Rapporto 2024 – 2025

Introduzione 2025

Il mondo è in un momento critico decisivo. Forze senza precedenti stanno accerchiando gli ideali dei diritti umani per tutti gli esseri umani, cercando di distruggere un sistema internazionale forgiato nel sangue e nel dolore della Seconda guerra mondiale e dell’Olocausto. Questa offensiva religiosa, razzista e patriarcale, che mira a un ordine economico basato su una disuguaglianza ancora maggiore tra gli stati e al loro interno, mette a repentaglio le conquiste di uguaglianza, giustizia e dignità ottenute con fatica negli ultimi 80 anni.

Molteplici attacchi, contro il riconoscimento delle responsabilità in materia di diritti umani, contro il diritto internazionale e contro le Nazioni Unite, sono stati solo alcuni dei tratti distintivi dei primi 100 giorni di “regno” del presidente statunitense Donald Trump nel 2025.

Ma queste offensive sconsiderate e punitive, contro gli sforzi per porre fine alla povertà globale e annullare le discriminazioni e le violenze razziali e di genere di lunga data, non sono iniziate quest’anno. Le linee rosse non diventano verdi da un giorno all’altro…

Dal suo secondo insediamento, le azioni del presidente Trump stanno accelerando in direzioni che Amnesty International e altre organizzazioni per i diritti umani avevano già segnalato, ma i nostri avvertimenti sono stati liquidati e i nostri appelli ignorati. La sua traiettoria è coerente ed è il prodotto di decisioni sistemiche, intenzionali e discriminatorie prese nell’ultimo decennio, ma sta arrivando a nuove vette nel 2025.

Non fraintendetemi. Non si tratta solo del presidente Trump. Le radici sono molto più profonde. E, a meno che non ci sia una resistenza coordinata e coraggiosa, questo momento critico decisivo si trasformerà in una trasformazione storica: non solo un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca.

 

Un incubo iniziato al rallentatore

Per un decennio o più, il mondo ha assistito a una costante diffusione di leggi, politiche e prassi autoritarie, che hanno ridotto lo spazio civico ed eroso il godimento della libertà d’espressione e associazione. Le scelte politiche hanno reso più profonde le disuguaglianze, aumentato la povertà e alimentato i conti dei miliardari. La pandemia di Covid ha messo a nudo l’avidità, il razzismo e l’egoismo di paesi potenti, pronti a lasciar morire milioni di persone. E di fronte alla crisi climatica, gli stati hanno ampiamente fallito nel mantenere le promesse fatte a Parigi nel 2015.

Nonostante i molteplici allarmi che lampeggiavano per dare avvertimenti cruciali, nel 2024 è arrivato il genocidio.

 

2024: genocidio trasmesso in diretta streaming

A partire dal 7 ottobre 2023, quando Hamas ha perpetrato crimini orribili contro la popolazione israeliana e altre persone e ha catturato più di 250 ostaggi, il mondo è stato reso spettatore di un genocidio trasmesso in diretta streaming. Gli stati hanno assistito impotenti all’uccisione da parte di Israele di migliaia e migliaia di palestinesi, spazzando via diverse generazioni di intere famiglie, distruggendo case, mezzi di sussistenza, ospedali e scuole.

Il 2024 sarà ricordato per il modo in cui l’occupazione militare di Israele è diventata sempre più sfacciata e letale, per il modo in cui gli Usa, la Germania e una manciata di altri stati europei hanno sostenuto Israele; per il fatto che gli Usa, sotto l’amministrazione Biden, hanno ripetutamente posto il veto alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per un cessate il fuoco e che alcuni stati hanno continuato a trasferire armi a Israele.

Nel 2024, Israele e i suoi potenti alleati, primi fra tutti gli Usa, hanno affermato che, o agito come se, il diritto internazionale non si applicasse a loro, ignorando deliberatamente gli ordini della Corte internazionale di giustizia e le incriminazioni della Corte penale internazionale (International Criminal Court – Icc).

