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Cile: Amnesty International presenta le conclusioni delle sue indagini. “Politica deliberata” di colpire i manifestanti
Le forze di sicurezza sotto il comando del presidente Sebastián Piñera – principalmente le forze armate e i carabineros (la polizia nazionale) – sono responsabili di attacchi generalizzati e dell’uso di una forza non necessaria ed eccessiva con l’obiettivo di colpire e punire i manifestanti. Queste azioni hanno finora causato cinque morti, mentre migliaia di persone sono state torturate, sottoposte a maltrattamenti o ferite in modo grave.
Lo ha dichiarato oggi Amnesty International, al termine di una missione di ricerca in Cile.
“Le intenzioni delle forze di sicurezza cilene sono chiare: colpire chi manifesta per disincentivare la partecipazione, ricorrendo all’atto estremo di praticare la tortura e la violenza sessuale contro i manifestanti. Invece di prendere misure per fermare la gravissima crisi dei diritti umani, le autorità sotto il comando del presidente Sebastián Piñera appoggiano questa politica della punizione da oltre un mese, col risultato che le vittime di violazioni dei diritti umani aumentano ogni giorno“, ha dichiarato Erika Guevara-Rosas, direttrice di Amnesty International per le Americhe.
“La responsabilità penale individuale non può limitarsi a processare gli autori materiali delle violazioni dei diritti umani. Garantire la giustizia e la non ripetizione implica sanzionare coloro che hanno dato gli ordini nella piena consapevolezza dei crimini commessi o li hanno tollerati“, ha aggiunto Guevara-Rosas.
Secondo l’Istituto nazionale dei diritti umani, almeno cinque persone sono morte per mano delle forze di sicurezza e oltre 2300 sono state ferite: di queste, 1400 sono state raggiunte da colpi di arma da fuoco e 220 hanno subito gravi traumi agli occhi.
La Procura ha registrato oltre 1100 denunce di maltrattamenti e tortura e 70 denunce di violenza sessuale a carico di pubblici ufficiali. Secondo i carabineros, nessun pubblico ufficiale è stato ucciso e vi sono stati circa 1600 feriti – 105 in modo grave – tra le forze di sicurezza.
Le manifestazioni, iniziate a metà ottobre per protestare contro l’aumento delle tariffe del trasporto pubblico, si sono poi estese alla richiesta di una società più giusta in cui lo stato garantisca diritti quali quelli alla salute, all’acqua, all’educazione e alla qualità della sicurezza sociale, in un paese profondamente iniquo.
Amnesty International ritiene che le violazioni dei diritti umani e i crimini di diritto internazionale commessi dalle forze di sicurezza non siano fatti isolati o sporadici ma, invece, costituiscano una costante del modus operandi praticato in tutto il paese principalmente dai carabineros. Il livello di coordinamento richiesto per sostenere la repressione violenta delle proteste nel corso di un mese fa ragionevolmente concludere che vi siano responsabilità ai più alti livelli per aver ordinato o aver tollerato la repressione. Ciò, naturalmente, dovrebbe essere chiarito attraverso indagini indipendenti e imparziali.
La decisione del presidente Piñera di dispiegare l’esercito nelle strade a seguito della proclamazione dello stato d’emergenza ha avuto conseguenze catastrofiche. Sia coloro che hanno deciso di affidare all’esercito il controllo delle manifestazioni con l’uso della forza letale, sia coloro che hanno sparato contro le persone che manifestavano, causando morti e feriti gravi, devono essere sottoposti a indagini e, ove vi siano prove sufficienti, essere giudicati da un tribunale indipendente e imparziale.
Durante e dopo lo stato d’emergenza i dirigenti dei carabineros, così come coloro con funzioni superiori, invece di esercitare un controllo effettivo per prevenire o reprimere la commissione di atti di violenza hanno permesso che tutto ciò continuasse col conseguente aumento delle denunce di maltrattamenti, torture e danni oculari irreversibili. La mancata prevenzione di queste azioni, quando in presenza dell’obbligo di farlo, è motivo di responsabilità individuale secondo il diritto internazionale.
