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La Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito oggi che le norme italiane che definiscono alcuni paesi di origine come “sicuri” per le persone richiedenti asilo non rispettano il diritto dell’Unione europea. Secondo la sentenza tali designazioni devono poter essere sottoposte a un riesame giudiziario effettivo e trasparente e basarsi su fonti accessibili.
Adriana Tidona, ricercatrice sulle migrazioni di Amnesty International, ha dichiarato:
“La sentenza di oggi rappresenta un duro colpo per l’accordo tra Italia e Albania, che prevede il trasferimento in Albania delle procedure di asilo. La Corte ha stabilito che la designazione di un paese come ‘sicuro’ deve prevedere la possibilità di un riesame giudiziario effettivo e trasparente, e deve basarsi su fonti di informazione accessibili, condizioni che l’Italia, al momento, non garantisce. Se l’Italia non si adeguerà alla sentenza sia a livello normativo sia nella prassi, i trasferimenti in Albania fondati sul concetto di ‘paese di origine sicuro’ non saranno conformi al diritto dell’Unione europea”.
“La sentenza della Corte di giustizia rappresenta un importante campanello d’allarme per gli stati membri dell’Unione europea che intendono estendere il controllo delle migrazioni a scapito dei diritti di migranti e rifugiati. Essa definisce garanzie fondamentali per le persone coinvolte nelle procedure di asilo, che dovrebbero costituire un punto di riferimento non solo l’Italia ma anche per l’attuazione del Patto europeo su migrazione e asilo”.
“Nonostante la notizia positiva di oggi, non dobbiamo dimenticare che l’intero accordo Italia-Albania viola gli obblighi dell’Italia previsti dal diritto nazionale, internazionale e dell’Unione europea. Alla base dell’accordo vi è la detenzione automatica, che è arbitraria e contraria al diritto internazionale. La sentenza odierna rafforza ulteriormente il nostro appello alla Commissione europea affinché svolga un’analisi giuridica approfondita della conformità dell’accordo al diritto dell’Unione”.
Il caso sottoposto alla Corte riguardava alcune persone richiedenti asilo di origine bengalese, trasferite nel 2024 al centro di detenzione di Gjadër, in Albania, in base al Protocollo tra Italia e Albania. Le loro domande di asilo sono state successivamente respinte perché, secondo la normativa italiana, provenivano da un “paese di origine sicuro” e non erano riuscite a dimostrare che tale paese non fosse sicuro per loro. In base alla legge italiana le persone richiedenti asilo provenienti da paesi designati come “sicuri” possono essere detenute amministrativamente in Italia oppure trasferite nei centri di detenzione in Albania, finanziati e gestiti dal governo italiano.
La Corte ha stabilito che gli stati membri dell’Unione europea non possono designare un paese come “sicuro” se non offre un’adeguata protezione all’intera popolazione, a differenza delle norme italiane che consentono di ritenere un paese sicuro escludendo specifici gruppi.
Nel 2024 Amnesty International ha documentato che, nelle strutture italiane, le persone richiedenti asilo e migranti venivano private della libertà in modo illegittimo.