Nel 2024, il presidente Vladimir Putin ha continuato gli attacchi sistematici alle infrastrutture civili in Ucraina, uccidendo più civili che nel 2023. Distruggendo o occupando la maggior parte delle centrali termoelettriche ucraine, la Russia ha causato regolari blackout per migliaia di persone. Ha processato illegalmente decine di prigionieri di guerra ucraini in Russia e nelle zone dell’Ucraina da essa occupate.

Nel 2024, di fronte alle migliaia di persone sudanesi morte a causa del conflitto e della fame, nel contesto della più grande crisi di sfollamento forzato del mondo, c’è stata una quasi totale indifferenza globale, così come è accaduto per l’escalation di violenza letale nella Repubblica Democratica del Congo, in Burkina Faso, Niger o Myanmar. Le opportunità associate al commercio di armi non sono state invece ignorate e le richieste di embargo sulle armi sono cadute nel vuoto.

Il 2024 ha mostrato la volontà degli stati di impiegare la propaganda al servizio dei conflitti armati, amplificata dagli algoritmi dei social media e da voci potenti, senza badare all’accuratezza delle informazioni o alle conseguenze che alimentavano l’odio.

In sintesi, il 2024 ci ha disumanizzato.

 

Giustizia internazionale e multilateralismo

Tuttavia, il Sudafrica ha dato un segnale del fatto che si possono fare altre scelte. La sua causa presso la Corte internazionale di giustizia contro Israele per la presunta violazione della Convenzione sul genocidio è un passo fondamentale verso la giustizia. L’emissione da parte dell’Icc di mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant e il capo militare di Hamas Mohammed Al-Masri, per presunti crimini di guerra e crimini contro l’umanità, ha rappresentato una svolta storica.

Tuttavia, i paesi che hanno sostenuto vigorosamente l’Icc nel perseguire il presidente Putin per il presunto rapimento di minori di origini ucraine hanno reagito in modo molto diverso quando si è trattato di Israele. Nel 2024, alcuni senatori statunitensi hanno minacciato il procuratore dell’Icc e il presidente Donald Trump lo ha poi sanzionato nel 2025.

Non è più tempo per lamentarsi dei doppi standard di chi ha disegnato il sistema basato sulle regole del secondo dopoguerra. Prima della fine del 2024, molti stati stavano attivamente minando le istituzioni di quel sistema e lavorando contro i suoi valori, lasciando in piedi poco più di un guscio delle sue intenzioni originali.

Il presidente Trump è solo un super acceleratore di tendenze già molto avanzate.

 

Libertà d’espressione e media: un campanello d’allarme

Nel 2020, Amnesty International aveva lanciato un allarme sulle tendenze autoritarie emergenti all’interno di molti paesi. Avevamo ragione a preoccuparci. Nel 2024 sono state adottate ulteriori leggi e prassi autoritarie. Gli attacchi contro il dissenso politico si sono intensificati, anche attraverso arresti di massa e sparizioni forzate. Sempre più Ong e partiti politici sono stati sciolti con la forza, sospesi dalle attività e presi di mira in modo arbitrario come “estremisti”. Ci sono state risposte sproporzionate di fronte alla disobbedienza civile e una criminalizzazione senza precedenti di persone che difendevano i diritti umani, impegnate per il clima, studenti e altre che esprimevano solidarietà alla popolazione palestinese; molte sono state etichettate come “terroriste”. Femministe e altre persone che hanno portato avanti campagne per i diritti delle donne e delle persone lgbti hanno continuato ad andare incontro a gravi ripercussioni. Almeno 21 stati hanno portato avanti leggi o disegni di legge volti a reprimere la libertà di parola o a mettere al bando organi d’informazione. Il numero di giornalisti e operatori dei media uccisi ha toccato nuove vette: secondo l’Ong Commissione per proteggere i giornalisti, almeno 124 giornalisti e operatori dei media sono stati uccisi lo scorso anno, di cui circa due terzi erano palestinesi uccisi da Israele.

