Myanmar: negate cure mediche in carcere. L’appello delle ong

5 Agosto 2025

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Quattordici organizzazioni umanitarie*, fra le quali Amnesty International, hanno espresso profonda preoccupazione per le notizie sul crescente numero di persone morte in custodia in Myanmar, in particolare negli ultimi quattro anni e mezzo, periodo segnato da un’erosione senza precedenti del rispetto e della tutela dei diritti umani.

Dall’inizio del colpo di stato militare del 2021 si stima che circa 1800 persone siano morte sotto la custodia della giunta militare, spesso in seguito alla negazione sistematica dell’accesso all’assistenza sanitaria o a ferite non trattate, subite durante interrogatori violenti dopo l’arresto.

Le organizzazioni hanno firmato un appello per chiedere con urgenza che i militari di Myanmar garantiscano alle persone private della libertà l’accesso a cure mediche adeguate, equivalenti per qualità e disponibilità a quelle messe a disposizione nel paese, e che tali cure siano accessibili a tutte le persone detenute, senza alcuna forma di discriminazione. È stata inoltre richiesta la cessazione immediata delle torture e di ogni altra forma di maltrattamento nei confronti delle persone detenute.

Secondo quanto riportato da organi di stampa indipendenti e gruppi impegnati nel monitoraggio delle carceri, nel luglio 2025 diverse persone sono morte in luoghi di detenzione differenti. Ma Wutt Yee Aung, 26 anni, attivista studentesca arrestata dalle forze militari nel settembre 2021 per accuse di terrorismo e incitamento, è morta intorno al 19 luglio nel carcere di Insein, a Yangon. L’Unione degli studenti dell’università di Dagon ha espresso timori sul fatto che il decesso possa essere stato causato da lesioni alla testa riportate durante gli interrogatori e dall’assenza di cure adeguate da parte dell’amministrazione penitenziaria, nonostante le ripetute richieste della famiglia affinché fosse trasferita in un ospedale esterno al carcere.

Lo stesso giorno Ko Pyae Sone Aung, 44 anni, rappresentante della sezione del partito Lega nazionale per la democrazia nel comune di Belin, nello stato di Mon, sarebbe morto nel carcere di Thaton dopo essere stato violentemente picchiato. Secondo la Human Rights Foundation of Monland, Ko Pyae e altre quattro persone sarebbero state colpite con manganelli e prese a calci all’addome. Fonti locali hanno inoltre espresso preoccupazione per il fatto che la morte possa essere stata favorita dalla mancata somministrazione di cure mediche appropriate per ipertensione, diabete e occlusioni arteriose. Ko Pyae, arrestato nel gennaio 2022, era stato condannato a sei anni di carcere per accuse di sedizione e terrorismo. All’inizio di luglio altri due prigionieri politici sono morti in carceri diverse, sempre a causa di complicazioni mediche.

In un rapporto pubblicato nel settembre 2024 l’ufficio dell’Alta commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani ha dichiarato che almeno 1853 persone erano morte in custodia dal colpo di stato del 2021.

Secondo i dati raccolti da osservatori sul campo, tra gennaio e luglio 2025 sono morte in custodia oltre 70 persone. Di queste almeno 59 sarebbero decedute nel carcere di Obo, nella città di Mandalay, crollato dopo il terremoto di magnitudo 7.7 che ha colpito il paese a marzo. Tra le vittime figurano anche persone detenute arbitrariamente, incarcerate unicamente per il loro sostegno, reale o presunto, a gruppi di opposizione, tra cui la Lega nazionale per la democrazia, destituita dalla giunta militare con il colpo di stato del 2021. Il numero effettivo potrebbe essere più elevato, a causa degli ostacoli nel reperire e verificare le informazioni, dovuti soprattutto alle gravi restrizioni all’accesso alle carceri e alla chiusura forzata di numerose testate giornalistiche.

