Clima e diritti umani, il parere della Corte internazionale di giustizia

24 Luglio 2025

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Il 23 luglio la Corte internazionale di giustizia ha espresso il primo parere nella sua storia riguardo agli obblighi degli stati rispetto al cambiamento climatico.

“Questo parere è di grande importanza per la giustizia climatica e l’assunzione di responsabilità. La Corte ha detto chiaramente che il completo godimento dei diritti umani non può essere assicurato senza proteggere il sistema climatico e altre parti dell’ambiente. La principale corte di giustizia internazionale ha messo in evidenza che gli stati hanno il dovere di agire, ora, per regolamentare le attività delle imprese e di altri attori privati e di cooperare per proteggere le attuali e future generazioni e gli ecosistemi dall’impatto, sempre più grave, del cambiamento climatico prodotto dagli esseri umani”, ha dichiarato Mandi Mudarikwa, direttrice del programma Contenziosi strategici di Amnesty International.

“In base al principio che chi inquina paga, la Corte internazionale di giustizia ha rimarcato che la mancata azione degli stati per proteggere il sistema climatico – mediante, ad esempio, la produzione di combustibili fossili e le concessioni o le sovvenzioni alle industrie dei fossili – possono costituire azioni sbagliate dal punto di vista internazionale. Nonostante i grandi inquinatori sostengano il contrario, la Corte internazionale di giustizia ha riconosciuto che è scientificamente possibile determinare il contributo di ciascuno stato alla crisi climatica, tenendo conto delle emissioni attuali e cumulate nel tempo. Gli stati, soprattutto quelli che sono storicamente i principali produttori di gas serra, devono prendersi la responsabilità di riparare ai danni arrecati al clima e assicurare la non ripetizione delle loro azioni”, ha aggiunto Candy Ofime, ricercatrice e consulente legale del programma Giustizia climatica di Amnesty International.

Dopo che la Corte interamericana dei diritti umani aveva fatto da apripista, la Corte internazionale di giustizia ha riaffermato il cambiamento climatico può causare sfollamenti forzati, anche transfrontalieri, sottolineando che in casi del genere devono applicarsi le protezioni garantite dal principio del non respingimento.

La Corte internazionale di giustizia ha riconosciuto che il cambiamento climatico costituisce “un problema esistenziale di dimensioni planetarie che mette in pericolo tutte le forme di vite umane e la salute del nostro pianeta”. Ha sottolineato che una completa soluzione a questa crisi autoinflitta e che minaccia la vita richiede non solo il contributo di tutti i campi della conoscenza ma anche “la volontà umana a livello individuale, sociale e politico per cambiare i nostri attuali stili di vita, in modo da assicurare un futuro a noi stessi e a coloro che dovranno ancora nascere”.

Al movimento mondiale che si batte per la giustizia climatica, la Corte internazionale di giustizia ha espresso “la speranza che le nostre conclusioni informeranno e guideranno l’azione sociale e politica per contrastare l’attuale crisi climatica”.

Amnesty International esprime la sua più profonda gratitudine alle studentesse e agli studenti delle Isole del Pacifico la cui azione innovativa e fonte d’ispirazione è stata decisiva per arrivare a questo successo.