Finora, Amnesty International ha documentato 23 casi di violazioni dei diritti umani nelle regioni di Valparaíso, Tarapacá, Bío-Bío, Antofagasta, Coquimbo, Maule e Araucanía e in 11 comuni della regione metropolitana di Santiago, verificatisi tra il 19 ottobre e l’11 novembre. Attraverso i suoi esperti, l’organizzazione per i diritti umani ha convalidato oltre 130 contenuti fotografici e video sull’uso non necessario ed eccessivo della forza.
Crimini di diritto internazionale e gravi violazioni dei diritti umani, commessi in modo intenzionale e generalizzato
Uso letale della forza
Amnesty International ha potuto documentare cinque uccisioni a carico delle forze di sicurezza cilene durante lo stato d’emergenza proclamato dal presidente Piñera il 19 ottobre: quattro ad opera delle forze armate, uno dei carabinieri. Due delle vittime sono state uccise da armi per uso militare.
Attraverso l’analisi delle immagini ricevute, Amnesty International ha potuto confermare che le forze armate hanno usato armi letali in modo indiscriminato contro manifestanti privi di armi in almeno quattro casi. Si è identificato l’uso di fucili semiautomatici Galil Ace e Famae Sg 540 e di pistole semiautomatiche munite di proiettili letali. Sono stati osservati agenti della Polizia investigativa cilena e carabineros mentre sparavano proiettili veri. Gli standard internazionali vietano l’uso di armi del genere per disperdere le proteste.
Romario Veloz, un cittadino ecuadoriano di 26 anni, è stato colpito al collo da un proiettile esploso da un soldato mentre partecipava a una piccola manifestazione nella città di La Serena. Appena arrivato nelle vicinanze di un parco, l’esercito ha iniziato a sparare indiscriminatamente contro i manifestanti. Le immagini mostrano che, quando è stato colpito, Romario Veloz stava camminando tranquillamente con le mani in tasca.
Nella stessa occasione Rolando Robledo, 41 anni, è rimasto ferito al torace da un colpo esploso da un soldato. Ha trascorso vari giorni in coma con prognosi riservata. Secondo i testimoni oculari, le autorità non hanno aiutato i feriti e, anzi, hanno continuato a sparare contro altri manifestanti intenti a prestare i primi soccorsi.
A Curicó, José Miguel Uribe, 25 anni, è morto dopo che un militare gli ha sparato al torace. Stava prendendo parte a un corteo spontaneo di giovani che avevano temporaneamente bloccato la circolazione stradale. I soldati arrivati sul posto hanno iniziato a sparare contro chiunque. Secondo i testimoni oculari, nessun militare presente ha prestato soccorso a José Miguel.
Maltrattamenti e torture
Una delle principali forme di repressione nei confronti dei manifestanti è stato il ricorso ai maltrattamenti e, in misura minore, alla tortura: si tratta di crimini di diritto internazionale. Oltre a un caso di morte a seguito di maltrattamenti, Amnesty International ha documentato finora tre casi di tortura, anche di tipo sessuale.
La morte di Alex Nuñez, 39 anni, ad opera dei carabineros è stata la conseguenza di un pestaggio selvaggio. Alex stava attraversando una manifestazione per fare una consegna a Maipú, nella regione metropolitana di Santiago, quando è stato bloccato da tre carabineros che lo hanno gettato a terra e preso a calci alla testa e al torace. È morto il giorno dopo.
Fino a questo momento, la Procura cilena ha ricevuto 16 denunce di violenza sessuale da parte delle forze di sicurezza. Una di queste riguarda Josué Maureira, violentato con un bastone mentre si trovava in custodia di polizia. Alcuni carabineros lo hanno ferito ai glutei con un oggetto tagliente e lo hanno offeso per via del suo orientamento sessuale.
