Politica e prime ricerche sulla protezione dei diritti delle persone che svolgono lavoro sessuale

26 Maggio 2016

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‘Se un cliente si comporta male, devi proteggerti per conto tuo. La polizia la chiami solo se pensi che stai per morire. Se chiami la polizia, perdi tutto quello che hai’. (Una lavoratrice del sesso norvegese)

Il 26 maggio Amnesty International ha reso pubblica la sua politica per proteggere le persone che svolgono lavoro sessuale da violazioni dei diritti umani, unitamente a quattro rapporti di ricerca su Papua Nuova Guinea, Hong Kong, Norvegia e Argentina.

‘Le persone che svolgono lavoro sessuale corrono grandi rischi di subire tutta una serie di violazioni dei diritti umani, tra cui stupro, violenza, estorsione e discriminazione. Troppo spesso la protezione che ricevono dalla legge e i mezzi a disposizione per ottenere un risarcimento sono insufficienti se non assenti’ – ha dichiarato Tawanda Mutasah di Amnesty International.

‘La nostra politica spiega in che modo i governi dovrebbero proteggere le persone che svolgono lavoro sessuale. Le nostre ricerche presentano le loro testimonianze e i rischi quotidiani cui vanno incontro’ – ha proseguito Mutasah.

La politica

La politica di Amnesty International è il momento d’arrivo di un’estesa consultazione mondiale, di un esame complessivo di tutte le prove disponibili, di un’analisi degli attuali standard internazionali sui diritti umani e di ricerche di prima mano condotte negli ultimi due anni. La sua adozione e pubblicazione fa seguito a una decisione presa democraticamente dal movimento globale di Amnesty International nell’agosto 2015.

La politica chiede ai governi di assicurare protezione da violenza fisica, estorsione e coercizione, di coinvolgere le persone che svolgono lavoro sessuale nello sviluppo di leggi riguardanti le loro vite e la loro sicurezza e di porre fine alla discriminazione garantendo pari accesso all’istruzione e alle opportunità d’impiego.

La politica raccomanda ai governi la decriminalizzazione del lavoro sessuale consensuale, comprese le leggi che vietano attività associate al lavoro sessuale (ad esempio i divieti relativi all’offerta, alla promozione e all’organizzazione complessiva del lavoro sessuale). Questa raccomandazione si basa sulla constatazione che leggi del genere rendono meno sicuro il lavoro sessuale e garantiscono l’impunità, dal momento che le persone che svolgono lavoro sessuale rinunciano spesso a sporgere denuncia alla polizia per paura di subire sanzioni. Le leggi sul lavoro sessuale dovrebbero dedicarsi alla protezione dallo sfruttamento e dalla violenza piuttosto che a vietare il lavoro sessuale e a penalizzare le persone che svolgono lavoro sessuale.

La politica rafforza la posizione di Amnesty International contro il lavoro forzato, lo sfruttamento sessuale dei minori e il traffico di esseri umani, orribili violazioni dei diritti umani che richiedono un’azione di contrasto coordinata e che, sulla base del diritto internazionale, devono essere considerati un reato in ogni paese.

‘Vogliamo che le leggi siano modificate per avere al centro una vita più sicura per le persone che svolgono lavoro sessuale e il miglioramento delle relazioni con le forze di polizia perché possano denunciare con fiducia lo sfruttamento. Vogliamo che i governi garantiscano che nessuna persona sarà forzata a offrire prestazioni sessuali a pagamento o sarà impossibilitata, qualora lo volesse, a interrompere il lavoro sessuale’ – ha aggiunto Mutasah.

Le ricerche

Le estese ricerche condotte da Amnesty International, che comprendono quattro rapporti su altrettanti paesi di aree geografiche diverse, mostrano che le persone che svolgono lavoro sessuale sono spesso sottoposte a terribili violazioni dei diritti umani. Ciò è dovuto almeno in parte alla criminalizzazione, che mette ulteriormente in pericolo queste persone, le emargina e impedisce loro di cercare protezione dalla violenza e di ricorrere a servizi sociali e di assistenza legale.

‘Le persone che svolgono lavoro sessuale ci raccontano come la criminalizzazione permetta alla polizia di perseguitarle e di non dare ascolto alle loro denunce e richieste di protezione’ – ha spiegato Mutasah.

Invece di preoccuparsi di proteggere le persone che svolgono lavoro sessuale dalla violenza e dalla criminalità, in molti paesi i tutori dell’ordine cercano d’impedire il lavoro sessuale attraverso sorveglianza, intimidazioni e aggressioni. Troppo spesso la protezione che le persone che svolgono lavoro sessuale ricevono dalla legge e i mezzi a loro disposizione per ottenere un risarcimento sono insufficienti se non del tutto assenti, persino nei paesi dove l’offerta di prestazioni sessuali è legale.

Papua Nuova Guinea

In questo stato è illegale guadagnare attraverso il lavoro sessuale e organizzare attività commerciali riguardo il sesso. L’omosessualità è a sua volta un reato e questo è il principale motivo della persecuzione giudiziaria degli uomini che svolgono lavoro sessuale.