 

Avanti con la trivella, ma il mondo è in fiamme

Nel 2024, nessuna regione è rimasta indenne dalla crisi climatica. Un’intensa ondata di caldo in Asia Meridionale è stata seguita da devastanti inondazioni che hanno colpito milioni di persone e ne hanno costrette migliaia a sfollare. In Sud America, incendi mai visti prima hanno distrutto le foreste pluviali amazzoniche e messo a rischio ecosistemi che si estendono in interi paesi. In Somalia, siccità e inondazioni hanno devastato le comunità, fatto crollare le economie locali e sfollato famiglie e villaggi.

Il 2024 è stato il primo anno solare in cui la temperatura media globale è aumentata di oltre 1,5°C rispetto alla media del 1850-1900.

Le temperature roventi richiedono un’azione climatica innovativa. Tuttavia, oltre ai fallimenti degli stati nell’eliminare gradualmente l’uso dei combustibili fossili, i negoziati della COP29 hanno prodotto un misero accordo di finanziamento che rischia di intrappolare i paesi a basso reddito in un ciclo di indebitamento.

Il mantra del Presidente Trump “drill, baby, drill” (“trivella, baby, trivella”) non ha fatto altro che riecheggiare ciò stava già accadendo, con la sua decisione del 2025 di ritirare gli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi sul clima, accolta con favore da altri stati dipendenti dai combustibili fossili.

E così, in tutto il mondo, le comunità continueranno a bruciare, annegare, morire.

 

Una miscela tossica per milioni di persone

Nel 2024, la Banca mondiale, nel suo rapporto Povertà, prosperità e pianeta: vie d’uscita dalle crisi multiple, ha avvertito che “la riduzione della povertà globale è rallentata fino quasi a fermarsi negli ultimi cinque anni e il periodo 2020-2030 rischia di essere un decennio perso”.

Il mix tossico di povertà prodotta, conflitti, oppressione politica e crisi climatica ha provocato lo sfollamento di circa 110 milioni di persone nel 2024. Eppure, invece di affrontare le cause profonde, molti governi e movimenti politici si sono armati di retorica xenofoba e razzista, incitando all’odio. Ignorando o aggirando le ordinanze giudiziarie, hanno usato misure estreme e violente per respingere gli arrivi irregolari alle loro frontiere.

 

Parità di genere? Attacchi ai diritti delle donne e delle persone lgbti

In Afghanistan, il 50 per cento della popolazione, ossia donne e ragazze, è stato condannato a quella che molte persone hanno descritto come una “morte lenta”. Il governo talebano ha criminalizzato l’esistenza pubblica di donne e ragazze, approvando le cosiddette leggi sul vizio e la virtù, negando loro il diritto al lavoro e all’istruzione. Decine di donne che hanno protestato hanno subìto sparizioni forzate o detenzioni arbitrarie.

In Iran, le nuove leggi sul velo obbligatorio hanno intensificato l’oppressione di donne e ragazze, imponendo fustigazioni, multe esorbitanti e dure pene detentive, mentre funzionari e guardie private che attaccano con violenza donne e ragazze per aver sfidato la legge continuano a rimanere impuniti.

Le violazioni dei diritti lgbti si sono intensificate in molti luoghi, mentre diversi governi, dall’Argentina alla Russia, hanno introdotto leggi e/o politiche che hanno limitato l’accesso ai servizi di salute sessuale e riproduttiva. Negli Stati Uniti, Meta e TikTok hanno rimosso dal web alcune informazioni sull’aborto. Nel frattempo, la violenza di genere, compreso il femminicidio, e la violenza sessuale nei conflitti armati sono aumentate in molte parti del mondo.

 

La fine di un’era?

Gli stati potenti stanno deridendo la nostra storia. Fingono che le lezioni degli anni Trenta e Quaranta (dalla Convenzione sul genocidio alle Convenzioni di Ginevra, fino alla Dichiarazione universale dei diritti umani e alla Carta delle Nazioni Unite) possano essere accantonate, dimenticate, cancellate. Con l’elezione di Donald Trump e il ruolo significativo delle grandi aziende nella sua amministrazione, ci ritroviamo d’un tratto in un’epoca brutale, in cui il potere militare ed economico ha la meglio sui diritti umani e sulla diplomazia; in cui le gerarchie di genere e razziali e il pensiero a somma zero modellano la politica, in cui il nazionalismo nichilista guida le relazioni internazionali.