Un altro caso riguarda una persona picchiata brutalmente in piazza Ñuñoa, a Santiago. Questa persona, che ha chiesto l’anonimato, è stata aggredita da 12 carabineros mentre stava manifestando pacificamente facendo rumore con una pentola e un cucchiaio. Ha perso la vista da un occhio, ha subito una frattura al setto nasale, la lussazione di una spalla, la rottura di tre costole e lesioni a un polmone.
Un ulteriore caso ha avuto luogo a Isla de Maipo, nella regione metropolitana. I carabineros hanno arrestato Cristóbal Alexis “Flen”, 30 anni, e lo hanno picchiato durante le ore di detenzione. Un ufficiale dei carabineros ha impedito a un medico di prendere nota di tutte le ferite, una prassi che è stata frequentemente segnalata ad Amnesty International e che presuppone che si cerchi di occultare la commissione di reati. Quando Amnesty International ha incontrato l’uomo, 19 giorni dopo, questi presentava ancora segni di emorragia a entrambi gli occhi ed ematomi su diverse parti del corpo.
Amnesty International ha anche documentato nove casi di investimento, o tentato investimento, di manifestanti da parte dei carabineros e delle forze armate, lungo le strade di Colina, Quilpué, Santiago, Viña del Mar e Valparaiso. Un soldato ha ucciso in questo modo Manuel Rebolledo, 23 anni, a Talcahuano.
Oltre ai casi documentati, Amnesty International ha verificato oltre 30 contenuti audiovisivi in cui si vedono carabineros e soldati accanirsi ingiustificatamente e senza ragione apparente contro i manifestanti. Questo è accaduto nei confronti di persone già fermate e rese inoffensive, per sgomberare proteste pacifiche e persino contro bambini e adolescenti nelle città di Valparaiso, Viña del Mar, Antofagasta e Concepción.
Ferimenti gravi e uso di armi potenzialmente letali
Nonostante il diritto internazionale esiga che le armi da fuoco con munizioni potenzialmente letali (compresi i proiettili di gomma) siano usate solo in casi eccezionali, quando vi sia un immediato pericolo per la vita o l’incolumità di una persona e comunque a condizione che si causi il minor danno possibile, Amnesty International ha registrato l’uso costante dei fucili a pallettoni nel corso delle proteste.
Oltre al caso di un manifestante ucciso a colpi d’arma da fuoco, Amnesty International ha documentato 14 casi di danni all’integrità fisica – sette dei quali implicanti lesioni oculari irreparabili – e ha verificato attraverso le immagini quasi 20 operazioni di questo tipo. I carabineros hanno usato fucili Benelli M3 ed Escorts Aimguard con munizioni potenzialmente letali in modo ingiustificato, generalizzato, indiscriminato e mirando alla testa.
Kevin Gómez, 24 anni, è morto il 21 ottobre a Coquimbo per, secondo il referto medico, “una ferita toracico-polmonare causata da più proiettili”. Secondo testimoni, un soldato ha improvvisamente aperto il fuoco contro l’uomo, che era privo di armi, senza preavviso e da breve distanza.
A Cerrillos, nella regione metropolitana, una ragazza di 15 anni è stata ripetutamente colpita durante una manifestazione pacifica da un agente che le ha sparato da una camionetta in movimento. È stata raggiunta all’occhio sinistro, alla fronte, sul collo e a una spalla.
Un altro caso riguarda un uomo di 24 anni colpito 18 volte da un carabinero in una strada di Santiago. Nelle immagini si vede l’uomo protestare contro i carabineros che avevano aggredito un suo amico; uno di loro gli spara a bruciapelo colpendolo alle gambe, alle braccia, al torace, sul naso e a un occhio, provocandogli lesioni oculari gravi.
In almeno 11 casi Amnesty International ha registrato l’uso inadeguato e in quantità allarmante dei gas lacrimogeni all’interno di ospedali, università, negozi e persino scuole, coinvolgendo bambini, adolescenti e altre persone che richiedevano al contrario particolare attenzione.