Le ricerche di Amnesty International hanno mostrato come la criminalizzazione consenta alla polizia di minacciare le persone che svolgono lavoro sessuale, di estorcerle denaro o di arrestarle arbitrariamente.

Le persone che svolgono lavoro sessuale vanno incontro a un livello estremo di stigmatizzazione, discriminazione e violenza, compresi lo stupro e l’omicidio. Nel 2010 un sondaggio ha rivelato che, nell’arco di sei mesi, il 50 per cento delle persone che svolgevano lavoro sessuale nella capitale Port Moresby era stato stuprato dai clienti o dalla polizia.

Amnesty International ha ascoltato drammatiche testimonianze di persone che avevano subito stupri e altre forme di violenza sessuale da parte di agenti di polizia, clienti e ulteriori soggetti e che, in quanto considerate ‘illegali’, avevano troppa paura di denunciare l’accaduto.

Questo è il racconto di Mona:
‘Gli agenti hanno iniziato a picchiare me e il cliente. Poi sei agenti hanno preteso di fare sesso, minacciandomi con le pistole. Non ho alcuna possibilità di denunciarli. È una cosa terribile, ma devo far finta di niente. Se mi rivolgo alla legge, non possono aiutarmi perché il lavoro sessuale è illegale’.

Le forze di polizia vanno alla ricerca di preservativi da esibire come prove contro le persone che svolgono lavoro sessuale. Queste sono spesso accusate di essere ‘propagatrici’ di malattie e per questo motivo molte si sentono scoraggiate dal cercare informazioni sulla salute sessuale e riproduttiva e consulenza sull’Hiv/Aids.

Mary spiega:
‘Quando la polizia ci ferma, se ci trovano dei preservativi ci picchiano e ci accusano di offrire prestazioni sessuali o di diffondere malattie come l’Hiv. Ci chiedono soldi, ci minacciano. Noi gli diamo la somma che ci chiedono, se non gliela diamo ci picchiano’.

Hong Kong

L’offerta di prestazioni sessuali non è illegale quando una singola persona svolge lavoro sessuale in un appartamento privato. Tuttavia, lavorare in luoghi isolati pone le persone che svolgono lavoro sessuale in una situazione di vulnerabilità e al rischio di subire rapine, violenza e stupro.

Queen ha raccontato ad Amnesty International di ‘non aver mai denunciato i reati subiti, compreso lo stupro, perché temo di venir accusata di promuovere prestazioni sessuali’.

Non solo la polizia offre scarsa protezione, a volte prende volutamente di mira le persone che svolgono lavoro sessuale.

Le ricerche di Amnesty International hanno evidenziato che gli agenti di polizia spesso abusano dei loro poteri per ricattare le persone che svolgono lavoro sessuale, per estorcere denaro o esercitare coercizione. Agenti di polizia possono essere autorizzati a ricevere, sotto copertura, prestazioni sessuali nell’ambito delle loro indagini ai fini di ottenere prove. Amnesty International ha registrato casi in cui agenti di polizia o individui che si presentavano come agenti di polizia hanno proposto di evitare sanzioni legali in cambio di denaro o ‘sesso gratuito’.

Le persone transgender che svolgono lavoro sessuale sono spesso sottoposte a pratiche particolarmente abusive, come le umilianti perquisizioni corporali eseguite da agenti di sesso maschile nei confronti di donne transgender.

Dopo l’arresto, le donne transgender che svolgono lavoro sessuale possono essere inviate nelle sezioni maschili dei centri di detenzione o in unità speciali per detenuti con malattie mentali.

Norvegia

L’acquisto di prestazioni sessuali è illegale mentre non lo è l’offerta. Sono considerate reato altre attività associate al lavoro sessuale, tra cui la ‘promozione della prostituzione’ e l’affitto di locali per lo svolgimento di lavoro sessuale.

Nonostante gli alti livelli di stupro e violenza da parte di clienti e di bande criminali, le persone che svolgono lavoro sessuale vanno incontro a notevoli difficoltà quando si tratta di denunciare la violenza alla polizia.

Amnesty International è venuta a conoscenza di alcuni casi in cui persone che svolgevano lavoro sessuale sono state sfrattate o addirittura espulse dal paese dopo essersi rivolte alla polizia.

La legge stabilisce che le persone che svolgono lavoro sessuale possono essere soggette a sfratto coatto e i proprietari possono essere denunciati per aver affittato locali in cui viene svolto lavoro sessuale.

Una rappresentante di un’organizzazione per i diritti delle persone che svolgono lavoro sessuale ha commentato: ‘Se i proprietari non ci sfrattano, la polizia li denuncia. Così la polizia incoraggia i proprietari ad eseguire la legge da soli’. Le persone che svolgono lavoro sessuale non possono lavorare insieme o chiedere il sostegno di altre persone per tutelare la loro sicurezza, in quanto correrebbero il rischio di essere denunciate per ‘promozione della prostituzione’.

