettivo “La insurgencia” sono stati multati, condannati a due anni e raggiunti dal divieto di lavorare nel settore pubblico a causa di testi considerati apologetici verso i Grapo (Gruppi di resistenza antifascista 1° ottobre). Hanno presentato appello contro la condanna. Si tratta solo di alcuni di molti artisti incriminati sulla base dell’articolo 578.

Persino i giornalisti che vogliono documentare il giro di vite causato dall’articolo 578 finiscono per esserne vittime. Un documentarista è stato incriminato per aver intervistato persone che erano state processate per apologia del terrorismo.

Sebbene dopo gli attentati di Parigi del 2015 e le minacce del terrorismo internazionale l’articolo 578 sia stato ulteriormente ampliato, la grande maggioranza dei procedimenti avviati si riferisce a gruppi armati locali smantellati o inattivi, come l’Eta e il Grapo.

Nel settembre 2018 è prevista l’attuazione in tutta l’Unione europea di una direttiva sulla lotta al terrorismo, che presenta il problematico concetto di apologia come un esempio di espressione che può essere criminalizzata. La lezione che dovrebbe arrivare dal caso spagnolo è che reati vagamente formulati come l’apologia del terrorismo e la denigrazione delle vittime minacciano seriamente il diritto alla libertà d’espressione.

“La Spagna è l’emblema della preoccupante tendenza che vediamo in diversi stati europei, di limitare indebitamente l’espressione col pretesto della sicurezza nazionale e togliere diritti con la scusa di difenderli”, ha dichiarato Eda Seyhan, campaigner di Amnesty International su contrasto al terrorismo e diritti umani. “Rappare non è un reato, fare un tweet spiritoso non è terrorismo e organizzare uno spettacolo di marionette non dovrebbe portarti in carcere. I governi devono difendere i diritti delle vittime del terrorismo senza limitare la libertà d’espressione in loro nome. Chiediamo che la drastica legislazione spagnola sia abrogata e che le accuse mosse contro tutti coloro che hanno semplicemente espresso le loro opinioni siano ritirate”.

Ulteriori informazioni

Il Parlamento spagnolo dovrebbe esaminare nel mese di marzo una proposta di emendamento all’articolo 578. Proposte di legge simili a quella spagnola sono state presentate in Belgio e in Olanda.

Si veda il rapporto “Pericolosamente sproporzionate: lo stato di sicurezza nazionale sempre più imponente in Europa”, pubblicato da Amnesty International nel 2017:

https://www.amnesty.org/en/latest/news/2017/01/eu-orwellian-counter-terrorism-laws-stripping-rights-under-guise-of-defending-them/

Il 20 ottobre 2011 l’Eta ha proclamato un cessate il fuoco permanente seguito nel 2017 dal disarmo. I Grapo sono inattivi dal 2007.

FINE DEL COMUNICATO

Roma, 13 marzo 2018

Il rapporto Twitta…se hai coraggio: come la legge antiterrorismo limita la libertà d’espressione in Spagna“.

Per interviste:

Amnesty International Italia – Ufficio Stampa

Tel. 06 4490224 – cell. 348 6974361, e-mail: press@amnesty.it