 

Come rispondiamo?

Nel 2024, tutti i 193 stati membri dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite hanno deciso di aprire la strada a un primo trattato sui crimini contro l’umanità. Nel 2024, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha anche deciso di creare una Convenzione quadro sulla cooperazione fiscale internazionale, aprendo la strada alla cooperazione internazionale per fermare gli abusi fiscali e fornendo potenzialmente finanziamenti essenziali per la realizzazione dei diritti. Nel 2024, il Gambia ha respinto una proposta di legge per l’abrogazione della legge di rettifica sulle donne del 2015, che vieta le mutilazioni genitali femminili. La Polonia ha adottato una definizione di stupro basata sul consenso, diventando il 19° paese europeo a farlo, e il parlamento bulgaro ha respinto una proposta di legge per la creazione di un registro degli agenti stranieri, sulla scia di quello russo. Nel 2024, i tribunali nazionali belgi hanno riconosciuto la responsabilità del paese per i crimini contro l’umanità commessi durante la colonizzazione. All’inizio del 2025, le autorità filippine hanno consegnato l’ex presidente Duterte alla Corte penale internazionale, per affrontare le accuse di crimini contro l’umanità per la sua letale guerra alla droga.

Il Vertice del futuro delle Nazioni Unite, che si è tenuto a settembre 2024, ha avuto i suoi limiti. Tuttavia, gli stati hanno concordato di creare un sistema internazionale più equo, consentendo una maggiore rappresentanza all’interno del Consiglio di sicurezza, soprattutto per l’Africa, trasformando l’architettura finanziaria internazionale, affrontando la crisi del debito e aumentando i fondi per lo sviluppo.

È essenziale sottolineare che un anno decisivo di elezioni (se ne sono tenute 64 in tutto il mondo nel 2024) non ha portato al trionfo indiscusso delle forze contrarie ai diritti umani. In tutto il mondo, un gran numero di cittadini e cittadine ha votato per un percorso diverso, dimostrando che l’aumento delle pratiche autoritarie non è inevitabile e che può essere contrastato.

Il futuro non è ancora definito, ma il mondo si trova in una fase critica. A cento giorni dall’inizio dell’amministrazione Trump, alcuni stati stanno raccogliendo la sfida, ma la maggior parte no. Al contrario, molti fingono che il nuovo imperatore sia vestito nobilmente; molti adottano i vestiti del nuovo imperatore. La realtà nuda e cruda è molto diversa: la messa a tacere del dissenso, gli attacchi alla libertà accademica, la priorità data ai bilanci militari, il saccheggio degli stanziamenti per gli aiuti, le ritorsioni commerciali: questi sono gli abiti trasparenti di un mondo in profonda crisi.

È vero, dobbiamo affrontare le carenze strutturali del sistema internazionale per difendere i diritti umani. Ma oggi ci troviamo di fronte a forze rinvigorite che stanno lavorando per imporre un nuovo sistema: non un sistema che riesca meglio a garantire uguaglianza e giustizia, ma un sistema privo di tutele per i diritti umani; non un sistema che sostenga meglio lo stato di diritto, ma un sistema progettato per servire la regola del profitto rispetto alla giustizia.

La resistenza organizzata contro queste forze non è semplicemente essenziale, è la nostra unica risorsa legittima. Come hanno sempre fatto quando gli stati non rispettano i diritti umani, le persone che organizzano le comunità e che difendono i diritti umani si stanno alzando in piedi. Si oppongono a questi regimi di potere e di profitto che mettono sconsideratamente in pericolo la nostra dignità comune. Stanno dimostrando ancora una volta che la società civile è in prima linea nella difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

Dobbiamo resistere. E lo faremo.

 

di Agnès Callamard

Segretaria generale di Amnesty International

Continua a leggere