Buenos Aires, Argentina

Formalmente, la vendita o l’acquisto di prestazioni sessuali a Buenos Aires non è illegale. In pratica, tuttavia, le persone che svolgono lavoro sessuale vengono criminalizzate da una serie di leggi che puniscono le attività associate e che non distinguono tra lavoro sessuale consensuale e traffico di esseri umani.

Le ricerche di Amnesty International hanno dimostrato che le persone che svolgono lavoro sessuale nella capitale dell’Argentina vanno incontro a una serie di ostacoli quando si tratta di presentare denuncia alla polizia.

‘Il cliente prima mi ha pagato, poi mentre stavo scendendo dall’automobile mi ha preso al collo e mi ha ferita con un coltello. Gli ho dato tutti i soldi che avevo e il cellulare e mi ha lasciata andare’ – ha raccontato Laura, una persona che svolge lavoro sessuale in strada.

Laura non ha denunciato la violenza e il furto alla polizia, ritenendo che sarebbe stata una perdita di tempo: ‘Non mi avrebbero ascoltato, dato che lavoro in strada’.

Le persone che svolgono lavoro sessuale sono spesso fermate in strada in modo del tutto arbitrario dalla polizia e, in alcuni casi, multate e sottoposte a periodi di prova. A Buenos Aires sarebbe illegale basarsi sull’aspetto, il comportamento o l’abbigliamento di una persona quando si applica la legge che punisce la promozione del sesso in luoghi pubblici. Tuttavia questo tipo di pregiudizio, da parte di agenti di polizia e magistrati, è purtroppo diffuso e sono specialmente le persone transgender che svolgono lavoro sessuale a essere prese di mira.

A loro volta, le persone che svolgono lavoro sessuale in appartamenti privati sono spesso sottoposte a violenti ed estenuanti raid e ispezioni e sottoposte a estorsioni e all’obbligo di versare tangenti.

Le persone che svolgono lavoro sessuale hanno anche riferito di difficoltà nell’accedere ai servizi sanitari, dovute alla stigmatizzazione e alla discriminazione.

‘Non abbiamo alcun concreto accesso ai servizi sanitari perché ogni volta che entriamo in un ospedale ci ridono contro e ci fanno visitare per ultimi’ – ha riferito un transgender che in precedenza svolgeva lavoro sessuale.

Amnesty International ha verificato che questa situazione spinge alcune persone che svolgono lavoro sessuale a evitare completamente i servizi sanitari.

Nessuna giustificazione

‘In troppe parti del mondo le persone che svolgono lavoro sessuale sono prive della protezione della legge e subiscono atroci forme di violenza. Questa situazione non può essere giustificata in alcun modo. I governi devono agire per proteggere i diritti umani di tutte le persone, comprese quelle che svolgono lavoro sessuale. La decriminalizzazione è solo uno dei numerosi passi necessari che i governi devono compiere per assicurare l’incolumità fisica delle persone che svolgono lavoro sessuale e proteggerle dallo sfruttamento e dalla coercizione’ – ha concluso Mutasah.

Richieste di Amnesty International ai governi

Nell’ambito della sua politica per la protezione dei diritti delle persone che svolgono lavoro sessuale, Amnesty International chiede ai governi di garantire che:

  1. tutte le persone abbiano accesso ai diritti economici, sociali e culturali e alle opportunità d’impiego;
  2. siano contrastati i dannosi stereotipi di genere e tutte le forme di discriminazione e ineguaglianza strutturale che conducono all’emarginazione, in modo sproporzionato, delle persone che svolgono lavoro sessuale;
  3. le leggi sul lavoro sessuale vengano riesaminate in modo che non siano più strumenti per criminalizzare la maggior parte o tutti gli aspetti del lavoro sessuale e affinché possano proteggere da forme di coercizione quali il traffico di esseri umani, lo sfruttamento e la violenza e prevenire il coinvolgimento dei minori nel sesso commerciale;
  4. siano abolite quelle leggi o altre norme punitive nei confronti delle prestazioni sessuali consensuali tra adulti che rafforzano l’emarginazione, lo stigma e la discriminazione e che possono impedire l’accesso alla giustizia alle persone che svolgono lavoro sessuale;
  5. le persone che svolgono lavoro sessuale partecipino allo sviluppo di leggi e prassi riguardanti direttamente la loro vita e la loro sicurezza
  6. sia possibile lasciare il lavoro sessuale quando lo si desideri;
  7. le persone che svolgono lavoro sessuale abbiano pari accesso alla giustizia, ai servizi sanitari e ad altri servizi pubblici e ricevano pari protezione da parte della legge.

Amnesty International condivide la richiesta di decriminalizzazione del lavoro sessuale consensuale con una serie di organizzazioni e gruppi di esperti, tra cui l’Alleanza globale contro il traffico delle donne, la Commissione globale su Hiv e diritto, UNAIDS, il relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto alla salute e l’Organizzazione mondiale della sanità.

Risoluzione ‘Politiche sugli obblighi degli stati di rispettare, proteggere e realizzare i diritti umani delle persone che svolgono lavoro sessuale’