Il rapporto dell’Alta commissaria del 2024 definisce inoltre le torture e i maltrattamenti in custodia militare una pratica “diffusa”, in particolare nei centri per gli interrogatori e nelle basi militari ma anche nelle carceri, come la tristemente nota prigione di Tharyarwaddy, a Bago. In questi contesti vengono segnalate violenze fisiche e psicologiche, compresa la violenza sessuale, con l’obiettivo di estorcere confessioni o ottenere informazioni su persone sospettate di avere legami con gruppi contrari alle forze militari.

I prigionieri politici, soprattutto coloro che partecipano a proteste pacifiche all’interno delle carceri contro le violazioni subite, vengono puniti con pestaggi brutali, isolamento prolungato, nuove accuse penali e, in alcuni casi, trasferimenti punitivi in luoghi di detenzione più remoti o, peggio ancora, uccisi durante questi trasferimenti.

Secondo il Political prisoners network-Myanmar, un’organizzazione di monitoraggio, almeno 190 prigionieri politici sono morti tra il 2021 e luglio 2025 a causa di interrogatori condotti con modalità violente, maltrattamenti o per la mancata prestazione di cure mediche adeguate.

Nonostante la vasta documentazione su queste pratiche da parte di organizzazioni nazionali e internazionali, non risulta che alcun funzionario della giunta militare sia stato chiamato a rispondere dei decessi e delle violenze all’interno delle carceri.

È importante sottolineare che le torture e i maltrattamenti nei confronti delle persone detenute, ampiamente documentati, rappresentano solo una delle molteplici dimensioni della drammatica situazione dei diritti umani nel paese, che continua a richiedere un’attenzione e un intervento costanti da parte della comunità internazionale.

Dall’inizio del colpo di stato del 2021 la giunta militare del Myanmar ha ucciso oltre 7.000 persone, in gran parte civili, e ha incarcerato arbitrariamente quasi 30.000 persone. Oltre 3,5 milioni di persone risultano sfollate internamente a causa dei conflitti armati in corso. Organizzazioni per i diritti umani hanno documentato bombardamenti aerei indiscriminati da parte dell’esercito, che hanno causato la morte di persone civili all’interno di scuole, durante cerimonie nuziali, nei rifugi e persino nei giorni successivi al terremoto del marzo 2025. A questi si aggiungono il blocco degli aiuti umanitari e altre gravi violazioni che potrebbero costituire crimini contro l’umanità e crimini di guerra.

Le organizzazioni hanno ribadito la loro richiesta alla giunta militare del Myanmar affinché ponga fine immediatamente alle torture e ai maltrattamenti nei confronti delle persone detenute e intervenga con urgenza per migliorare le condizioni di detenzione, allineandole alle Regole minime delle Nazioni Unite per il trattamento delle persone detenute (“Regole Mandela”) e ad altri standard internazionali in materia. Alle persone detenute deve essere garantito l’accesso tempestivo e adeguato all’assistenza sanitaria, compresa la possibilità di essere trasferite in strutture ospedaliere esterne quando le cure necessarie non sono disponibili all’interno delle carceri. Occorre inoltre rafforzare la fornitura di medicinali e altri beni essenziali nei luoghi di detenzione, anche permettendo l’ingresso degli aiuti internazionali e l’accesso delle organizzazioni umanitarie e sanitarie e dei familiari, che possano consegnare cibo, medicinali e altri beni di prima necessità.

L’appello delle ong alla giunta militare del Myanmar è anche quello di scarcerare immediatamente tutte le persone detenute arbitrariamente.

 

*ALTSEAN-Burma

Amnesty International

Article 19

Asian Forum for Human Rights and Development (FORUM-ASIA)

Assistance Association for Political Prisoners

Athan – Freedom of Expression Activist Organization

Burma Campaign UK

Chin Human Rights Organization

Exile Hub

Fortify Rights

Human Rights Foundation of Monland

Manushya Foundation

Myanmar Peace Museum

Political Prisoners Network – Myanmar

Politics for Women Myanmar