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In vista della prossima visita in Libia del 21 gennaio, Amnesty International ha scritto oggi al presidente del Consiglio Mario Monti, chiedendo al governo italiano di prendere in considerazione una serie di raccomandazioni relative alla situazione dei diritti umani in Libia e alla tutela dei diritti umani dei migranti e dei richiedenti asilo.
Per favorire le profonde riforme indispensabili per dare vita a un sistema di garanzie che rappresenti una rottura con l’eredità della totale impunità per le violazioni dei diritti umani lasciata dal precedente governo libico, Amnesty International sollecita il governo italiano ad assicurarsi che il rispetto dei diritti umani e la responsabilità per le violazioni dei diritti umani permeino tutte le discussioni con le autorità libiche, nonché a offrire assistenza nello sviluppo e nell’attuazione di un programma globale di riforme nel campo dei diritti umani nel paese.
A questo proposito, il governo italiano dovrebbe incoraggiare le autorità libiche, tra l’altro, a:
adottare le misure necessarie per abolire la pena di morte;
riformare i settori della sicurezza e delle forze di polizia, così come il sistema giudiziario penale;
porre fine agli arresti arbitrari e garantire che i detenuti abbiano accesso a un avvocato;
sradicare la tortura e gli altri trattamenti, disumani e degradanti;
porre fine a qualsiasi tipo di discriminazione e adottare misure concrete per proteggere da violenza, minacce, intimidazioni e abusi coloro che sono sospettati di essere migranti irregolari;
ratificare la Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati e il suo Protocollo del 1967 e cooperare pienamente con l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati.
Riguardo alla cooperazione in materia d’immigrazione tra Italia e Libia, Amnesty International chiede al governo italiano di:
desistere dal condurre qualsiasi operazione di ‘respingimento’ (rinvio forzato) in mare verso la Libia o di cooperazione con la Libia nell’intercettare migranti e respingerli;
mettere da parte il Memorandum d’intesa sul ‘controllo delle migrazioni’, firmato con il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) il 17 giugno 2011, fino a una revisione approfondita dell’incidenza sui diritti umani degli accordi firmati dai due paesi in questo settore, e finché non siano state introdotte le necessarie modifiche, al fine di garantire che il ‘controllo dell’immigrazione’ non abbia mai luogo a spese dei diritti umani;
assicurarsi che ogni forma di cooperazione con le autorità libiche, futura e in corso, in materia di immigrazione sia assolutamente trasparente e subordinata all’impegno e alla capacità delle due parti di rispettare appieno i diritti umani di richiedenti asilo, rifugiati e migranti, e che sia coerente con il diritto internazionale dei diritti umani e del diritto internazionale dei rifugiati.
La lettera di Amnesty International ricorda come i precedenti accordi in materia di ‘controllo dell’immigrazione’ abbiano comportato gravi violazioni dei diritti umani, tra cui le operazioni di ‘respingimento’ (rinvio forzato) in mare verso la Libia, risultanti in arresti arbitrari, tortura e detenzione a tempo indeterminato in condizioni disumane. Vengono citati, tra gli altri, il Protocollo tra la Repubblica italiana e la Gran Giamahiria araba libica popolare socialista, firmato dal ministro dell’Interno italiano e dal suo omologo libico il 29 dicembre 2007 (modificato nel 2009), il Protocollo aggiuntivo tecnico-operativo, firmato dal Capo italiano di polizia e dal suo omologo libico (lo stesso giorno) e le disposizioni pertinenti del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione firmato nell’agosto 2008 dall’ex primo ministro Berlusconi e dall’allora leader libico Muammar al-Gheddafi.
Ha destato motivi di preoccupazione anche il Memorandum d’intesa firmato il 17 giugno 2011 tra le autorità italiane e il Cnt, con cui le due parti hanno confermato il loro impegno a una gestione comune dei flussi migratori attraverso l’applicazione degli accordi già esistenti di cooperazione sull”immigrazione irregolare’, nonché all’aiuto reciproco e alla cooperazione nella ‘lotta contro l’immigrazione irregolare’, anche attraverso il ‘rimpatrio di immigrati irregolari’.
Amnesty International ha già avuto modo di esprimere la sua seria preoccupazione in merito a questo sviluppo. Durante il conflitto in Libia, gli africani subsahariani sono stati particolarmente soggetti ad arresti arbitrari da parte delle forze che si opponevano al colonnello Gheddafi, basati sul colore della loro pelle e sulla convinzione che le forze di Gheddafi utilizzassero mercenari centroafricani. Un rapporto del Segretario generale dell’Onu al Consiglio di sicurezza, presentato il 28 novembre 2011, ha evidenziato che circa 7000 persone erano detenute nelle carceri e nei centri di detenzione improvvisati della Libia, molti dei quali sotto il controllo di brigate rivoluzionarie.
Dal momento della nomina del nuovo governo libico, nel mese di novembre, Amnesty International ha continuato a ricevere segnalazioni da parte di africani subsahariani che denunciano di essere perseguitati, minacciati e maltrattati. I rappresentanti di Amnesty International che hanno visitato il centro di detenzione di Ain Zara, sono venuti anche a conoscenza di circa 400 africani subsahariani, arrestati nel dicembre 2011 durante la loro fuga in barca verso l’Europa. Molti di loro hanno riferito di continuare a essere detenuti senza alcuna accusa formale in un centro di detenzione a Tripoli.
FINE DEL COMUNICATO Roma, 19 gennaio 2012
Per approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia – Ufficio stampa
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Ascolta l’intervista di Donatella Rovera di Amnesty International a Radio 3 del 17 febbraio 2012
Libia: finito il regime, è il momento di voltare davvero pagina per i diritti umani!