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All’inizio della pandemia da Covid-19 i lavoratori e le lavoratrici di Amazon stanno andando incontro a grandi rischi per la loro salute e sicurezza, eppure la loro capacità di denunciare le condizioni di lavoro e di svolgere trattative collettive è minacciata dal gigante delle vendite online.
Lo denunciamo oggi, in occasione del Black Friday – uno dei più importanti momenti di vendite dell’anno – con un rapporto intitolato “Amazon lasci i lavoratori organizzarsi in sindacato” che descrive in che modo l’azienda tratta i lavoratori in Francia, Polonia, Regno Unito e Stati Uniti d’America.
Dalle nostre ricerche è emerso come Amazon abbia contrastato i tentativi dei lavoratori di organizzarsi in sindacato e avviare trattative collettive, attraverso la sorveglianza negli Usa e la minaccia di azioni legali nel Regno Unito, e non abbia assunto provvedimenti-chiave per assicurare la salute e la sicurezza dei lavoratori in Francia e Polonia.
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“Da quando è iniziata la pandemia, i lavoratori e le lavoratrici di Amazon stanno rischiando la salute e la vita per garantire che beni essenziali siano consegnati davanti le nostre case, contribuendo così ad assicurare ad Amazon profitti record. Dato questo contesto, è allarmante che Amazon manifesti ostilità per i tentativi di organizzarsi in sindacato: essendo una delle più potenti aziende del mondo, questa materia dovrebbe conoscerla bene”, ha dichiarato Barbora Černušáková, ricercatrice e consulente di Amnesty International sui diritti economici, sociali e culturali.
A marzo Amazon aveva sospeso i suoi rigidi obiettivi di produttività, di fronte alla loro incompatibilità con le misure adottate per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori durante la prima fase della pandemia. Tuttavia ad ottobre, terminata la stagione estiva, l’azienda ha fatto sapere ai suoi lavoratori che li avrebbe reintrodotti.
I lavoratori del Regno Unito hanno ricevuto questo messaggio di testo: “Dal 21 ottobre ristabiliremo il monitoraggio sulle misurazioni e sulle prestazioni di produttività nelle consegne, per assicurarci di essere pronti a consegnare ai nostri clienti nelle prossime settimane”.
Le norme e gli standard internazionali dicono chiaramente che i lavoratori hanno il diritto di costituire sindacati e di iscrivervisi, che il loro diritto alla riservatezza va rispettato e che devono beneficiare della sicurezza sul lavoro.
Sebbene affermi di rispettare i diritti dei suoi lavoratori a costituire sindacati e a iscrivervisi, Amazon compromette costantemente l’azione dei sindacati: non solo nei suoi rapporti annuali del 2018 e del 2019 ha identificato la loro esistenza come un “fattore di rischio” ma, nel 2018, ha persino sollecitato i dirigenti, attraverso un video formativo, a cercare “avvisaglie” di attività sindacali.
Un’altra fonte di preoccupazione è costituita dalla sorveglianza dei lavoratori. Quest’anno a settembre Vice News ha reso noto che Amazon aveva pubblicato bandi di assunzione per analisti d’intelligence per individuare rischi aziendali tra cui “minacce organizzate dai lavoratori contro l’azienda”. Amazon ha poi rimosso il bando dichiarando che era stato pubblicato per errore.
Sempre a settembre Vice News ha rivelato dettagli di un documento interno che dimostravano come l’azienda avesse segretamente monitorato e analizzato i gruppi privati di Facebook degli autisti di Amazon Flex, anche allo scopo di scoprire progetti di scioperi o di azioni di protesta.
La pandemia da Covid-19 continua a colpire centinaia di migliaia di persone ogni giorno e la salute e la sicurezza dei lavoratori di Amazon restano dunque motivi di grande preoccupazione.
In Polonia, come ci ha riferito l’Iniziativa dei lavoratori, nel marzo 2020 Amazon ha rifiutato di discutere di questioni di salute e sicurezza col sindacato. In Francia, il sindacato Solidaires ha vinto una causa costringendo l’azienda a sospendere temporaneamente le proprie attività per introdurre misure più rigorose in materia di salute e sicurezza.
I sindacati hanno anche sollevato il tema dell’indennità di rischio per i lavoratori. All’inizio della pandemia sono stati introdotti alcuni aumenti in Europa e America del Nord ma la maggior parte è stata annullata a maggio nonostante la pandemia fosse in pieno corso.