Turchia: i 100 giorni più ingiusti per İdil e gli altri

12 Ottobre 2017

Tempo di lettura stimato: 2'

Sono passati 100 lunghissimi giorni dal 5 luglio, giorno in cui İdil Eser, direttrice di Amnesty International Turchia, e altre 9 persone sono state arrestate mentre prendevano parte a un corso di formazione.

Dopo più di tre mesi, İdil e altre cinque difensori dei diritti umani sono ancora in carcere. Gli altri sono stati liberati su cauzione. Sono tutti indagati per terrorismo. L’accusa ha chiesto fino a 16 anni di carcere.

Un’accusa oltraggiosa che non si basa su alcuna nuova prova” ha ribadito John Dalhuisen, direttore di Amnesty International per l’Europa, in una nota ufficiale. “Quando a venire arrestati sono i difensori dei diritti umani, il messaggio è chiaro: il dissenso non sarà tollerato. Ma il coraggio di İdil Eser e dei suoi colleghi e il sostegno che stanno ricevendo da ogni parte del mondo stanno trasmettendo un messaggio ancora più chiaro: le voci critiche non saranno zittite“, ha aggiunto.

Un mese prima, in giugno, anche Taner Kılıç, il presidente di Amnesty International Turchia, è finito in carcere.

Questi coraggiosi attivisti languono da mesi in carcere solo perché credono nei diritti umani. Anche un singolo giorno di prigione sarebbe stato una grande ingiustizia“, ha aggiunto Dalhuisen.

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La direttrice di Amnesty Turchia İdil Eser

Secondo le bizzarre accuse rivolte contro di lei, attraverso il suo lavoro per Amnesty International, İdil avrebbe legami con tre organizzazioni terroristiche diverse e antagoniste tra loro.

Traduttrice freelance e attivista, dal 2016 İdil è la direttrice di Amnesty International Turchia. In passato ha svolto varie funzioni manageriali in organizzazioni non governative come la Fondazione della Storia, l’Assemblea dei cittadini di Helsinki e Medici senza frontiere.

Far parte della lotta per i diritti è una grande sensazione. Solidarietà per sempre” – 8 luglio 2017, sede della Polizia per la sicurezza di Vatan, Istanbul

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Le accuse assurde contro Taner Kılıç

Taner Kılıç, presidente di Amnesty International Turchia, è stato arrestato il 6 giugno a Smirne insieme ad altri 22 avvocati.

L’unico elemento addotto a sostegno dei presunti legami di Taner Kılıç con il movimento di Gülen è che nell’agosto 2014 sarebbe risultata installata sul suo telefono cellulare l’applicazione di messaggistica Bylock, che secondo le autorità turche era usata dai membri della “Organizzazione terroristica Fethullah Gülen“.

Non è stata presentata alcuna prova a sostegno di quest’affermazione.

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Gli altri difensori dei diritti in carcere

Dei “10 di Istanbul” fanno parte, oltre a İdil Eser di Amnesty International, Günal Kurşun e Veli Acu dell’Associazione Agenda per i diritti umani, Özlem Dalkıran e Nalam Erkem dell’Assemblea dei cittadini, il consulente su strategie della tecnologia dell’informazione Ali Gharavi, il formatore su benessere e nonviolenza Peter Steudtner e İlknur Üstün della Coalizione delle donne. Altri due difensori dei diritti umani – Şeyhmus Özbekli dell’Iniziativa per i diritti e Nejat Taştan dell’Associazione per il monitoraggio dell’uguaglianza dei diritti – sono stati rilasciati su cauzione in attesa del processo.

 

Le autorità turche devono liberare immediatamente tutti i detenuti e fermare la caccia alle streghe contro tutti e 11 i difensori dei diritti umani.

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Le celebrità scendono in campo

Oltre 20 artisti e celebrità – tra cui Zoë Kravitz, Ben Stiller, Mark Ruffalo, Whoopi Goldberg e Zach Galifianakis – hanno sottoscritto una lettera di Amnesty International Usa all’ambasciatore turco, aggiungendosi a coloro che – come Annie Lennox, Bono, Peter Gabriel, Juliette Binoche, Jane Birkin, Angélique Kidjo e Patrick Stewart – già avevano chiesto il rilascio dei detenuti, tra i quali İdil Eser e Taner Kılıç, rispettivamente direttrice e presidente di Amnesty International Turchia.

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Turchia: la repressione dopo il fallito colpo di stato del 2016

Dopo il tentato colpo di stato in Turchia sono decine di migliaia le persone – tra cui medici, agenti di polizia, insegnanti, docenti universitari e soldati – etichettate come “terroristi” ed estromesse dal settore pubblico, che oggi lottano per la sopravvivenza.

La ricerca “Nessuna fine in vista: il futuro negato agli impiegati del settore pubblico della Turchia dopo la purga” è il frutto di 61 interviste svolte ad Ankara, Diyarbakır e Istanbul dal team guidato da Andrew Gardner, ricercatore di Amnesty International sulla Turchia.