Un carabinero ha lanciato un candelotto lacrimogeno contro Natalia Aravena, 24 anni, senza preavviso e mentre stava manifestando pacificamente. Anche lei è entrata nel gruppo di persone che hanno riportato gravi danni agli occhi a causa dei candelotti lacrimogeni o dell’uso dei cannoni ad acqua.
Amnesty International ha riscontrato anche l’uso di granate fumogene con possibile contenuto di esacloroetano, un agente chimico estremamente tossico e pericoloso che viene usato nei conflitti armati ed è vietato durante le manifestazioni. Il 14 novembre a Temuco un gruppo di soccorritori è stato attaccato con granate fumogene e cannoni ad acqua mentre stata prestando le prime cure mediche a persone ferite.
Limitazioni al lavoro dei difensori dei diritti umani
Durante la crisi un’infinità di movimenti e organizzazioni per i diritti umani hanno cercato di assistere le persone ferite, di pretendere il rispetto delle persone arrestate e di aiutare a sporgere denunce.
In varie occasioni le autorità hanno ostacolato il lavoro di avvocati, difensori dei diritti umani e personale medico impedendo loro l’accesso a commissariati e ospedali. Il 21 e il 22 ottobre rappresentanti dell’Istituto nazionale dei diritti umani si sono visti impedire l’ingresso al pronto soccorso dell’ospedale “Posta Central”, dove si trovavano decine di feriti. Amnesty International ha documentato casi di persone colpite dai proiettili mentre prestavano i primi soccorsi e di attivisti e difensori dei diritti umani minacciati per impedire loro di svolgere il loro lavoro.
Il 29 ottobre Jorge Ortiz, un funzionario dell’Istituto nazionale dei diritti umani, è stato colpito da sei proiettili mentre stava monitorando lo svolgimento di una manifestazione a Santiago. Nonostante indossasse la divisa dell’Istituto, un carabinero gli ha sparato senza alcun motivo e poi ha rifiutato di soccorrerlo.
“La situazione in Cile non può andare avanti in questo modo. Le autorità devono vigilare affinché coloro che difendono i diritti umani e le organizzazioni della società civile possano svolgere il loro lavoro liberamente, senza alcun tipo di pressione, minaccia o rappresaglia“, ha dichiarato Ana Piquer, direttrice generale di Amnesty International Cile.
“Purtroppo le violazioni dei diritti umani commesse durante questa crisi non sono una novità ed erano già state denunciate da noi così come dal resto della società civile cilena negli ultimi anni. Questa tragica pagina della storia cilena deve servire una volta per tutte per arrivare a quelle riforme istituzionali e strutturali che la società chiede, come la riforma delle forze di polizia e la garanzia dei diritti sociali”, ha concluso Piquer.
Raccomandazioni preliminari di Amnesty International
Le autorità devono porre urgentemente fine alla repressione, dando precisi ordini alle forze di sicurezza affinché esercitino la massima moderazione nell’uso della forza, nel rispetto degli standard internazionali. Un messaggio particolarmente chiaro dev’essere inviato rispetto all’uso di armi potenzialmente letali, affinché non vengano mai usate come mezzo di dissuasione.
Gli organi di giustizia devono indagare sulla catena di comando nelle violazioni dei diritti umani e nei crimini di diritto internazionale commessi nel contesto della crisi dai militari o dai carabineros, come previsto dagli standard internazionali e dall’ordinamento giuridico cileno.
Le autorità devono assicurare che le legittime richieste della popolazione vengano ascoltate, avviando le riforme legislative e politiche necessarie per garantire a tutti i diritti economici, sociali, culturali e ambientali, senza discriminazione e con particolare attenzione alle persone maggiormente vulnerabili, nonché per assicurare un processo partecipativo e inclusivo verso una nuova costituzione che promuova e protegga tutti i diritti umani.
Le autorità devono intraprendere una seria riforma delle forze di polizia per far sì che diventi un’istituzione a garanzia di tutti e che esistano rigorosi meccanismi di controllo e di assunzione delle responsabilità.